Il Decreto Sblocca Italia: luci e ombre – la mia relazione alla commissione affari costituzionali
E’ in discussione in questi giorni nelle Commissioni del Senato il cosiddetto Decreto Sblocca Italia che dovrebbe consentire a rimettere in moto numerose opere già cantiere e bloccate da qualche parte nei vari corridoi della burocrazia italiana. In particolare ci sono misure che concernono l’apertura dei cantieri, la realizzazione di opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e la ripresa delle attività produttive. Si tratta di un testo complesso, il cui intento è sicuramente condivisibile ma la cui scrittura ha posto molte questioni e dubbi. Sicuramente si poteva fare meglio. Questo è il mio parere alla Commissione Affari Costituzionali che evidenzia i molti punti critici, anche da un punto di vista di costituzionalità, di questo provvedimento.
Il relatore COCIANCICH (PD), nell’illustrare il disegno di legge in titolo, segnala molteplici e rilevanti criticità circa la conformità delle disposizioni del decreto-legge, nonché delle modificazioni introdotte, in sede di conversione in legge, dalla Camera dei deputati, all’assetto costituzionale del riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, come pure in ordine al rispetto dell’autonomia normativa e finanziaria costituzionalmente riconosciuta alle Regioni e agli enti locali. Al riguardo, evidenzia il rischio di un potenziale carico di ulteriore contenzioso davanti alla Corte costituzionale per conflitto di competenza.
In particolare, all’articolo 1, comma 8-bis, rileva che la norma ivi prevista, nell’attribuire al Commissario l’autorizzazione a valersi, seppure in via subordinata, su risorse di competenza regionale, appare lesiva dell’autonomia finanziaria costituzionalmente riconosciuta alle Regioni e agli enti locali; al successivo comma 10-bis, evidenzia la necessità che, in sede di adozione del Piano di ammodernamento, sia previsto un coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali interessati.
In riferimento all’articolo 4, comma 3, lettera c-bis), osserva che la norma, nel definire le priorità tra le opere da realizzare con le risorse finanziarie escluse dal Patto di stabilità, appare invasiva dell’autonomia riconosciuta agli enti locali nella individuazione degli interventi.
Quanto all’articolo 5-bis, reputa non adeguatamente chiara la finalità della disposizione ivi prevista, che attribuisce allo Stato la mera facoltà di subentrare ad una Regione in tutti i rapporti attivi e passivi derivanti dalla concessione di costruzione.
In ordine all’articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), ritiene che le disposizioni ivi previste, relative all’individuazione degli enti di governo degli ambiti ottimali concernenti il servizi idrico integrato, presentino un contenuto eccessivamente prescrittivo a carico della Regione, in quanto è indicato l’atto con il quale provvedere e sono stabiliti termini perentori per adempiere e per esercitare eventualmente i poteri sostitutivi; alla lettera h), capoverso “Art. 158-bis“, a suo avviso appare opportuno chiarire la portata della disposizione, che sembra comportare l’approvazione obbligatoria dei progetti degli interventi ivi previsti, in tal modo ledendo l’autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali; al comma 5, segnala criticamente la portata normativa della disposizione che, nel prevedere una semplificazione delle procedure espropriative, con particolare riferimento alla relazione dello stato di consistenza e al verbale di immissione in possesso dei suoli, sembra attenuare, in misura non quantificabile, l’apporto dei rappresentanti delle Regioni e degli enti locali interessati.
Quanto all’articolo 8, rileva che, attraverso regolamenti di delegificazione, si interviene sul riordino complessivo della normativa relativa alla gestione delle terre e delle rocce da scavo, materia riconducibile anche alla competenza legislativa delle Regioni.
In riferimento all’articolo 16, segnala che le norme ivi previste, volte ad agevolare gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere della Regione Sardegna, appaiono di eccessivo dettaglio e quindi suscettibili di ledere la particolare forma di autonomia riconosciuta alle Regioni a Statuto speciale.
Quanto all’articolo 17, comma 1, alla lettera g), numero 3, capoverso d–ter), osserva che la disposizione, nell’introdurre un ulteriore parametro per stabilire l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, reca, al secondo periodo, misure di eccessivo dettaglio, potenzialmente lesive dell’autonomia normativa e finanziaria degli enti locali, profilo critico non risolto dalla presenza, al successivo numero 3-bis), capoverso 4-bis), di una disposizione di salvaguardia; alla lettera n), capoverso “Art. 23-ter“, comma 3, la disposizione appare, a suo avviso, significativamente lesiva delle competenze legislative regionali, soprattutto nella parte in cui prevede un obbligo di adeguamento alla legislazione statale, in mancanza del quale è disposta la diretta applicazione della normativa contenuta nel decreto-legge; alla lettera q), capoverso “Art. 28-bis“, evidenzia la violazione delle prerogative costituzionalmente attribuite all’ente locale nella definizione dei contenuti dei permessi di costruire e nella individuazione dei presupposti che li giustificano.
Sempre all’articolo 17, comma 3, segnala che la disposizione, nel configurare, in capo alle Regioni, un potere sostitutivo in caso di inadempienze dei comuni in materia edilizia, incide sull’autonomia normativa regionale, in particolare in quanto viene individuata la fonte con la quale il potere sostitutivo può essere esercitato.
In riferimento all’articolo 24, osserva che la disposizione ivi prevista, nel riconoscere ai comuni poteri e funzioni in materia di tutela e valorizzazione del territorio, pur essendo formulata come facoltà, presenta carattere di eccessivo dettaglio, con particolare riferimento alla norma relativa alla esenzione e riduzione dei relativi tributi.
Quanto all’articolo 31, rileva che la materia del turismo è riconducibile alla competenza legislativa residuale delle Regioni e che, come affermato dalla Corte costituzionale, la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è giustificata solo in presenza di una doverosa attività promozionale unitaria.
In ordine all’articolo 32, comma 1, appare necessario, a suo avviso, un coinvolgimento delle Regioni nell’individuazione dei requisiti per l’equiparazione dei Marina Resort alle strutture ricettive turistiche all’aria aperta.
Si sofferma, quindi, sull’articolo 33, segnalando, in primo luogo, che la disposizone, nel prevedere l’attivazione del potere sostitutivo dello Stato in materia di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana, opera in presenza del solo presupposto dell’inerzia degli enti competenti, mentre, come affermato dalla giurisprudenza costituzionale, è necessaria anche la sussistenza dell’ulteriore requisito delle “gravi ed eccezionali ipotesi”, di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, al comma 10, segnala criticamente la norma contenuta nel secondo periodo, la quale dispone che il decreto di approvazione del programma di rigenerazione urbana, adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sostituisce a tutti gli effetti gli atti amministrativi previsti dalla legislazione vigente, in tal modo potendo travolgere anche provvedimenti emanati dalle amministrazioni regionali e locali.
Formula, inoltre, alcuni rilievi riguardo al corretto rapporto tra le fonti normative, sia in quanto il decreto-legge incide su discipline oggetto di fonte di rango subordinato, sia perché sono previste forme di delegificazione in deroga alle procedure definite dalla legge n. 400 del 1988. Sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente, evidenzia criticamente la tendenza ad incidere su disposizioni di recente approvazione, la carenza di adeguati coordinamenti, nonché la presenza di norme la cui efficacia temporale appare estremamente limitata.
In particolare, all’articolo 8, segnala che le norme ivi previste, concernenti il riordino della disciplina delle terre e delle rocce da scavo, autorizzano il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione, secondo una procedura difforme rispetto a quella definita nell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e senza le relative garanzie procedurali; peraltro, non sono indicate le disposizioni di rango primario da abrogare e si fa ricorso all’espressione “principi e criteri direttivi”, formula tipica della delegazione legislativa.
Quanto all’articolo 17, recante misure di semplificazione in materia edilizia, evidenzia la necessità di non ricorrere all’atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di “resistenza” ad interventi modificativi successivi.
In ordine all’articolo 31-bis, in materia di operatività degli impianti a fune, osserva che, con disposizone di rango primario, si regola un oggetto già disciplinato da fonte di rango secondario: l’incoerente utilizzo delle fonti normative, benché in questo caso non dia luogo ad interpolazione tra norme di rango diverso, rende particolarmente ardua l’attività dell’interprete nella ricostruzione della disciplina applicabile.
Infine, all’articolo 32, al comma 1, evidenzia che il termine di efficacia della disposizione appare particolarmente ravvicinato, in quanto è fissato al 31 dicembre 2014.
Propone, quindi, di esprimere un parere non ostativo con le osservazioni nei termini indicati.