Sul futuro dell’Unione Europea
Durante la seduta odierna della Commissione Politiche Europee del Senato, sono intervenuto in occasione della visita informale del Presidente e di una delegazione di parlamentari della Commissione Politiche Europee del Parlamento della Repubblica di Montenegro .Ecco il testo del mio intervento:
SUL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA
Il 25 marzo scorso, qui a Roma, è stata celebrata la ricorrenza dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, istitutivi delle Comunità europee, oggi Unione europea.
L’esito di tale celebrazione è la Dichiarazione di Roma, firmata da tutti i Capi di Stato e di governo presenti, che – al di là dei contenuti – segna comunque uno spartiacque verso una ripresa del progetto europeo, dopo uno dei momenti forse peggiori in quanto a fiducia nel Europa, che ha visto per la prima volta nella storia l’uscita di uno dei suoi Paesi membri.
La Brexit rappresenta certamente l’evento più traumatico e clamoroso, ma non dobbiamo dimenticare che alla base di questo vi sono lunghi anni di un crescente malcontento popolare nei confronti dell’integrazione europea e della burocrazia europea, alimentato anche da una crisi economica e finanziaria ormai decennale e da una propaganda antieuropeista.
Forse – spero – il 2017 segna il punto di svolta verso una ripresa della fiducia nell’Europa. Da circa un anno il tema del futuro dell’Unione europea è tra i principali argomenti all’ordine del giorno e numerose sono le proposte che sono state poste sul tavolo della discussione.
Alla fine del 2016, al Parlamento europeo sono state presentate tre relazioni, sui diversi aspetti di un possibile futuro dell’Unione. Si tratta delle risoluzioni Bresso-Brock, Verhofstadt e Böge-Berès, adottate poi il 16 febbraio di quest’anno.
Al contempo, durante il Consiglio informale di Malta, del 3 febbraio 2017, la cancelliera Angela Merkel ha prospettato un’Europa che possa procedere a più velocità, come già avviene per esempio per la zona dell’euro, consegnando all’immaginario collettivo una prospettiva di novità affatto autorevole.
Poco dopo, la Commissione Juncker ha dato il suo contributo alla discussione, pubblicando il 1° marzo 2017 il suo Libro bianco sul futuro dell’Unione europea, che illustra cinque scenari possibili, modulati in base al grado di integrazione prefigurato e che contempla anche quello (lo scenario n. 3) che consente a chi vuole avanzare, a chi vuole “fare di più”, in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali, di poterlo fare senza l’ostacolo di chi non ne ha intenzione.
Il tema di fondo della discussione rimane la constatazione che di fronte alla crescente globalizzazione, all’affermarsi o il riaffermarsi di colossipolitico-economici come Cina, Stati Uniti, Russia, India, sapendo che nessuno Stato europeo nel 2060 raggiungerà neanche più l’uno per cento della popolazione mondiale, l’unica prospettiva possibile è quella di restare uniti e, anzi, di unire le forze sempre di più. La stessa logica vale per i temi della sicurezza, del terrorismo e della pressione migratoria.
Ma esiste anche un fronte interno che richiede di essere affrontato e migliorato, che riguarda il malcontento dei cittadini europei nei confronti di un’Europa che non sembra migliorare loro la vita. Su questo aspetto certamente grande responsabilità la hanno i movimenti populisti che spesso hanno cavalcato luoghi comuni infondati, ma anche qui il futuro dell’Unione europea richiede un intervento energico, che porti a una semplificazione della normativa, a un efficientamento della governance istituzionale e a una rafforzata rappresentanza democratica europea.
Su questi ultimi aspetti si è mosso ultimamente anche il Presidente francese Macron, con l’iniziativa delle “convenzioni democratiche”, lanciata nell’ambito del suo discorso alla Sorbona del 26 settembre, come metodo per associare, sin dall’inizio, i popoli alla road map per la rifondazione europea. Si tratta della mobilitazione di un dibattito nella società civile, sulle tematiche europee rivolte al futuro, da svolgersi nella prima metà del 2018.
Accanto a questa partecipazione democratica, Macron ha anche rilanciato l’idea italiana di riassegnare i 73 seggi degli eurodeputati britannici a un sistema di liste transnazionali, che permettano a tutti gli elettori europei di votare, già alle elezioni del 2019, per un progetto politico europeo, privo di connotazione nazionale. L’idea, proposta dall’Italia sin dal luglio del 2016, è stata ufficialmente presentata dal nostro Sottosegretario per gli affari europei, Gozi, al Consiglio affari generali del 27 aprile 2017.
Condivisione su questa idea è stata manifestata, oltre che da Spagna, Belgio e Grecia, anche dal Presidente della Commissione europea Juncker, nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 13 settembre.
Ma i punti di convergenza, nel discorso di Juncker, con le politiche europee dell’Italia sono molteplici: la strategia per rilanciare l’industria europea; un meccanismo di controllo sugli investimenti esteri sleali in asset strategici europei; l’enfasi sull’Europa sociale, inserita anche nella Dichiarazione di Roma; l’insistenza sulla difesa dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali; il rafforzamento della lotta contro il terrorismo, con adeguati poteri al futuro Procuratore europeo; il rilancio di una difesa europea; l’apertura ai Paesi dei Balcani occidentali; l’ambizione in materia di politiche ambientali; la digital tax e la tassazione sulle transazioni finanziarie, a Trattati invariati; e l’idea di unificare in una sola persona le figure di Presidente della Commissione e di Presidente del Consiglio europeo.
Quest’ultima proposta condivisa, di un Presidente unico europeo, con una forte riconoscibilità politica, potrebbe essere abbinata a quella di liste transnazionali. La sua legittimazione democratica potrebbe essere ulteriormente rafforzata con lo svolgimento di primarie transnazionali, continentali. Sarebbe un processo in grado di aumentare sia la popolarità dei candidati che la trasparenza del sistema politico, che potrebbe coinvolgere anche le figure di un Ministro dell’Economia o di un Ministro della Difesa europea, a cui destinare il secondo delle liste transnazionali.
Gli argomenti sono molteplici e la discussione è ancora in una fase poco più che iniziale, ma l’auspicio è che dalle proposte si passi ai fatti e che l’Europa prosegua in modo deciso nel suo cammino verso una sua vera identità politica, che non sia la mera sommatoria delle identità politiche nazionali, pronte a tradire l’ideale unitario per ragioni di consenso interno, ma che sia la casa comune di tutti i cittadini europei, a tutela dei valori che hanno reso grande l’Europa e di cui dobbiamo essere fortemente orgogliosi.