Sulla legge elettorale
Sono intervenuto in Aula al Senato durante la discussione generale sulla questione di fiducia posta dal Governo sulla legge elettorale. Eccone il testo:
“Signor Presidente, vorrei anzitutto chiedere scusa al pubblico che ci ascolta da casa e dalle tribune per le volgarità che ha dovuto subire e ascoltare, di cui si sono responsabili alcuni colleghi.
Vorrei dire che il Parlamento non è questa volgarità, ma anche impegno e amore per la politica e per il Paese. Credo stiano continuando a dare dimostrazione di come intendono il dialogo e il confronto.
Con il suo permesso, Presidente, vorrei intervenire sul dibattito sulla legge elettorale al nostro esame, caratterizzato purtroppo da un certo livello di infingimenti e da un certo tasso di ipocrisia.
Premetto che sono tra coloro che si apprestano a votare questa legge un po’ obtorto collo, non certo perché persuaso che sia la giusta medicina per il nostro Paese, lacerato da interessi di parte e zavorrato dal debito pubblico, che ne è la conseguenza, ma perché consapevole che l’alternativa, lasciare cioè il Consultellum, sarebbe assai peggio.
Lo scopo della legge sarebbe quello di rendere omogenei i sistemi e i risultati elettorali tra Camera e Senato. In teoria questo dovrebbe aiutare la governabilità, non essendo più costretto l’Esecutivo a rincorrere due maggioranze diverse nelle due Camere. In realtà, tale affermazione appare di difficile realizzazione, se non altro perché è diversa la platea dell’elettorato attivo, con cinque milioni e mezzo in meno di elettori in Senato; i giovani di età compresa tra 18 e 25 anni. Mi sembra difficile rendere omogenee queste due differenti platee.
Si tratta dunque di una chimera, ma l’aspetto ipocrita si manifesta nelle posizioni di coloro che oggi criticano il Rosatellum perché non garantirebbe la governabilità e, meno di un anno fa, contestavano la riforma costituzionale che, differendo le funzioni di Camera e Senato, invece la agevolava. La verità è che per una parte delle opposizioni, soprattutto per le sue numerose e super frammentate sinistre radicali, compito del Senato non dovrebbe essere quello di dare fiducia e contribuire al governo del Paese, ma quello di controllarlo, condizionarlo e, se necessario, ostacolarlo. Una visione legittima, per carità, ma che rivela una cultura politica che da tempo ha abdicato ad essere forza di trasformazione del Paese e si è rassegnata ad essere memoria nostalgica di una mancata rivoluzione in Italia, di cui abbiamo celebrato ieri il centenario con il bel discorso del senatore Tronti. Una cultura politica che nei suoi epigoni odierni appare oggi rancorosa e minoritaria, ossessionata, psicotica e autoipnotizzata dall’astio verso il Segretario del Partito democratico. Anche i membri del Movimento 5 Stelle sono altrettanto autoipnotizzati.
C’è un ulteriore elemento di finzione e manipolazione della realtà che va denunciato, quello secondo il quale il Rosatellum sarebbe una legge volta ad introdurre un regime autoritario e antidemocratico; affermazione che, tra l’altro, fa a pugni con quella sulla governabilità che ho appena commentato. Certo, in questo dibattito ciascuno si sente ormai legittimato a dire tutto e il contrario di tutto.
Ricordo che il Rosatellum introduce un sistema per due terzi proporzionale e per un terzo maggioritario. Il Mattarellum aveva proporzioni invertite e nessuno aveva mai eccepito: era per due terzi maggioritario e soltanto per un terzo proporzionale. Lo stesso dicasi per il cosiddetto Tedeschellum, la legge che fu in discussione a giugno, presso la Camera dei deputati, e che – a parole, ma non nel segreto del voto – anche il Movimento 5 Stelle aveva approvato. Ecco quindi l’ipocrisia di coloro che valutano di volta in volta la bontà di un sistema solo secondo le loro precise e personali convenienze elettorali.
Ipocrita è anche la critica di chi lamenta la mancanza di un programma alla base della coalizione, se si considera che quelle medesime forze politiche hanno fatto naufragare, nello spazio di un mattino, la coalizione denominata Italia bene comune – regnanti Bersani, segretario del PD, e Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia e libertà – e ciò non certo per diverse interpretazioni della comune piattaforma programmatica, ma per una assai meno nobile discordia sulla candidatura a Capo dello Stato, concordata tra lo stesso Bersani e Berlusconi.
Concludendo, è ipocrita la critica di chi lamenta l’asserita mancanza di legittimazione popolare, nonostante l’affermazione contraria contenuta nella stessa sentenza n. 1 del 2014 della Consulta sul Porcellum, che qualche volta andrebbe forse letta anche per intero. Oggi, chi fa questa critica nulla obietta sul fatto che la legge attuale, se non venisse approvato l’Atto Senato 2941, di cui stiamo discutendo, sarebbe il cosiddetto Consultellum, una legge scritta con la tecnica delle sentenze additive. Quale sarebbe la maggiore legittimazione popolare della Corte costituzionale ad agire come legislatore, per di più in una materia che è sommamente politica come quella elettorale? Con il massimo rispetto per la Corte costituzionale, il nostro sistema delle fonti non la contempla tra i soggetti che hanno un potere di iniziativa legislativa e le sue sentenze sono state oggetto, da questo punto di vista, di molte critiche, anche a livello internazionale, per lo sconfinamento in un campo riservato al Parlamento.
C’è molta ipocrisia in chi ha esultato per la fine dell’Italicum, che avrebbe assegnato agli elettori la scelta della maggioranza di Governo, che sarebbe risultata nota la sera stessa delle elezioni, e oggi si lamenta del fatto che tutti i Governi e le coalizioni saranno, con ogni probabilità, scelti dai partiti nell’ambito di trattative solo successive al voto. È ipocrita la critica di chi ritiene che non si dovrebbe intervenire in materia elettorale negli ultimi mesi della legislatura. Certo, questo è un principio condivisibile in astratto, ma è noto a tutti che non solo il Capo dello Stato, ma larghissima parte dell’opinione pubblica chiede a gran voce che si intervenga per correggere il sistema irrazionale previsto dal Consultellum, che a sua volta meriterebbe la stessa critica, per il fatto di essere stato introdotto nell’ultimo anno di legislatura. L’ipocrisia più grande, signor Presidente, è quella di chi ha sostenuto fino a ieri mandato imperativo e voto palese e oggi cerca di nascondere il comportamento dei parlamentari nell’oscurità di oltre 50 voti segreti. Perché i cittadini, il popolo sovrano, non devono sapere come votano i rappresentanti su una legge massimamente politica come quella elettorale? Qui non c’è alcuna questione di coscienza, c’è soltanto da decidere che tipo di Paese vogliamo costruire per il futuro ed è giusto che ciascuno lo faccia a voce alta.
Una volta il Movimento 5 Stelle e il suo guru, Beppe Grillo, avevano fatto della trasparenza la propria bandiera. Vediamo oggi che erano solo chiacchiere vuote, senza profondità di convinzione. Ben venga, dunque, il voto di fiducia, che porterà ciascuno di noi a doversi esprimere a voce e a testa alta con un sì o con un no, senza alibi, senza ipocrisie e neppure infingimenti.”