A favore di un pluralismo metodologico – Intervento al Consiglio Generale Agesci 2 maggio 2014
I primi giorni di maggio si è tenuto come di consueto il Consiglio Generale dell’AGESCI. Ho avuto l’onore di essere stato invitato a portare il saluto della Conferenza Internazionale Cattolica dello Scautismo. Ecco la sintesi del mio intervento.
Saluto di Roberto Cociancich, Presidente mondiale CICS
Sono felice di portare il saluto della Conferenza Internazionale Cattolica dello Scautismo e unisco i miei saluti a quelli di Bray Barnes che è il Co-presidente mondiale e Père Jacques Gagey il nuovo Assistente mondiale.
Vorrei, innanzitutto, essere portatore del messaggio che ci è stato affidato da Papa Francesco in occasione dell’incontro che abbiamo avuto circa tre mesi fa, un momento molto cordiale, piacevole e semplice nella sua realizzazione. A questo Pontefice straordinario ho voluto spiegare come lo scautismo sia un movimento di donne e di uomini di frontiera, e che le frontiere sono quei luoghi che non si sa bene se ti trovi di qua o di là, frontiere non soltanto geografiche ma anche culturali, sociali, della fede. Territori in cui si collocano persone che a volte hanno difficoltà con le gerarchie ecclesiastiche e che nello scautismo trovano, ciò nondimeno, il modo di vivere una importante esperienza di Fede. Papa Francesco ci ha detto: “Ci sono due cose che vorrei che voi sottolineaste nella vostra azione. La prima che dobbiamo andare avanti e per andare avanti, la cosa fondamentale è non farsi rubare la speranza; come si fa a non farsi rubare la speranza? Bisogna evitare di farsi prendere dall’idea che tutto è già qui, adesso, che non c’è qualcosa di più grande che ci aspetta più avanti, che il materialismo, il consumismo, l’edonismo, tutto quello che ci fa pensare che il Paradiso sia qui e ora, siano il nostro unico orizzonte umano. Dobbiamo essere portatori di questa speranza: abbiamo un mondo migliore ed un tempo migliore davanti a noi. La seconda cosa da non dimenticare è il tema dell’eredità, la Terra che abbiamo ereditato da chi ci ha preceduto. Noi non siamo i proprietari della Terra, siamo semplicemente i suoi custodi, il nostro compito è di conservarla e di lasciarla a chi verrà dopo di noi”. Vi assicuro che considero questo messaggio molto semplice e molto prezioso. Forse dovrei finire qui il mio intervento perché qualunque cosa io possa aggiungere non avrà la stessa forza.
Mi sembra però doveroso aggiungere qualcosa su cosa sta facendo la Conferenza Internazionale Cattolica dello Scautismo (CICS): in questo momento siamo innanzitutto impegnati nel dialogo inter-religioso con le altre organizzazioni scout a denominazione religiosa come la nostra. La CICS conta circa 65 organizzazioni cattoliche dello scautismo sparse in tutti i continenti e collabora all’interno del Forum Interreligioso di WOSM. Oltre alle organizzazioni riconosciute (musulmani, ebrei, buddisti, protestanti, ortodossi) ci sono altre organizzazioni che non sono ancora ottenuto lo “status consultativo” ma con le quali abbiamo cercato di “allargare il cerchio” e di avviare un confronto importante anche in vista del Jamboree dell’anno prossimo in Giappone. In questo percorso uno dei temi fondamentali è il rapporto con il tema della laicità. Oggi, soprattutto nel mondo occidentale, c’è una forte spinta a riconsiderare la formulazione della Promessa scout rendendo facoltativa la parte in cui si fa riferimento all’impegno verso Dio (Duty to God). Per esempio la patria fondatrice dello scautismo, l’Inghilterra, ha proposto di togliere questo riferimento all’impegno verso Dio e metterne in alternativa altri. Questa posizione culturale ci interpella su quella che è la nostra identità, cioè in che termini noi possiamo o possiamo ancora sostenere che la dimensione religiosa e spirituale sia un carattere imprescindibile dello scautismo. E’ un tema difficile che mi pare sfidante per la società civile, prima ancora che per l’associazione scout mondiale. Credo che su questo tema l’AGESCI, l’associazione che più di ogni altra al mondo oggi ha una presenza forte all’interno della CICS (non certo per merito mio ma per quello che rappresenta, per la capacità di generare iniziative, eventi) ecco su questo tema l’AGESCI deve sentirsi interpellata. Se abbiamo qualcosa da dire lo dobbiamo dire adesso. Qual è, per noi, lo scautismo del futuro? qual è la dimensione fondante la nostra idea di scautismo? io ritengo che esso non si esaurisca soltanto in una serie di attività ma sia un cammino dell’uomo verso la comprensione profonda del suo destino, un itinerario dell’esistenza che vogliamo, in quanto Capi e in quanto Associazione, in qualche modo accompagnare. Oggi è il momento di portare a compimento questa riflessione. Il lato positivo è che molte associazioni ci stanno chiedendo di entrare all’interno della CICS; abbiamo un incremento di domande sia a livello europeo di paesi che hanno richiesto di rientrare (Belgio, Austria, Ucraina) sia di molte associazioni africane, asiatiche. Quindi in un certo senso c’è una domanda di essere accompagnati da chi ha qualcosa da dire e noi abbiamo questa responsabilità di cui vi chiedo di farvi carico anche se so quanto sia già pesante lo zaino che ciascuno di voi porta per tutti gli impegni che avete. All’interno della grande famiglia scout l’AGESCI, più di ogni altra in questa fase storica, porta questa grande responsabilità. Avremo ad agosto, subito dopo la chiusura della Route nazionale, l’inizio della Conferenza Mondiale dello scautismo che si terrà in Slovenia e che sarà tempo di dibattito su questi temi: immagino sarà una grande occasione per parlarne. Noi prepareremo questo tema organizzando subito prima della Conferenza Mondiale un Seminario su argomenti che lo intersecano: la possibilità di una convivenza, la speranza del Mondo, l’eredità della Terra.
Il tema della definizione della nostra identità e della nostra responsabilità si misura anche nel dialogo con altre altre organizzazioni importanti che sono a noi molto vicine. Penso innanzitutto alla Conferenza Internazionale del Guidismo Cattolico (CICG) con la quale noi condividiamo la responsabilità di avere da una parte la relazione con la Santa Sede e dall’altra il rapporto istituzionale con le organizzazioni mondiali dello scautismo e del guidismo (WOSM e WAGGGS). Io credo che oggi stia maturando a livello europeo la sensibilità di avvicinare maggiormente questi percorsi e di andare verso un cammino più unitario perché non è più ben chiaro che senso ha mantenere due organizzazioni separate in questa maniera così netta. Sicuramente la CICG ha una grandissima capacità e qualità nell’accogliere le organizzazioni che sono solo femminili. E’ portatrice di una tradizione che non deve scomparire. Ho visto con i miei occhi soprattutto l’anno scorso in Giordania la qualità del lavoro svolto dalla CICG, ma credo che forse insieme con la CICS potremo fare ancora meglio. Vorrei, quindi, incoraggiare le organizzazioni nazionali in particolare quella italiana e francese a ragionare su questa prospettiva.
Teniamo inoltre conto che, poiché noi siamo circa sei/sette milioni di scout cattolici all’interno di un’organizzazione mondiale che ne ha trentacinque, siamo minoranza all’interno dello scautismo mondiale. La componente principale è quella musulmana, la sede mondiale dello scautismo in questi giorni è stata trasferita da Ginevra a Kuala Lumpur (Malaysia), è in corso un processo di trasferimento di valori culturali e organizzativi da un luogo che si chiama Europa ad altri continenti: ciò significa che il nostro modo di guardare lo scautismo non è più centrale. Quali sono le conseguenze?
Mi sembra si possa giungere alla conclusione che oltre a curare con convinzione il dialogo inter-religioso ed ecumenico oggi abbiamo il compito di coltivare anche il dialogo inter-cattolico. In altre parole il dialogo con le altre associazioni cattoliche, in primis gli Scout d’Europa (FSE), deve essere un pensiero del quale non ci si può più disinteressare. Faccio sempre più fatica a comprendere che senso abbia che oggi si possa discutere senza problemi con gli scintoisti, i buddisti, gli animisti e altri fratelli sorelle da cui di distinguono profonde differenze religiose, culturali e valoriali e poi ci si ritrovi a bisticciare con altri scout cattolici semplicemente perché usano una metodologia (leggermente) diversa dalla nostra. Ve dico in modo chiaro: in tre anni ho provato a capire quali siano i valori diversi fra di noi e non l’ho capito; credo che dobbiamo avere tutti il coraggio, oggi che c’è una leadership coraggiosa come quella dell’AGESCI e quella degli FSE, di porci il problema di che senso abbia abbia, dopo 40 anni, di mantenere un cammino separato visto che vogliamo andare nella stessa direzione: l’educazione dei nostri ragazzi. Dove stanno le differenze sostanziali? In altre parole io sono dell’opinione che si debba ripensare e mettere in discussione il principio oramai vetusto della unitarietà del metodo e domandarsi se non siano ormai maturi i tempi per pensare ad una nuova entità comune che sia capace di vivere al proprio interno anche un pluralismo metodologico; quello che ci unisce, infatti, sono la Promessa e la Legge Scout e su questo noi ci siamo. Accettiamo il confronto, riflettiamo! Il Consiglio Generale ha tutta la capacità per ragionare se è ancora così fondamentale essere ancorati ad una concezione che, di fronte a quella che è la complessità, la vastità e la ricchezza dello scautismo mondiale, rischia di essere vecchia nell’impostazione. Disfiamoci di queste inutili separazioni, andiamo avanti!
Voglio infine dirvi l’orgoglio di essere membro di quest’Associazione e testimoniarvi l’ammirazione che quando vado in giro per il mondo sento essere cresciuta verso di voi e verso i nostri ragazzi. Essa non rappresenta solo un merito ma anche una grande responsabilità. Ho avuto il privilegio di essere invitato da tante associazioni, da tanti gruppi in momenti diversi. Vorrei ricordarne uno particolarmente emozionante l’anno scorso a Palermo nella memoria della strage di via d’Amelio invitato da Francesco Bonanno e Giulio Campo che da 20 anni tengono questo momento di memoria straordinaria. Ecco dalla memoria nasce anche la speranza, e noi abbiamo maturato la consapevolezza che oggi lo scautismo è stato in grado oggi di portare avanti qualche cosa di unico: noi non facciamo soltanto animazione, ci sforziamo di fare un lavoro più profondo: l’educazione dello spirito, la costruzione di relazioni personali e sociali, mantenere viva la nostalgia di un mondo migliore.
Tutto questo lo vogliamo celebrare l’anno prossimo a Pasqua in Terra Santa in occasione del centenario dello scautismo degli scout cattolici. Spero di riabbracciarvi in quell’occasione.
Buona strada e buon coraggio.