Oggi sono intervenuto alla conferenza stampa che si è svolta in sala Nassiriya al Senato della Repubblica sul tema delle vie di comunicazione e dello sviluppo dei rapporti con la Cina, a cui hanno preso parte il rettore di eCampus EAMC Enzo Siviero, il professore Massimo Guarascio dell’Università Sapienza di Roma e Stefania Craxi, della Fondazione Craxi.
L’Italia è a un punto cruciale, una scelta fondamentale da compiere perseguendo un’ampia visione geopolitica, strategica, quale quella del rafforzamento delle connessioni mediterranee attraverso la via della seta, in grado di unire tre continenti. La difesa degli interessi nazionali, sulla base di vecchie concezioni e politiche protezionistiche, va rivista. Le prospettive di crescita e di sviluppo sono legate alla nostra capacita di far parte di una grande rete di vie di comunicazioni, di cui la via della seta fa parte, ed è senza alcun dubbio la scommessa più importante che il nostro Paese, e l’Europa tutta, devono compiere.
Durante la seduta dello scorso 19 settembre, sono rimasto molto colpito dall’intervento pronunciato dalla Senatrice Mattesini, in tema di femminicidio. Mentre ascoltavo il suo intervento, ho pensato al 1967 e alla parola “R-E-S-P-E.C-T” scandita da Aretha Franklin nel riadattamento della canzone di Otis Redding. E il 1967 e in America i movimenti per diritti civili si stanno saldando tra loro per chiedere rispetto. Siamo nel 2017, che ne è stato di quel rispetto e di quelle lotte? La cronaca degli ultimi giorni ci consegna racconti di morte e di violenza contro le donne, uccise per mano di assassini che ancora oggi i media stentano a definire come tali. Non è un ‘fidanzatino’, non è un marito, non è un padre, non è uomo quello che per mezzo della propria mano uccide una donna. E’ un assassino.
Il femminicidio non è l’espiazione della colpa di una donna ma il reato commesso da un uomo vigliacco. Non c’è colpa nelle vittime, ma dolo negli assassini. Il linguaggio è importante, sempre: non può il linguaggio giustificare un’azione.
“MATTESINI (PD). Signor Presidente, con questo intervento di fine seduta continua oggi, qui in Senato, la staffetta con cui, insieme a tante senatrici e a tanti senatori, ricordiamo ogni donna che viene uccisa per mano di un uomo a cui è o è stata legata da relazione amorosa. Lo faremo sino a che sarà necessario ricordare al Parlamento e al Paese tutto l’urgenza di arginare la violenza nei confronti delle donne.
Sono ad oggi 79 le donne che abbiamo ricordato e, dal 2 luglio, data del nostro ultimo intervento, sono state uccise altre 10 donne. Le ricordo: il 31 luglio Alba Chiara Baroni, di ventiquattro anni, è stata uccisa in provincia di Trento dal proprio compagno, che poi si è suicidato. Sempre 31 luglio a Palmanova, in provincia di Udine, Nadia Orlando, di ventuno anni, è stata strangolata dal suo fidanzato, che ha poi vagato tutta la notte con il suo corpo accasciato sul sedile del passeggero.
Il 4 agosto a Ferrara, Mariella Mangolini, di settantasette anni, è stata uccisa con un colpo di pistola dal marito, che ha poi ucciso allo stesso modo il figlio di quarantotto anni.
Il 17 agosto, a Dogaletto di Mira, in provincia di Venezia, Sabrina Panzonato, di cinquantadue anni, dopo essere stata ferita con una coltellata al fianco, è fuggita in strada, dove l’ha raggiunta il marito e l’ha uccisa con un colpo alla testa, per poi suicidarsi. La coppia lascia soli due figli.
Il 21 agosto, a Bressanone, in provincia di Bolzano, Marianna Obrist, di trentanove anni, è stata uccisa a coltellate dal compagno, mentre faceva il bagno. Laura Pirri, di trentuno anni, è invece morta in ospedale il 25 marzo scorso, dopo diciotto giorni di agonia, per ustioni gravi su tutto il corpo. Ma non si trattava di un incidente domestico: il 6 settembre il marito è stato arrestato con l’accusa di omicidio, per avere dato fuoco volontariamente alla moglie, come ultimo atto di una lunga serie di maltrattamenti e violenze nei suoi confronti. Decisiva è stata la testimonianza del figlio di dieci anni.
Il 3 settembre, a Specchia, in provincia di Lecce, Noemi Durini, di sedici anni, è stata uccisa dal fidanzato di diciassette anni. Il ragazzo era stato denunciato alla procura dalla mamma di Noemi per violenze nei confronti della figlia. Erano, infatti, in atto due procedimenti, uno penale e uno civile, nei suoi confronti.
L’8 settembre, il gip del tribunale di Napoli Nord ha convalidato l’arresto dell’ex fidanzato di Alessandra Madonna, di ventiquattro anni, accusato di averne provocato la morte, trascinandola con l’auto nel parco in cui risiede, a Mugnano di Napoli. Il 9 settembre a Donoratico, in provincia di Cagliari, Joelle Demontis, di cinquantotto anni, è stata uccisa a coltellate nella sua abitazione. La donna portava ancora i segni di percosse probabilmente subite nei giorni precedenti la morte. Per l’omicidio sono stati arrestati il compagno della donna e una ragazza di ventisei anni che abitava con loro.
Il 15 settembre, a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, Elena Seprodi, di quarantotto anni, è stata uccisa a coltellate dall’ex marito nella sua abitazione al culmine di un litigio. La donna lascia un figlio.
Mi sono sempre chiesta cosa succede nella testa di quell’uomo che trasforma quasi in una sagoma di cartone, contro cui scagliare la propria furia omicida, la donna con cui ha condiviso passione, amore, sogni, progetti e magari ha generato figli. Questa domanda è importante, ma è bene ricordare che noi donne siamo persone, non semplici cose di cui disporre a proprio piacimento.
Abbiamo buone leggi: il Governo e il Parlamento, nel corso del tempo, hanno fatto molto e molto stanno facendo. Sto pensando al rafforzamento della rete delle case rifugio, all’introduzione del congedo retribuito per le donne lavoratrici, comprese quelle autonome, quando devono allontanarsi da casa, per la loro sicurezza. Sto pensando all’educazione di genere inserita nella legge sulla buona scuola. E dovremo sicuramente lavorare per fare ancora di più sul versante della certezza della pena. E l’auspicio che faccio è che il Parlamento e il Governo rafforzino, anche nella prossima legge di stabilità, risorse importanti utile alla lotta della violenza sulle donne. Allo stesso modo, spero che approveremo rapidamente il disegno di legge sugli orfani di femminicidio.
Le leggi, quindi, sono importanti, ma tutto questo non basta, perché il problema è culturale. Il problema sono quegli uomini, sempre più numerosi, che, non essendo capaci di ritrovare dentro se stessi un nuovo equilibrio, scelgono di uccidere piuttosto che accettare la fine di una relazione amorosa. Il problema sono quelli uomini che di fronte – ad esempio – agli stupri e alle violenze, dicono che le donne devono essere più caute. Quando una relazione amorosa finisce, può aprirsi il baratro dell’abbandono e si deve sicuramente imparare ad andare avanti lo stesso, anche se talvolta può essere doloroso e può sembrare impossibile. Ma tutto questo dolore non può assolutamente giustificare mai la violenza e mai la violenza omicida. È davvero drammatico che tanti uomini oggi non riescano ancora a capirlo né a farsene una ragione, arrogandosi il diritto di strappare alla vita chi da quella relazione vuole uscire. E allora l’impegno e la battaglia sono sicuramente quelli che ho detto prima, ma devono essere anche sul piano culturale ed è su questo piano che dobbiamo lavorare tutti insieme, uomini e donne.
Da questo ramo del Parlamento, dal Senato, io mi sento di rivolgere un appello in modo forte in via principale agli uomini dicendo loro: prendete parola, anche autonomamente; organizzatevi; dite no alla violenza sulle donne; raccontate agli altri uomini, voi che siete quella parte capace di apprezzare la differenza e di stare in modo paritario e rispettoso all’interno di una relazione, quanto sia bello essere persone libere; amateci per quello che siamo, e cioè persone libere capaci di rispetto anche all’interno di una relazione amorosa. Ditelo, perché l’amore è sicuramente l’energia più potente, ma così, come ci si innamora in modo naturale, è altrettanto naturale e normale che quell’amore sfumi, senza che ci siano vinti o vincitori. La violenza non è una variante dell’amore: è violenza e basta. Nasce, si sviluppa e si nutre dentro una cultura o sottocultura che ancora oggi ha come contesto lo svantaggio sociale per le donne.
Per tutto questo, ripropongo il nostro appello a tutto il Paese e ai media dico: smettete di giustificare, anche solo con un linguaggio sbagliato, gli assassini. Smettete di chiamarli, come ad esempio in tutte le trasmissioni televisive in cui si parla di Noemi, «il fidanzatino». Non sono fidanzatini o altro: sono assassini. E smettete di colpevolizzare le donne.
Al Paese tutto dico di avere un sussulto, ma non temporaneo, di indignazione e di sdegno permanente, perché sono davvero troppe le donne che vengono uccise. Ormai è una strage che non possiamo più accettare. “
Il voto di oggi ha garantito al nostro paese più libertà di scelta, più tutele e risparmi per i cittadini, più credibilità per il nostro Paese in Europa e quindi maggiore competitività. Certo, è stato un iter molto lungo: il decreto del Governo è datato 2015: un’attesa troppo lunga perché una materia che a volte sembra essere già veloce del tempo presente, possa essere affrontata e fornire quelle risposte che cittadini ed imprese attendono da un testo come questo.
Ecco le principali novità introdotte dal Decreto Concorrenza , redatte dall’ufficio stampa dei SenatoriPD :
RC AUTO
TORNA ‘TACITO RINNOVO’ – E’ uno dei temi ritoccati nell’ultimo passaggio parlamentare alla Camera. Un emendamento reintroduce il meccanismo del tacito rinnovo delle polizze in scadenza del ramo danni. SCONTI OBBLIGATORI – Previsti sconti per i clienti che installano la scatola nera, accettano di sottoporre il veicolo a ispezione o di collocare un dispositivo che impedisce alla persona di accendere il motore se ha bevuto troppo. Tariffe più basse anche per gli automobilisti ‘virtuosi’ che risiedono nelle aree a più alta sinistrosità e con prezzi medi maggiori. I criteri per applicare la scontistica saranno indicati dall’Ivass a cui spetta anche la verifica. Nel caso di mancato sconto sono previste sanzioni amministrative per le assicurazioni da 5.000 euro a 40.000 euro.
ENERGIA
SLITTA FINE MERCATO TUTELATO – Slitta dal 1 gennaio al 1 luglio 2018 la fine del mercato di maggior tutela per l’energia elettrica e il gas. Arriva, inoltre, la possibilità di rateizzare le maxi-bollette causate da ritardi o disguidi dovuti al fornitore del servizio.
ELIMINATA ASTA FORNITURE ELETTRICHE – Viene eliminata la possibilità di mettere all’asta la fornitura di energia elettrica per quegli utenti che non avranno optato per un operatore alla scadenza del regime di mercato tutelato.
TELEMARKETING – Sono state abolite le norme che obbligavano gli operatori dei call center a dichiarare l’identità del soggetto per il quale avviene la chiamata, specificare la natura commerciale e proseguire la chiamata solo in presenza di assenso del destinatario.
ODONTOIATRI – Ogni società deve avere un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e possono operare solo i soggetti in possesso di titoli abilitanti.
UBER – Entro un anno dall’entrata in vigore del ddl il governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per la revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea, come Uber e Ncc.
POSTE, STOP ESCLUSIVA SU NOTIFICHE MULTE – A partire dal 10 giugno 2017, Poste italiane non avrà più l’esclusiva sulle notifiche di atti giudiziari e multe. –
BANCHE, TETTI SUI COSTI PER CHIAMATE ASSISTENZA – Gli istituti bancari e le società di carte di credito assicurano che l’accesso ai propri servizi di assistenza ai clienti, anche attraverso chiamata da telefono mobile, avvenga a costi telefonici non superiori rispetto alla tariffa ordinaria urbana.
CAMBIO OPERATORE TV O TELEFONO – I clienti dovranno essere informati in partenza di quali spese dovranno affrontare in caso di cambio operatore per il telefono o l’abbonamento tv. Cambiare operatore e annullare un contratto (con il recesso) sono operazioni che il consumatore potrà fare anche per via telematica. Il contratto non potrà essere superiore ai 24 mesi. Semplificate le procedure di migrazione tra operatori di telefonia mobile.
PAGAMENTI DIGITALIZZATI – I pagamenti per l’ingresso ai musei o a eventi culturali potranno essere effettuati anche tramite telefonino.
AVVOCATI – L’esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società.
NOTAI – Il numero dei notai sale a uno ogni 5mila abitanti (oggi sono uno ogni 7mila abitanti). Il registro delle successioni sarà tenuto dal Consiglio nazionale del notariato. Per la costituzione delle srl semplificate continuerà a essere necessario l’intervento del notaio.
FARMACIE – Le società di capitali potranno essere titolari di farmacie ma dovranno rispettare un tetto del 20% su base regionale. I titolari potranno prestare servizio in orari o periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori previa comunicazione all’autorità sanitaria competente e alla clientela.
HOTEL, STOP AL ‘PARITY RATE’ – Gli alberghi saranno liberi di fare alla clientela offerte migliori rispetto a quelle dei siti Internet di prenotazione online come Booking.
BONIFICHE DISTRIBUTORI BENZINA – In caso di riutilizzo dell’area i titolari di impianti di distribuzione dei carburanti procedono alla rimozione delle strutture interrate ma, nel caso di accertata contaminazione, si precisa che si procede alla bonifica in ogni caso.
Noi e loro. Noi europei, noi italiani, noi donne e uomini di un mondo occidentale, sviluppato, evoluto, ricco, super tecnologico. Loro. Loro africani, arabi, abitanti delle savane, del sub Sahara, delle foreste equatoriali, donne e uomini in fuga dalle carestie, dalle guerre, dalla fame e dal sottosviluppo.
Noi e loro, questo il paradigma di una relazione che in questi termini appare falsa, malata e soprattutto sterile. Noi abitanti dell’emisfero boreale amiamo dividerci al “loro” riguardo tra buonisti ed egoisti senza renderci conto che entrambe le posizioni sono accomunate da una sostanziale pretesa di superiorità, di malcelato paternalismo, da uno sguardo che si posa su di loro per valutare di volta in volta se meritano un aiuto, un’assistenza, un’incursione colonialpredatoria o in alternativa, come scriveva Fukuyama, la gentile esportazione dei nostri modelli di democrazia e di governo.
Mai pensiamo a questo rapporto come a quello fra pari, come a quello tra esseri che hanno bisogno gli uni degli altri per crescere, svilupparsi, costruire un futuro di equilibrio e di speranza. Il discorso vale, con minori varianti anche per i nostri rapporti con i Paesi dell’Asia Centrale, del subcontinente indiano o dell’America Latina.
Certo si, dirà, la differenza tra il nostro livello di sviluppo ( e di potere) economico, finanziario, industriale, tecnologico e militare è incomparabilmente più elevato e dunque perché non dovremmo prendere semplicemente atto di questa realtà? Perché non dovremmo essere soddisfatti di questa situazione e magari limitarci a costruire qualche pozzo o qualche ospedale segno della nostra splendida generosità?
Se però guardiamo oltre i luoghi comuni non possiamo fare a meno di notare alcuni segnali che dovrebbero ridimensionare almeno un po’ le nostre certezze: secondo i dati del Fmi l’Africa, in aggiunta ad immense ricchezze minerarie in parte non ancora esplorate, ha oggi un tasso di crescita del Pil mediamente superiore al 5% (in alcune sue regioni è superiore al 7%) mentre l’Europa arranca tra l’1% e il 2%. I nuovi mega trend rivelano una crescita per l’Africa di 5,4 trilioni di dollari entro il 2025, i suoi volumi commerciali triplicheranno entro il 2030, le importazioni saliranno del 60% entro il 2020.
Secondo le stime Onu da qui al 2050 la popolazione Europea scenderà dagli attuali 719 milioni a 653milioni di abitanti mentre quella africana raddoppierà dagli attuali 984 a 1 miliardo e 803 milioni. Metà della popolazione africana si trasferirà nei centri urbani e il 58% sarà nel pieno dell’età lavorativa. Attualmente il livello di welfare europeo è garantito da un debito pubblico che appare difficilmente sostenibile nel medio periodo ed in ogni caso è un dato che i Paesi più indebitati della Terra (Usa, Giappone, Italia) sono tutti occidentali. Avremo a breve una popolazione più vecchia, più ridotta e più indebitata e dunque in prospettiva più fragile e sfibrata.
Siamo proprio sicuri che non guarderemo nel 2050 (forse anche prima) con altri occhi ad un continente africano ricco di energia, risorse e una popolazione ansiosa di accedere ad un più alto livello e qualità di vita? Gli squilibri di oggi rischiano di essere capovolti domani, le ingiustizie di oggi rischiano di essere la fonte di nuovi drammatici conflitti domani. Questo è già quello che ci ha insegnato la storia del 900. Sapremo imparare dai nostri errori?
Perché da qui a trent’anni il nostro Continente riesca ancora a guardare con fiducia al proprio futuro è oggi che bisogna agire. La parola cooperazione non riguarda solo l’odierna capacità di prestare assistenza al continente nero ma è anche la condizione senza la quale la nostra vecchia e amata Europa rischia di trovarsi marginalizzata, avvizzita, irrilevante e irrimediabilmente impoverita sullo scenario mondiale, incapace di cogliere la grande occasione di porsi come partner di quello che è il suo più vicino e naturale compagno di strada: l’Africa appunto.
Non deve sorprendere che la Cina abbia già intuito le grandi potenzialità e stia impegnandosi in un programma di investimenti industriali senza precedenti nel continente africano. Se dunque vogliamo essere della partita, se vogliamo che le nostre imprese partecipino a questo momento di svolta della storia del nostro pianeta, se vogliamo porre le premesse perché i rapporti futuri siano improntati a giustizia ed equità e non trovarci invischiati in un conflitto permanente così come è avvenuto (e in parte ancora oggi avviene) nel periodo post-coloniale dobbiamo dare spazio alla cooperazione.
Va però cambiato il significato comunemente accettato di questa parola: da sinonimo di attività assistenziale (per non dire in certi casi persino caritatevole o filantropica) deve diventare una strategia mirata a consolidare la crescita economica, la stabilità, un progetto di politica finanziaria e industriale, una maggiore trasparenza politica e democratica, la riduzione dei conflitti militari, l’adozione di politiche ambientali coerenti con gli standard volti a contenere i cambiamenti climatici.
Gli investimenti fatti in nome delle politiche di cooperazione non possono risolversi in interventi spot, incapaci di incidere ed avere impatto sulle condizioni economico sociali, ma devono diventare parte di una più ampia strategia di crescita concordata con le autorità e le popolazioni locali. E’ necessario adottare strumenti di misurazione dell’impatto che i progetti di cooperazione sono capaci di generare sul terreno; tra questi la capacità di generare utili economici delle iniziative imprenditoriali nelle quali dovranno essere necessariamente coinvolti quei giovani africani dotati di spirito di iniziativa che oggi vengono a rischiare la vita sui barconi nel Mediterraneo e a marcire nei Cie.
Rendere profittevoli le iniziative economiche significa garantire loro durata nel tempo. Il Governo dei mille giorni è stato l’unico (e unico!) fino ad oggi nella storia repubblicana a vedere il proprio Presidente del Consiglio a visitare i Paesi dell’area sub-sahariana, dal Senegal, al Kenia, all’Angola… Bisogna dare continuità a questa azione sviluppando le strutture della nostra Agenzia per la Cooperazione e lo Sviluppo e dando continuità alle nostre relazioni politiche e industriali.
Le nostre Ong, con la loro conoscenza profonda di quesi territori devono essere coinvolte a pieno titolo in una strategia di ampio respiro. Esse possono dare un grande contributo contro l’assistenzialismo e la corruzione che sono le vere malattie endemiche che minacciano il futuro del continente. Infine bisognerà avere l’intelligenza di smetterla con questa stupida guerra ai migranti economici: bisogna piuttosto ripristinare la nostra capacità di regolamentarne i flussi nella consapevolezza che molti migranti sono necessari a rinvigorire alcune delle nostre attività economiche ormai anemiche ed esangui perchè abbandonate innanzitutto dagli italiani e al tempo stesso consentire a chi viene a lavorare da noi di ritrovare periodicamente la strada di casa perché solo in tal modo quel periodo di lavoro svolto da noi diventerà anche un aiuto alla loro crescita e alla loro economia.
Senza dimenticare che anche le rimesse monetarie dei migranti ai Paesi d’origine sono una fonte importantissima e ben mirata per lo sviluppo delle loro comunità di provenienza. Insomma una cooperazione internazionale moderna e ben organizzata può contribuire a trasformare un’immensa e biblica tragedia in una straordinaria occasione di crescita e sviluppo. Anche per noi. Noi e loro, ancora una volta, accomunati da un comune destino.
Contributo del giorno 20 luglio 2017 per #Democratica –> http://www.unita.tv/opinioni/cooperare-un-comune-destino/
Da avvocato, prima ancora che da parlamentare, avverto l’esigenza di attivarmi affinché si crei un network di paesi i cui avvocati diano supporto ai difensori dei perseguitati politici.
Mi sento di affermare questo dopo aver incontrato, in Senato, una delegazione guidata da Lyudmyla Kozlovska, Presidente della Fondazione Open Dialog con l’avvocato e attivista moldava Ana Ursachi e da Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Ablyazov, al centro di un caso internazionale che si era concluso con l’allontanamento dall’Italia della Shalabayeva e della figlia di sei anni.
Dal confronto con “Open Dialog Foundation” organizzazione che da anni si occupa di diritti umani in Russia e nei paesi dell’est non solo è emersa l’urgenza di portare a compimento la riforma dell’Interpol, che tuteli maggiormente i perseguitati politici e le loro famiglie, ma anche la necessità di allargare la clausola di salvaguardia comune che vieta l’estradizione verso paesi che non rispettino i diritti fondamentali della persona, o che la espongano al rischio di tortura, trattamenti crudeli, disumani o degradanti, agli avvocati di chi subisce o rischia queste violazioni e che diventano loro stessi oggetto di persecuzione. Come prima iniziativa mi rivolgerò ai miei colleghi del Foro di Milano per organizzare con l’ordine forense lombardo un momento di confronto su questo tema. Un primo passo che permetta l’avvio di un percorso che consenta la creazione di un ‘pool’ di difensori pronti a seguire i casi di eventuali avvocati discriminati, minacciati e perseguitati.
A distanza di 22 anni dal genocidio delle 8.372 vittime musulmane del genocidio di Srebrenica, un massacro compiuto nel luglio 1995 dalle milizie del generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, ho voluto esprimere il mio ricordo attraverso le parole di una poesia di Abdullah Sidran, il più grande peta, scrittore e sceneggiatore bosniaco.
Le lacrime delle madri di Srebrenica di Abdulah Sidran
Sarebbe meglio non fosse
piuttosto che sia
così
come oggi è
la nostra Srebrenica
Nulla di morto né di vivente
in lei
può più abitare
Sotto un cielo plumbeo
l’aria di piombo
mai nessuno
ha imparato
a mettersi nei polmoni
Da lei fugge tutto
ciò che ha gambe
con le quali possa
e sappia dove
fuggire
Da lei fugge tutto
anche ciò che da nessuna parte
se non sotto la terra nera
può fuggire
Gli ortodossi fuggono
i nuovi come i vecchi
i musulmani fuggono
i vecchi come i nuovi
E chi in qualche modo
è rimasto vivo
andato via e poi tornato
neppure un inverno con l’estate
ha messo insieme
né un autunno
con la primavera
ma ha cercato
quanto prima
di andarsene da Srebrenica
E quei cattolici
nostri vicini
e per loro Srebrenica
per centinaia d’anni
è stata l’amata
e bellissima
sede principe
della loro buona
e nobile comunità
se ne sono andati da tempo
Come se
nella loro saggezza avessero
saputo che sarebbe arrivato un tempo
in cui non ci sarebbe più stata
la buona Srebrenica
Ci dicono
da dieci anni ce lo dicono
che in Bosnia
la guerra è finita
A noi spiegano
e inviano istruzioni scritte
che nel nostro Paese
Bosnia Erzegovina
la guerra è finita
e che nessuno
deve più
guardare al passato
Credono forse
davvero
che siamo vivi
noi che stiamo qui
e da questo luogo
parliamo così
come se davvero fossimo vivi
Davvero pensano che si chiami salute
davvero pensano che si chiami ragione
ciò che in noi è rimasto
della salute e della ragione di un tempo?
Non vedono, non sentono forse
non sanno forse che noi,
quelli rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
gridiamo e con il loro grido – noi parliamo?
Non ci permettete di
guardare al passato!
E noi non lo guardiamo, ma è lui a guardarci!
Voi dite:
guardate al futuro!
Ma noi, nessun
futuro in nessun luogo
riusciamo a vedere
né vediamo che lui
con un sol occhio
guardi noi
e neppure che ci veda
e che di noi si preoccupi