“Proprio perché si tratta di un fatto decisivo, penso che noi dovremmo chiedere che esso abbia il suo naturale complemento in una politica comune di movimento e di progresso, cioè una iniziativa che non si limiti a potenziare la ricchezza dov’è, ma sappia equilibrare e fare giustizia. (…). E così è da attendere che i ceti più depressi siano sollevati, le parti sociali viste nella loro dignità, la cultura diffusa, la gioventù valorizzata in un libero movimento e contatto, al di là degli antichi confini, una cittadinanza europea, sia pure per una graduale attuazione, riconosciuta (…)”.
Queste sono le parole pronunciate da Aldo Moro parlando di Europa. Oggi ricordiamo il tragico delitto Moro e celebriamo l’Europa.
Le parole di Moro sono quanto mai attuali, sembrano ispirate da quella necessità di far fronte compatto contro tutte quelle forze populiste, contro chi oggi vorrebbe alzare muri per difendere i confini e disgregare l’Europa. Il senso di comunità ispirato dal cattolicesimo democratico si rintraccia in ogni parola di Moro, che già allora predicava la costruzione di una Europa comunitaria e non solo finanziaria.
Moro pensava ad una Europa forte, democratica e rappresentativa, “un’unione aperta alla collaborazione internazionale” a e con questa determinazione contribuì alla riforma che, nel 1979, portò alla prima elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale.
“Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo” affermò Moro il 6 dicembre 1973 durante il suo discorso al Senato.
Mai come oggi questo ricordo è vero monito, perché il Mediterraneo ed i suoi figli sono ancora oggi sofferenti e morenti, naufraghi in un mare di terrore e di disumanità. Oggi queste parole vibrano ancor più nella Sala Aldo Moro del Parlamento Europeo.
Ad Aldo Moro, a Peppino Impastato, agli agenti della scorta, all’Europa, a tutti i figli del Mediterraneo.
Questa mattina sono intervenuto in Senato per la dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico sulla relazione del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e sulle risoluzioni presentate in vista del Consiglio Europeo che si svolgerà il 9 e 10 marzo.
“Signor Presidente, vorrei ringraziare il Presidente del Consiglio e i membri del Governo. Credo che l’intervento del presidente Gentiloni sia stato ampiamente apprezzabile e condivisibile per ciò che ha espresso.
Siamo alla vigilia delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dei trattati di Roma. Tutti abbiamo riconosciuto come questo sia un momento di crisi e, come ogni momento di crisi, può rappresentare anche un’opportunità.
Condivido gli interventi di coloro che hanno richiamato l’importanza di ritrovare oggi l’orgoglio di essere europei. L’Unione europea – lo ricordo – ha vinto pochi anni fa il premio Nobel per la pace. Jeremy Rifkin l’additava come un esempio politico da imitare anche per altre realtà politiche, come gli Stati Uniti. Penso che non si debba ricordare l’Europa solo come un fattore di pace. Certo, è stato anche questo e lo testimoniano tutte le realtà di conflitto e di guerra che sono intorno all’Unione europea: Ucraina, Yemen, Iraq, Siria, Libia. Ovunque gettiamo lo sguardo troviamo realtà di conflitto, di guerra, di sofferenza. Ma l’Unione europea è qualcosa di più: è stata l’idea, il sogno di una società aperta, tollerante, plurale, laica, multiculturale, multireligiosa.
Vorrei leggere brevemente gli articoli 2 e 3 del Trattato sull’Unione europea: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». «L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».
Questi sono i valori che, tramite l’Unione europea, noi cittadini europei cerchiamo di conseguire; di questi non dobbiamo vergognarci, ma dobbiamo richiamarci a essi in questo momento di difficoltà e di crisi. Se torneremo a questi valori, l’Unione europea riprenderà slancio; se l’Unione europea rimarrà, invece, rinchiusa in una visione minimalistica, asettica, burocratica, non avremo un grande futuro.
È vero che oggi i cittadini mostrano stanchezza nei confronti di una Unione europea di questo tipo perché è una Unione in cui non si possono riconoscere.
È paradossale, Presidente, che siano proprio le forze di centro-destra che per diverse legislature hanno sostenuto le commissioni che hanno portato avanti quelle politiche – ricordo la legislatura vigente durante la Commissione Barroso e anche durante la Commissione Juncker – oggi siano le più accese nella critica all’Unione europea. Sono loro che hanno condotto in questa direzione l’Unione europea e oggi se ne lamentano. Mi pare un po’ paradossale.
È anche vero, però, che oggi questi valori sono messi in discussione da chi costruisce muri, da chi stende il filo spinato. Personalmente non posso che condividere lo sgomento espresso dal presidente Napolitano per le parole che abbiamo sentito ieri sera, per le immagini che abbiamo visto e per quello che oggi può sembrare facilmente dicibile e che una volta ci saremmo persino vergognati di pensare, non soltanto di dire a voce alta. Ci sono anche fra di noi alcuni epigoni di questi politici che in alcuni Paesi stranieri promuovono valori che, secondo me, sono contrari all’Unione europea e che anche oggi hanno espresso critiche fondate spesso su una visione piuttosto moralistica. Mi riferisco, ad esempio, alle espressioni usate dal senatore Centinaio che ha stigmatizzato – con il garbo e l’eleganza che contraddistingue sempre suoi interventi – il fatto che vi siano alcuni esponenti politici che rubano lo stipendio. Mi domando a chi si riferisse in questo momento perché abbiamo presenti alcuni esponenti anche del suo partito che sono noti per essere scarsi frequentatori delle aule del Parlamento. Mi domando se essere assenteisti permanenti al Parlamento europeo li faccia rientrare nella critica espressa dal senatore Centinaio. Ricordo, inoltre, gli esponenti di altre forze politiche che normalmente invocano l’onestà e la sobrietà e dopo si scopre che hanno favorito, con i contributi europei, i propri parenti, i fidanzati e le badanti, cosa che certamente non contribuisce alla credibilità né delle istituzioni, né del Parlamento europeo e fa ben capire che c’è una doppia moralità, una certa ipocrisia che sta dietro questo tipo di critiche.
Signor Presidente, arrivo velocemente alla conclusione perché il vero tema politico, oggi, sono le proposte di riforma che vengono presentate a livello europeo per rilanciare l’azione dell’Unione. Mi sembra che siano sostanzialmente due. La cancelliera Angela Merkel ha proposto al consiglio informale di Malta un’Europa a due velocità o a più velocità. In realtà, l’Unione europea già oggi si muove con diverse velocità. Poi ci sono le proposte del presidente Juncker contenute nel Libro bianco che illustra cinque scenari. A mio parere quelli verosimili sono soltanto lo scenario n. 3, cioè quello che consente a chi vuole avanzare, a chi vuole fare di più, di fare di più, e lo scenario n. 4 che permette di fare di meno ma in modo più efficiente.
Di certo non possiamo restare oggi così come ci troviamo perché questa situazione comporta un distacco sempre maggiore da parte dei cittadini. Dobbiamo quindi andare avanti verso una svolta. In ogni caso, credo che saranno da riprendere quelle priorità strategiche contenute nel programma della Commissione presentato a settembre che consistono nel raddoppiare la capacità finanziaria del Fondo europeo per gli investimenti strategici, cioè il FEIS, che secondo il piano di Juncker sarebbe capace di generare 500 miliardi e replicare l’esperienza del FEIS nella cooperazione internazionale tramite un piano europeo per gli investimenti esterni. Questo sarebbe molto importante perché questa sarebbe la vera risposta alle sfide dell’immigrazione: investire nei Paesi africani, consentire loro di generare un reddito che consenta livelli di vita che prevengano il fenomeno migratorio, almeno nei numeri così elevati che abbiamo oggi, e di rafforzare il pacchetto dell’economia circolare e le proposte di regolamento e di revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale. Tutte proposte volte anche a dare maggiore flessibilità alle nostre istituzioni europee.
Con queste indicazioni annuncio il voto favorevole del Gruppo del PD sulla risoluzione presentata dal senatore Zanda e da altri Senatori.“
#Corridoiumanitari: Sicurezza, Accoglienza e Integrazione al tempo dei nuovi muri e dei bandi agli immigrati
Ieri mattina, con il progetto dei Corridoi umanitari, sono giunti a Fiumicino 41 profughi siriani dal Libano, sia cristiani che musulmani, un terzo minori, provengono dalle città di Aleppo, Homs e Damasco. Si tratta del sesto arrivo dal febbraio dell’anno scorso; in totale sono 540 le persone, appartenenti a famiglie in condizioni di “vulnerabilità”, giunte così nel nostro Paese.
Il progetto, promosso da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane (Fcei) e Tavola Valdese, in accordo con lo Stato Italiano , e interamente autofinanziato dai promotori, favorisce l’integrazione e garantisce la sicurezza, per chi arriva e per chi accoglie.
A pochi giorni dall’approvazione del cosiddetto decreto “immigrationban” della nuova amministrazione Trump, questa notizia porta un soffio di speranza e fiducia.
Quello dei #Corridoiumanitari è un virtuoso esempio di sinergia tra le istituzioni e la società civile e mostra come l’integrazione sia possibile, in Italia e in Europa.
Alla vigilia del referendum sulla Brexit l’auspicio di chi vuole credere in un’Europa forte, certamente perfettibile ma fondamentale per la stabilità di tutti gli Stati membri, è che vinca il ‘remain’.
Mi piace immaginare che a convincere gli elettori britannici a rimanere nell’UE non sia la paura dell’instabilità nel caso vincesse il ‘no’, con il rischio di essere trascinati in una crisi profonda, ma la consapevolezza che una maggiore autonomia non valga la frammentazione dell’Europa che decreterebbe il fallimento di un progetto che vede tutti noi, Gran Bretagna compresa, attori fondamentali.
Ma se si affermasse il ‘leave’ l’Unione dovrà ragionare sul risultato e decidere la strategia per il futuro, ragionando su ciò che si vuole e si deve essere ‘tutti insieme’. Bisogna fermare il progressivo allontanamento dalle istituzioni europee di chi è condizionato dagli ‘euroscettici’, rilanciando l’idea, i principi, alla base della costituzione dell’Unione. Ideali in cui noi crediamo e che vogliamo difendere.
Si deve e si può andare oltre la logica burocrate che a volte prevale a Bruxelles come è necessario superare le divisioni e i contrasti sulle quote obbligatorie in tema di immigrazione. Bisogna sostenere e portare avanti un’agenda su migrazioni e asilo che sia sostenibile per poter affrontare quella che è chiaramente una delle emergenze più pressanti per l’intero continente. Una sfida che l’Europa non può perdere.
«L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare». Sono parole di Papa Francesco, appena rientrato dal suo “triste” viaggio a Lesbo dove ha incontrato migranti e profughi – uomini, donne e bambini. È una frase che deve farci riflettere, perché ricorda che proprio l’Europa, la patria dei diritti umani, matrice culturale di quella Dichiarazione firmata sull’onda dei disastri della seconda guerra mondiale, documento che avrebbe dovuto mettere fine alle forme più feroci di sfruttamento dell’uomo sui suoi simili, è purtroppo oggi ancora molto lontana dal rispettarli.
Di seguito vi propongo l’intero testo della dichiarazione congiunta di sua Santità Francesco, del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e dell’arcivescovo di Atene Hieronimos.
Noi, Papa Francesco, Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia Ieronymos, ci siamo incontrati sull’isola greca di Lesbo per manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza. L’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.
La tragedia della migrazione e del dislocamento forzati si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse. Da Lesbo facciamo appello alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa.
Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono. In particolare, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo greco che, nonostante le proprie difficoltà economiche, ha risposto con generosità a questa crisi.
Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Chiediamo alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi e affinché i servizi di soccorso, religiosi e civili, operino per coordinare le loro iniziative. Esortiamo tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso.
L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40).
Da parte nostra, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani. Riaffermiamo con convinzione che «riconciliazione [per i cristiani] significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli […]. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa» (Charta Oecumenica, 2001). Difendendo i diritti umani fondamentali dei rifugiati, di coloro che cercano asilo, dei migranti e di molte persone che vivono ai margini nelle nostre società, intendiamo compiere la missione di servizio delle Chiese nel mondo.
Il nostro incontrarci oggi si propone di contribuire a infondere coraggio e speranza a coloro che cercano rifugio e a tutti coloro che li accolgono e li assistono. Esortiamo la comunità internazionale a fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall’attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera.
L’ondata migratoria che sta vivendo l’Europa ha determinato la crescita di una tendenza molto preoccupante: sempre più spesso vengono diffuse notizie false in cui vengono attribuiti reati a migranti e profughi.
Trovo molto efficace l’idea avuta in Germania di lanciare un sito per combattere le false notizie e le bufale che riguardano migranti e profughi. Si chiama Hoaxmap ed è una piattaforma online che permette alle persone di separare i fatti dalle false dicerie e verificare le voci su presunti reati commessi da rifugiati, richiedenti asilo e migranti. Il sistema mostra una mappa che riporta tutte le notizie che attribuiscono un reato a un migrante, ma affianca alle notizie i documenti e le dichiarazioni ufficiali che smentiscono la notizia. I crimini attribuiti ai migranti vanno dal furto all’omicidio, ma molto spesso sono accuse di violenze e molestie sessuali.
Da quando è stato lanciato, il sito ha registrato centinaia di notizie false attribuite ai profughi. La maggior parte di queste notizie registrate riguardano la Germania, ma alcune sono state registrate anche in Austria e in Svizzera.
Sarebbe auspicabile usufruire di un servizio analogo anche in Italia dove non dubito accada spesso che, nel raccontare questa crisi, alcuni mezzi d’informazione strumentalizzino false notizie a fini propagandistici.