Ci sono Capi a zig-zag
E poi ci sono i Capi a zig-zag.
Si sa: prima ci sono quelli quadrati, quelli tondi, quelli a forma di pera….
Ci sono i Capi con la bacchetta e quelli con il regolamento in mano. I Capi che hanno studiato il progetto, quelli che hanno fatto il corso, quelli che hanno letto tutti i numeri di Servire….
Sto parlando dei Capi con le strisce, magari con le bandierine, senz’altro di quelli con il questionario e con la griglia. I Capi che ti mettono in cerchio e dopodiché anche in riga. Dei Capi che con voce calma e suadente ti spiegano che i modelli-unitari-dettagliano-i-contenuti-imprescindibili-e-prioritari-affinché-lo-spessore-culturale-e-la-dimensione-vocazionale-contribuiscano-alla-competenza-metodologica-eccetera-eccetera-eccetera …. (Amen!).
Grazie, grazie. Grazie davvero tantissime. Tutto questo è molto bello, molto educativo, molto giusto. Non ci permetteremmo mai di metterlo in dubbio. Come potremmo d’altronde?
Tonnellate di scienza educativa, centenari di proposte pedagogiche, reti globali di interconnessioni tra agenzie educative…tutto dalla loro parte….
Ma poi zitti, zitti, arrivano loro (noi?). Chi ? i Capi a zig-zag. Con i capelli al vento, la faccia sporca di sole e l’aria di chi se ne infischia. Non molti. Anzi pochi. Chi lo sa! Magari due o tre. Forse di più. Imprevedibili, come le zanzare. Indefinibili come i macheruali. All’improvviso, come i temporali. Zig-zag, quasi non te ne accorgi. Ma dov’erano? Prima non c’erano. Anzi, no: erano già lì, che guardavano, con un filo d’erba tra i denti; sì mi sembra che fossero lì, in fondo alla via. E chi guardavano? Guardavano te. E perché? Non si sa. Ne sei sicuro? Non lo so ma quasi ci spero. Ma che succede? Niente. Niente. Cos’è questo strano rumore? Forse solo che gira un po’ il vento della vita. Si aprono le finestre, si può guardare più lontano, entra ossigeno nella stanza (nasce timido un piccolo desiderio di scendere per strada e di mettersi a cantare…).
Ma aspetta, ancora non si può.
Ecco qui, c’è un Capo a zig-zag che si aggira nel tuo cortile, ha bussato al tuo portone e devi decidere se gli vuoi aprire. Attenzione, attenzione! Potrebbe essere un pericolo, una minaccia. Potrebbe sconvolgere le abitudini, il quieto vivere. Non ha l’aria di uno che conosce l’articolo 18 del regolamento. E forse neppure l’articolo 37 dello statuto. Eppure mi sembra uno che di cose ne ha conosciute e ne ha vissute tante. O di uno che ancora non le sa ma è curioso ed è impaziente di scoprirle. Si, mi ha detto proprio così: “sono impaziente”. Ha strizzato un po’ l’occhio. E ha aggiunto ridendo che le vuole scoprire insieme a te. E perché proprio con me? Perché ha detto che ha fiducia in te. Fiducia? Proprio ora che cominciavi a non crederci più. Proprio ora che tutti, anche i tuoi genitori, i tuoi professori e persino il coadiutore del parroco ti avevano fatto capire che di fiducia, no, non ce n’era proprio più. Esaurita. Peggio che la benzina. Ed era andata a finire che l’avevi persa anche tu.
Zig-zag. Prende un pennello e colora di azzurro le tue scarpe. Pedalavi al buio ma lui ha acceso la dinamo della tua bicicletta. E’ ancora notte sulla città ma si cominciano a scorgere tante piccole luci lungo la strada….
Certo, ha le mani sporche. Sporche di grasso, l’olio per la catena. Dev’essere uno che se la ripara da sé. Mani forti, che ti sorreggono mentre inciampi. Poche parole, è vero. Però le parole giuste. I Capi a zig-zag non fanno grandi discorsi. A volte preferiscono i silenzi. Ascoltano. Guardano. Sembrano assorti. Poi raccontano. Piccole storie da niente, ma con una passione che accende la fantasia. E mentre raccontano spalancano le braccia e disegnano con le mani il profilo delle montagne, la cresta degli alberi che si muove nel vento; e nel racconto ti ritrovi a poco a poco avanzare nel sentiero della giungla: odi lontano il tamburo della tribù degli uomini rossi che avevano giurato sul corpo del gran capo Pacotapl vendetta per l’offesa ricevuta. Senti scricchiolare le foglie sotto ai piedi, sussulti: occhi ti osservano nascosti dal folto delle foglie e tu sei lì che cominci a fartela addosso dalla paura perché ti è stato appena spiegato quanto terribili sono le torture riservate ai bianchi fatti prigionieri. Eppure avanzi tra mille pericoli, liane, fosse nascoste per i leoni, verso la radura erbosa che cela il mistero della cassa in cui, si dice, stia sepolto il tesoro del pirata Morgan…. Ecco il punto dove scavare! La mappa è chiara “Dove l’ombra della grande quercia incontra quella della sequoia”. E mentre stai scavando freneticamente a mani nude e con un cucchiaio di ferro, senti sempre più forti quegli occhi che ti scrutano dalla foresta; il sudore ti imperla la fronte, un brivido scende lungo la schiena, scorgi con la coda dell’occhio il profilo di un guerriero che sta per saltarti addosso… ecco proprio in quel preciso momento, col tuo cuore che batte a mille, il Capo fa uno sbadiglio e dice: “ragazzi, buonanotte, questa la continuo domani sera…”
Perché sono fatti così i Capi a zig zag ti fanno sognare e dopo tu non ti puoi lamentare se poi se ne vanno a dormire.
Ricordo quella volta che mi ero preso matematica e chimica a settembre. La professoressa Massi era stata irremovibile. E’ chiaro che non le ero molto simpatico ma nell’ultima interrogazione non ero andato poi così male….sentivo in gola il sapore dell’ingiustizia. Davanti a me un’estate di compiti ed equazioni.
Ecco, quelli sono i momenti in cui ti servirebbe avere un Capo a zig zag che ti viene a cercare.
“Ehi ci sei?”
“Si! Mamma scendo un momento….”
“Come va?”
“Mah, insomma, cambiamo argomento…”
“Ma lo sai che ho trovato la seconda parte della mappa?”
“Quale mappa?”
“Ma come quale?!! Non ti ricordi che la cassa di Morgan era vuota?”
“Ma veramente…”
“Stai zitto, per favore. Lasciami finire: ho trovato la seconda parte della mappa, ti dico. Sono certo che questa volta ci porta dritti al tesoro. Solo che il vecchio Morgan ci ha voluto rendere complicata la vita”.
“In che modo?”
“Il vecchiaccio si è divertito a darci le coordinate con delle equazioni di secondo grado. Dobbiamo decifrarle, mi puoi dare una mano?”
“Sai io con la matematica..”
“Non voglio sentire scuse, domani sera a casa mia. Anch’io non ci capisco molto però ci sarà anche Franco e lui è un genio…” .
“A va bene, allora…”
“Ciao ti aspetto, e non dimenticare la parola d’ordine..”
Perché in definitiva i Capi a zig zag hanno questo di bello: si interessano a te. Sul serio. Sembra che i tuoi problemi siano i loro problemi. Non sono lì per giudicarti anche se certe volte ti fanno delle sfuriate che neppure tua madre sarebbe capace di fare. Però ci tengono. Per davvero. Fanno il tifo come se dovessi segnare il gol della vita ogni domenica. E se tiri fuori il calcio rigore sono capaci di invadere il campo e prenderti a pedate. Ma è solo perché si capisca che ci tengono. Che tengono a te più di ogni altra cosa. Che non sei trasparente, un cellophane dell’esistenza, un ectoplasma senza un destino. No, il tuo destino sembra il loro. Solo che ti lasciano costruirlo da solo. A volte non ti dicono niente oppure, semplicemente: “adesso tocca a te”. Se ci sono dei rischi da correre per te se li corrono tutti, eccome se li corrono! Ma se ci sono dei vantaggi, ecco sembra proprio che i vantaggi non li vogliano. Niente applausi, niente ringraziamenti, niente parole di troppo. Una stretta di mano e via, come sempre: poche parole, molti fatti.
Sono strani questi capi a zig zag, però hanno un modo di guardare che ti affascina. Ti guardano negli occhi ma poi distolgono lo sguardo in fretta e ti domandano: “hai visto da che parte sale il sentiero della montagna?”. Tu ovviamente non hai neppure cominciato a vederla, la montagna. Ma loro hanno già lo zaino in spalla e si avviano dicendo “saliamo sulla cima”. Ed è così che condividono i passi, la borraccia, il freddo della notte, il caffè della mattina. E mentre stringi una tazza tra le mani rifletti che anche se la strada non è sempre dritta, che ci sono spesso delle curve, dei tornanti, che a volte sembra di tornare indietro, insomma mentre rifletti che nonostante tutti i nostri sforzi per semplificare e rettificare è proprio la vita che è fatta irrimediabilmente a zig zag, (forse è per questo che si rifiuta di farsi cucire stretta nelle caselle di programmi, moduli e progetti che avevamo immaginato per lei) ecco, ci sono degli uomini e delle donne per i quali questo non è poi così un gran problema. Ci sono uomini e donne per i quali la vita è un’avventura, un gioco straordinario e appassionante, proprio perché sconosciuta e sempre nuova. Da affrontare con gusto, creatività e fantasia. Uomini e donne competenti, certo, ma sempre in grado di distinguere tra ciò che sono gli obiettivi e quel che sono dei semplici strumenti. Ti incammini insieme a loro, intuisci che tutto questo non è solo metodo e neppure una filosofia: è un modo di essere, di guardare l’esistenza. Potremmo forse dire: uno stile.
Si inerpica ancor di più il sentiero e Lassù, più in Alto, cominciamo a intravedere la Cima.
Lorenzo
7 Giugno 2013 @ 09:04
Grazie Roberto.
Sono un vecchio (nel senso anagrafico) scout, e rileggendo le tue righe mi trovo a pensare a quanto sia stato bello zizzaggare tanti anni in questa magnifica realtà dello scoutismo che dev’essere fatta di persone, di esperienze e non di codici.
Un abbraccio e buona strada, vado a togliere un po’ di polvere alla mia promessa.
L.
Christian
7 Giugno 2013 @ 18:34
Uao .. Uao Uao .. Grazie .. ogni volta leggerti mi dà rinnovata fiducia ed entusiasmo ..
Michele
19 Giugno 2013 @ 19:57
Ciao Roberto,
sono anch’io uno scout sessantacinquenne, con il mio zanio sulle spalle e un bel pò di ragazzi da seguire, ma non smetto pechè quando si è scout si è per tutta la vita!!! Comunque devo zig-zagare anche perchè al parroco dove l’associazione è allocata, lo scautismo non piace, è un neocatecumenale con tanto di suv e profumo all’ultimo grido….!!! che ne pensi…!!!
Ti saluto con la mano sinistra e ti auguro buona strada
Michele
p. s. se vuoi puoi contattarmi michelecolonna@libero.it
Salvatore Petrelli
15 Agosto 2013 @ 10:39
E’ ancora vivo il ricordo di quel ferragosto in partenza per Parigi per la GMG con sul tuo volto la preoccupazione di chi, sentendo la responsabilità del coordinatore, sa di avere il bastone e la bisaccia per guidare il cammino ad un “popolo”. Ho seguito spesso le tue riflessioni su Servire soprattutto quando ero in servizio attivo nell’Agesci. Anche oggi volentieri mi piace fermarmi a seguire l’associazione attraverso la stampa come attraverso ragazzi e capi che incontro. Lo ero già prima convinto come lo sono ancor più oggi delle diverse sfaccettature che come “capi” abbiamo sempre dato, oggi alla luce anche degli imput di Papa Francesco, mi rendo conto che nella buona formazione c’è bisogno di tanto silenzio al pari di tanta testimonianza più che di regolamenti rigidamente vincolanti. Grazie e buona strada all’Agesci e a te Roberto.
Salvatore Petrelli
lucio Cosmo
19 Novembre 2013 @ 19:19
Un capo della mia CoCa ha letto l’articolo e mi ha detto che gli sono venuto in mente. Roberto ti ringrazio per aver scritto questo racconto, perchè io ho sempre inteso così lo scoutismo. Tessuto di vite che si intrecciano, meraviglioso patch-work di aspirazioni, sentimenti, voglia di crescere… per i regolamenti ci sono quelli più bravi di me. Io preferisco zig-zagare.
Berardo Diodati
18 Dicembre 2013 @ 14:10
Grazie Roberto!
Quant’è vero che il capo zig zag ti guarda in modo diverso, uno sguardo di amore che ti affascina, quant’è vero che si interessano a te e i problemi dei ragazzi diventano i loro!!!! Ma quant’è bello riconoscere tra di noi i capi zig zag!!!
Noi a Giulianova ne abbiamo perso uno e domani ricorre un mese dalla Partenza del nostro caro Sergio…il nostro capo zig zag, poche parole pochi applausi, pochi Suoni, ma tanta testimonianza tanto esempio che oggi Tuona!!!
Voglio condividere con Voi un articolo in Suo ricordo!
http://www.agesciabruzzo.it/il-ricordo-di-fratello-caro-sergio-scoiattolo-rosicante/
Grazie e Buon Natale a tutti Voi!
Anch’io preferisco zigzagare!
Giovanni Palagi
20 Dicembre 2013 @ 19:07
2014, e ancora zig-zagando è di nuovo Route! Quanti anni dal Monte Amiata e quanti da Villetta Barrea … sempre zig zagando (non senza qualche ruzzolone). E siamo ancora qui per “proseguire il cammino” sempre zig-zagando sì, ma con una canzone sulle labbra e il Giglio nel cuore. Buona Strada a tutti i capi “a Zig-Zag” di ieri di oggi e di domani.
Luca Caratti
5 Marzo 2014 @ 10:38
Ciao Roberto, sempre un piacere leggerTi. grazie.
a presto
Luca
Livia
6 Marzo 2014 @ 10:18
Pochi capi sanno essere così, e purtroppo questo modo di essere capo è così assorbente che non tuttipossono essere così o bisogna fare grandi sacrifici e compromessi. Non mi meraviglia leggere commenti di solo capi uomini, non è un caso.
Luigi
6 Marzo 2014 @ 11:54
Scusate ma i capi non a zig zag come guarderebbero i ragazzi quindi?
Ci sono Capi a zig-zag – WebRadioScout – Sulle onde dello Scautismo
2 Gennaio 2021 @ 22:44
[…] “Si sa: prima ci sono quelli quadrati, quelli tondi, quelli a forma di pera…. Ci sono i Capi con la bacchetta e quelli con il regolamento in mano. I Capi che hanno studiato il progetto, quelli che hanno fatto il corso, quelli che hanno letto tutti i numeri di Servire…. Sto parlando dei Capi con le strisce, magari con le bandierine, senz’altro di quelli con il questionario e con la griglia. I Capi che ti mettono in cerchio e dopodiché anche in riga. Dei Capi che con voce calma e suadente ti spiegano che i modelli-unitari-dettagliano-i-contenuti-imprescindibili-e-prioritari-affinché-lo-spessore-culturale-e-la-dimensione-vocazionale-contribuiscano-alla-competenza-metodologica-eccetera-eccetera-eccetera …. (Amen!). Grazie, grazie. Grazie davvero tantissime. Tutto questo è molto bello, molto educativo, molto giusto. Non ci permetteremmo mai di metterlo in dubbio. Come potremmo d’altronde? Tonnellate di scienza educativa, centenari di proposte pedagogiche, reti globali di interconnessioni tra agenzie educative…tutto dalla loro parte…. Ma poi zitti, zitti, arrivano loro (noi?). Chi ? i Capi a zig-zag. Con i capelli al vento, la faccia sporca di sole e l’aria di chi se ne infischia. Non molti. Anzi pochi. Chi lo sa! Magari due o tre. Forse di più. Imprevedibili, come le zanzare. Indefinibili come i macheruali. All’improvviso, come i temporali. Zig-zag, quasi non te ne accorgi. Ma dov’erano? Prima non c’erano. Anzi, no: erano già lì, che guardavano, con un filo d’erba tra i denti; sì mi sembra che fossero lì, in fondo alla via. E chi guardavano? Guardavano te. E perché? Non si sa. Ne sei sicuro? Non lo so ma quasi ci spero. Ma che succede? Niente. Niente. Cos’è questo strano rumore? Forse solo che gira un po’ il vento della vita. Si aprono le finestre, si può guardare più lontano, entra ossigeno nella stanza (nasce timido un piccolo desiderio di scendere per strada e di mettersi a cantare…). Ma aspetta, ancora non si può. Ecco qui, c’è un Capo a zig-zag che si…”(continua a leggere) […]