Lettera al mio candidato
Caro Candidato,
oggi è il giorno delle elezioni e io ho appena compiuto questo gesto semplice e al tempo stesso sacro che è scrivere il tuo nome sulla scheda e infilarla nell’urna.
Tutte le corse, i dibattiti, gli appelli, i confronti televisivi, i comizi, le riunioni dei comitati, le strette di mano, i sorrisi, tutto, tutto ciò che hai e che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi, tutte le speranze e i timori, i sogni e le paure, tutto il nostro passato, la nostra rabbia e il nostro domani, le discussioni con gli amici, i messaggi su twitter, i sondaggi, le opinioni dei commentatori, le chiacchiere fatte al bar, i desideri più remoti, gli scetticismi dei conoscenti, i disaccordi con chi non ci crede, la fatica e l’entusiasmo, tutta questa congerie di emozioni, di ebrezza, di colori e suoni, di inni e di striscioni, di belle ragazze che ti guardano, di anziani che giocano a carte e che ti sorridono a stento, di soldi che girano, di pranzi e di cene, di telefonate a notte fonda, di voci che ti chiamano, di mani che ti cercano, tutta questa campagna elettorale che ti ha portato ad attraversare il Paese, ad ascoltare e a parlare, a raccontare la tua visione del domani, insomma tutta la strada che hai percorso e sulla quale mi hai convinto seguirti (io piccolo e insulso elettore che tu non conosci, abitante di una provincia remota, semplice cittadino che ha creduto in te), insomma tutto questo, tutto il bianco e tutto il nero, tutto il bene e tutto il male, tutto verrà come per magia a concentrarsi e condensarsi in quella piccola croce apposta sulla scheda. Un piccolo foglio, il silenzio di un momento nella cabina elettorale, il tempo per un ultimo ripensamento, il segno con la matita, la scheda ripiegata in quattro, ancora un attimo di sospensione e poi giù, nella fessura buia dell’urna, come un tuffatore dalla scogliera, un piccolo volo nel vuoto, eppure un salto vertiginoso, insieme a mille altre schede, anzi milioni, a formare la volontà popolare, il verdetto di questa corsa, il risultato delle elezioni.
Dopodiché non resterà che aspettare, attendere l’esito, domandarsi se vi sono stati degli errori, desiderare di avere ancora qualche giorno per convincere gli indecisi, sapere che da lì a qualche ora la tua vita sarà diversa, nel trionfo se avrai vinto, nella polvere se avrai perso.
Seduto su una panca, appena fuori dal seggio, guardo i cartelloni con i nomi degli altri candidati e penso a te che hai accettato questa sfida. Il nostro Paese, lo sappiamo, vive una grave crisi: economica, sociale, morale. La corruzione, i conflitti di interesse, l’illegalità diffusa, le tasse troppo alte, i servizi scadenti, l’istruzione che non istruisce, i trasporti che non trasportano, le infrastrutture mai completate, lo spread che impazzisce, la credibilità internazionale sempre più in basso, la concorrenza dell’Est, la disoccupazione dei giovani, delle donne, dei cinquantenni, la precarietà diventata sistema, il divario Nord Sud, la burocrazia, la giustizia lenta, la mancanza di fiducia nel nostro futuro, la fuga dei cervelli, il merito non riconosciuto, il declino culturale, la denatalità, il discredito della politica, le nuove demagogie, le tendenze alla frammentazione, l’egoismo di massa, l’opportunismo dei soliti noti….
Tu che sei il mio candidato hai deciso un giorno una cosa che mi sembra pazzesca: hai deciso di alzarti, di cessare di lamentarti (come fa la maggior parte della gente, come faccio io stesso e come forse facevi tu fino a poco tempo fa) e di cercare delle strategie per invertire la rotta, di studiare delle soluzioni intelligenti ai problemi, di riunire intorno a te una squadra di collaboratori, di costruire un racconto, una speranza, di andare in giro per le strade e le piazze e parlarci, convincerci che nulla è perduto, che tutto dipende da noi, che possiamo ritrovare la strada, la convinzione, l’entusiasmo. Hai deciso di strapparci fuori dalla tana del nostro pessimismo cosmicoe di farci gustare ancora una volta, dopo le tante delusioni del passato, che la politica è una cosa bellissima, che sa interpellare gli uomini sul loro destino, che sa raccoglierli intorno a nuove idee e persino ad antichi ideali, a restituire loro l’orgoglio di lottare per il bene comune, di mettere da parte le divisioni e gli egoismi e di costruire una città più giusta e libera. Tu hai saputo farci assaporare le emozioni che solo la politica sa dare, perchè la politica è un fatto collettivo, di popolo, di speranze individuali che si fondono, di energie nascoste che si manifestano, di voglia di tornare a cambiare le cose proprio quando ormai non ci credeva più nessuno.
E’ una grande responsabilità quella che ti sei assunto. Ti farai carico delle nostre speranze e delle nostre aspettative? Avrai la forza per reggerne il peso? Tu sai che, in caso di vittoria, passati i primi cinque minuti di baldoria nessuno ti farà più sconti. Ogni tua decisione sarà osservata, vivisezionata, criticata. I tuoi avversari useranno ogni mezzo per screditarti, molti andranno a rovistare nella spazzatura la prova dei tuoi errori, alcuni fra coloro che ti hanno sostenuto saranno i primi ad abbandonarti quando le cose andranno male. Molti non ti crederanno convinti che tanto-i-politici-sono-tutti-uguali; taluni storceranno il naso perché-la-questione-è-un’altra, perché-non-è-stato-fatto-abbastanza e se per caso riesci a fare abbastanza perché povero-il-paese-che-ha-bisogno-di-eroi…
Oggi non si erigono più le statue, si abbattono. Vuoi davvero salire sul podio? E’ il successo, l’applauso, il potere quello che cerchi? E’ l’ambizione a spingerti? Le parole che usi sono fatte solo per sedurci? Troverai degli amici ma forse alcuni (anche tra i più veri) li perderai. Ne vale la pena? Perchè non fai ciò che facciamo noi tutti, tranquilli, acquattati, un po’ nascosti dove non tira troppo vento? Il tuo coraggio mi inquieta, mi obbliga a domandarmi perchè non mi espongo anche io, perché non mettermi in gioco, senza rete, a combattere per le mie idee (sempre che io ne abbia) ad uscire in mare aperto, a lottare lealmente uomo tra gli uomini, spendendo tutte le energie di cui dispongo. Il tuo coraggio interpella il mio coraggio e sento la tentazione di metterlo in tutte le cose, anche quelle meno pubbliche, ma non per questo meno importanti.
Guardando il mondo da qui, fuori dal seggio, in attesa di sapere se hai vinto o se hai perso mi lascio portare dalla fantasia ad immaginare l’ebrezza di questa sera se sapremo che hai, che abbiamo vinto. Quante cose potremo fare, come sarà migliore il nostro futuro, quante opportunità e quali grandi orizzonti… tu diresti che governerai a nome di tutti, che le divisioni del passato non hanno più ragione d’essere, che saprai ascoltare le proposte di tutti… Magnanimamente ringrazieresti anche l’avversario tendendogli la mano… parole già sentite ma sempre belle da riascoltare. Ma subito un altro pensiero mi assale: le cose potrebbero andare male, la grande corsa finire qui, lasciare agi altri lo scettro e il regno, l’onore e la gloria. Il volto gelido della sconfitta penetrerebbe i tuoi lineamenti, i sostenitori ripiegherebbero le bandiere, il vento spargerebbe volantini che più nessuno avrebbe il desiderio di raccogliere o leggere. Per consolarti direbbero che è stata una bella testimonianza, che tu rimani una risorsa, che la tua battaglia è stata comunque profetica. Ancora qualche sorriso, qualche stretta di mano e poi la via di casa. Tu sai che in realtà la politica non è profezia ma capacità di cambiare le cose in concreto. La dimensione profetica è per gli uomini del deserto ma la politica è l’arte di costruire la città. L’amara verità è che non c’è spazio per i profeti e neppure per i semplici testimoni. Se accetti in cuor tuo di essere solo un testimone vuol dire che hai già accettato di essere sconfitto . La tua nave andrà sugli scogli e con essa il carico di speranze che ti abbiamo affidato. Se sarai sconfitto non dire e non accettare frasi consolatorie che possano illudere qualcuno (non certo te stesso) che hai vinto comunque. Guarda in faccia il mostro, la strega gelida, racconta le cose come stanno. Riconosci la sconfitta ma accettala come un passaggio doloroso verso una comprensione più grande e più matura del compito che ti rimane comunque davanti. A volte c’è più grandezza nella sconfitta che nella vittoria e tu potrai dimostrare anche in quell’occasione la grandezza del tuo spirito, le qualità morali che ti sorreggono, la forza della fede che sorregge i tuoi ideali. Già questo sarebbe un primo grande cambiamento di cui sentiamo il bisogno, un linguaggio di verità che anziché illuderci, ci liberi dal sogno, ci mostri che le soluzioni vere passano dalla realtà anche quando essa non ci piace, ci scuota dal torpore e dal dormiveglia. Se questo saprai fare non mi vergognerò del voto che ti ho dato e riprenderò volentieri insieme il cammino che abbiamo appena cominciato.
Roberto Cociancich