#RiformaCostituzionale: il mio intervento in aula
Una sfida storica che si è conclusa con la sconfitta politica delle opposizioni e una vittoria dell’Italia del sì.
Questo il mio intervento in aula.
COCIANCICH (PD). Signora Presidente, siamo arrivati all’ultima lettura qui in Senato di questa riforma e credo sia giunto il momento di fare una verifica complessiva di come è andato il dibattito parlamentare che ha impegnato questa Assemblea, la nostra compagine senatoriale, così a lungo e in maniera davvero intensa.
Credo che la domanda fondamentale che ci dobbiamo porre e che tutti noi ci sentiremo rivolgere quando andremo davanti ai cittadini è la seguente: alla fin fine, qual è il progetto per il Paese che siete stati in grado di presentare? E questa domanda verrà rivolta alla maggioranza e all’opposizione. Da questo punto di vista, credo che anche il dibattito appena trascorso e che sta trascorrendo abbia dato indicazioni precise: forze politiche che si sono opposte a questo disegno costituzionale, legittimamente, in tutta sincerità non sono state in grado di presentare alcuna proposta alternativa. Questa è la vera domanda e la grande occasione perduta. E vorrei fare anche alcuni nomi.
Con rammarico, cito il Movimento 5 Stelle, a cui invidio la capacità e l’inventiva di trovare sempre nuove forme di insulto e denigrazione degli avversari, una capacità francamente straordinaria, e al cui interno credo ci sia anche una sorta di competizione tra chi riesce a dire l’offesa più creativa e che ferisce maggiormente. Ma alla fin fine, signora Presidente, mi pare sia rimasto prigioniero di un linguaggio un po’ delegittimante e offensivo. Alla fin fine, è un Movimento che ha perso la grande sfida, visto che aveva la possibilità di vincere e contribuire positivamente al rinnovamento di questo Paese.
C’era una grande aspettativa nei suoi confronti e, purtroppo, di questo Movimento rimarrà soltanto un genere di comportamenti, e cioè impedire agli altri di parlare. Siamo stati qui delle ore a sentirli parlare, e loro non vogliono che gli altri parlino.
Loro parlano dell’uomo solo al comando, ma è solo un Gruppo che ha perso per espulsione un terzo dei suoi componenti.
Penso sia stata questa un’occasione persa anche per la Lega Nord. Su detto punto credo ci sia una riflessione da fare, perché è stato interessante vedere come si è sviluppata la posizione della Lega Nord rispetto alla riforma.
Voglio ricordare che il presidente Calderoli – tutti noi abbiamo stima e considerazione delle sue grandi capacità in materia di Regolamento – nella prima lettura è stato correlatore della riforma, ed è stato in qualche modo coautore di una riforma nei cui confronti alla fine il suo stesso Gruppo lo ha abbandonato. Nonostante avessero avuto, all’interno del proprio Gruppo parlamentare, una persona della sua esperienza, alla fine hanno votato contro alla prima versione in Senato e poi si sono barricati dietro 85 milioni di emendamenti in seconda lettura, fatti con un algoritmo. Il grande progetto che la Lega ha per il nostro Paese è rinunciare ad intervenire nel merito e consegnare le armi delle sue argomentazioni ad un algoritmo, ad un sistema softwareche ha determinato un numero di emendamenti di cui i suoi componenti non conoscono neanche la cifra esatta, perché avendo inizialmente parlato di 85 milioni, poi di 83 milioni e ieri di 80 milioni non sanno neanche quanti milioni di emendamenti hanno proposto.
Credo che questa sia un’altra grande sconfitta politica che la Lega ha dimostrato di subire nel dibattito e che si è autoinflitta. Nulla le precludeva di dare un contributo utile di idee, così come effettivamente era emerso in prima lettura. Ma alla fine è prevalso lo spirito della foresta: cercare di andare ad uno scontro – e anche le dimostrazioni di intolleranza dimostrano qual è la vera ispirazione di questo Gruppo politico – che alla fine si è rivelato un’autosconfitta, con una totale irrilevanza di fronte alla grande sfida storica di poter contribuire a disegnare, insieme agli altri, una riforma della nostra Costituzione e del nostro sistema politico.
Dispiace infine che Forza Italia, che addirittura aveva votato a favore di questa riforma in un primo momento, per il disappunto del proprio leaderSilvio Berlusconi di non essere stato ascoltato quando voleva far eleggere un proprio candidato alla Presidenza della Repubblica, alla fine abbia fatto un passo indietro, revocando il proprio consenso ad una riforma che aveva addirittura votato in prima battuta.
Quindi, quando guarderemo chi ha vinto e chi ha perso, credo che dovremo vedere innanzitutto la grande occasione perduta, da parte delle opposizioni, di contribuire ad un dibattito verso il quale c’è stata sempre la massima disponibilità. Al contrario, il Partito Democratico, così tanto oltraggiato, offeso e dileggiato nelle ultime ore, ha avuto un progetto per il Paese e lo ha difeso anche a prezzo di una dura discussione interna. Ha saputo, però, trovare un accordo, nel rispetto reciproco di tutte le persone, e delle soluzioni positive.
Il futuro Senato non sarà un Senato inutile, ma sarà un Senato che – com’è stato scritto in un famoso emendamento – avrà una funzione di raccordo tra l’Europa, il livello nazionale e le Regioni. Si tratta di un livello di raccordo necessario per il futuro del nostro Paese, perché altrimenti saremo sempre vittima del nostro andare ciascuno per la propria strada.
Attualmente lamentiamo uno scarso impatto a livello europeo e anche oggi abbiamo sentito rievocare delle critiche sulla posizione del Governo italiano a livello europeo. Ma oggi noi non siamo, come altri Paesi, con una forza coesa di fronte all’Europa. Il Bundesrat, di cui abbiamo parlato, e la Francia, con un Senato importante, hanno una capacità di rappresentazione degli interessi nazionali, della collettività degli interessi nazionali a livello europeo, che oggi il nostro Paese non ha, al di là di quelle che possono essere le buone o le cattive intenzioni, le grandi o le modeste capacità dei Governi di turno. Noi non abbiamo la capacità di fare una sintesi degli interessi del nostro Paese di fronte al livello europeo. E questa è stata una riflessione che noi, in Commissione politiche dell’Unione europea, abbiamo condiviso fra tutti i partiti e fra tutti i Gruppi politici. È quindi sorprendente che, oggi, colleghi che hanno riflettuto e convenuto su questo tema non siano in grado di riconoscere il grande passo in avanti, l’esigenza da tutti quanti sollevata e portata come una necessità urgente.
E siamo stati anche protagonisti di un cambiamento importante laddove la riforma prevede il principio della parità di genere, un elemento che nessuno ha sollevato in questo dibattito, e che, invece, porta avanti, dal punto di vista non solo istituzionale ma anche culturale, la riforma del nostro Paese, del nostro Senato e delle nostre istituzioni. Questa riforma non si limita semplicemente ad essere un piccolo ritocco dei meccanismi giuridici, ma incide sui valori civili e fondanti, come innanzitutto la parità di genere. Importanti sono anche – lo voglio sottolineare – i passaggi che riguardano la pubblica amministrazione e l’obbligo di trasparenza per la stessa.
Il Senato del futuro sarà prestigioso ed avrà al suo interno, con ogni probabilità, la stragrande maggioranza dei Presidenti di Regione. È difficile immaginare che, in futuro, il Presidente della Regione Piemonte non voglia fare parte di questo consesso perché ha avuto una legittimazione popolare molto forte. Il Presidente della Regione Piemonte è stato eletto con più di un milione di voti. Per quale motivo non dovrebbe intervenire nell’ambito di questo consesso così alto a livello nazionale? Per quale motivo non dovrebbero farlo il Presidente della Lombardia e gli altri Presidenti? Per quale motivo non dovrebbero intervenire anche i sindaci delle grandi Città?
Io credo che noi avremo un Senato fortemente autorevole, con una fortissima legittimazione popolare e desideroso di pesare. Avrà delle funzioni importanti nel dibattito sulle riforme costituzionali future e delle leggi elettorali. Avrà la possibilità di interloquire su tutti i disegni di legge approvati dalla Camera. Avrà un grande ruolo anche politico, con una grande semplificazione dal punto di vista dell’approvazione delle legge perché, laddove la Camera, titolare dell’unico rapporto di fiducia con il Governo, non dovesse alla fine approvare le riforme proposte dal Senato, ci sarà la possibilità di chiudere il discorso senza le estenuanti navette che hanno reso il nostro Paese molto complicato, meno competitivo e meno europeo.
Spero che in futuro ci sia la possibilità per il nostro Paese di essere più coeso. E mi dispiace che oggi si metta il veleno nei pozzi e si vada già a delegittimare i senatori del futuro dicendo che saranno più corrotti di tutti. E ci delegittima altresì affermare che oggi non siamo autorizzati a stare qui in forza di una sentenza costituzionale molto mal letta da chi la cita o, probabilmente, non letta affatto. Quella sentenza, infatti, dice precisamente che il Parlamento è pienamente legittimato a legiferare senza limiti, ed è quanto stiamo facendo. Si insiste non solo ad un continuo atteggiamento delegittimante, ma lo si porta anche avanti nella direzione della delegittimazione del Parlamento futuro. È un grande peccato, un’altra sfida persa perché la sfida del futuro ci dovrebbe accomunare tutti.
Spero che i cittadini, votando favorevolmente al referendum, porranno fine a questa diatriba e ci permetteranno di fare un passo in avanti verso un Paese migliore per il quale oggi noi, come Gruppo del Partito Democratico, ci siamo fortemente impegnati.