Come questa pietra è il mio pianto
Di fronte alle immagini della lapidazione di una giovane donna afghana di
soli 19 anni, si chiamava Rokhshana, non basta provare sgomento.
Il video che ritrae questa esecuzione sta facendo
il giro del web e giustamente fa orrore. Ma la nostra reazione non si può
fermare a questo. Da quando il Grande Gioco attorno all’Afghanistan si è
interrotto con il disimpegno de facto dell’Occidente sta facendosi largo l’idea che tutto ciò che avviene laggiù sia
inevitabile, ora che da lì non proviene più la principale minaccia di
terrore e sfida alle nostre democrazie. Che fare allora? Occorre tenere
alta in primo luogo l’attenzione verso le notizie, quasi sempre tragiche,
come nel caso di Rokhshana, che filtrano. Una settimana fa, in qualità di
capogruppo Pd in commissione Politiche dell’Unione europea di Palazzo
Madama e responsabile Ue per il partito, ho incontrato in Senato una
delegazione del Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane, che
da anni lavora sui temi dei diritti e opera a fianco di diverse
associazioni afghane sostenendo i loro progetti. Questi gruppi e queste
persone vanno sostenuti e a questo proposito ricordo che la legge di
stabilità ora in discussione prevede un aumento dei fondi per la
cooperazione. Quando si tratta di diritti umani la politica deve sempre fare la sua parte, sia che si parli
di Paesi toccati dalla Storia, sia che si tratti di persone che pagano,
come nel caso di questa giovane donna afghana, solo la colpa di vivere in
un contesto arretrato in cui il valore supremo della vita umana è il più
delle volte dimenticato.