XVII Legislatura: 5 anni bellissimi, atroci, importanti
Si è tenuta due giorni fa quella che è stata probabilmente l’ultima seduta del Senato di questa legislatura. Un po’ come l’ultimo giorno di scuola e dunque…. Dunque è giusto tentare qualche valutazione di come è andata anche se generale. Magari nei giorni prossimi cercherò di offrire qualche ulteriore approfondimento.
Sono stati cinque anni davvero intensi, appassionanti, importanti non solo per la Storia grande del nostro Paese ma anche per la storia piccola della mia vita e di coloro che ne fanno parte. Molti di coloro che leggeranno queste righe sanno che mi riferisco a loro.
Come diceva Neruda: “confesso che ho vissuto…”. Ho cercato di incontrare, di conoscere, di scambiare qualcosa con tutti, piccoli e grandi, persone famose e perfetti sconosciuti. Nei confronti di tutti ho cercato di pormi con semplicità, senza pregiudizi e con curiosità essendo consapevole che erano di più le cose che avevo da imparare di quelle che potevo insegnare. Così effettivamente è stato.
Mi sono sforzato di non replicare mai agli insulti con insulti, di cercare il dialogo anche con chi aveva posizioni profondamente diverse dalle mie e al tempo stesso di tenere il punto, di non annacquare le mie convinzioni per quieto vivere o per ricerca di un facile consenso. Ho coltivato la benevolenza senza smarrire la capacità di indignarmi. Certe volte è stato necessario.
Mi sono sforzato in ogni luogo e ora di mantenere il sorriso e uno sguardo positivo sugli altri e sul mondo non per effetto di una lettura ingenua e naif di come vanno le cose ma come unica forma possibile di resistenza, o meglio: di resilienza verso il progressivo diffondersi della volgarità, del pessimismo e della depressione che vedo crescere intorno a me. Ad esse io non intendo cedere. quindi avanti, a testa alta e sorridendo.
Ho viaggiato intensamente attraverso l’Italia e il Mondo, ho voluto andare incontro alle persone dove esse vivono, lottano, sperano senza aspettarle chiuso nelle mie stanze. Non c’é una sola Regione della nostra bella Penisola dove non sia stato per qualche incontro o dibattito e così pure ho avuto la fortuna (ma – lo rivendico – anche la caparbietà) di attraversare da Nord a Sud e da Est a Ovest il nostro bel Pianeta: da Vancouver in Canada a Pechino in Cina, da Nairobi a Libreville, da Erbil, a Damasco, a Gerusalemme, a Mexico City… Ovunque ho incontrato persone che guardavano all’Italia con interesse e aspettative e ho cercato di raccontare il nostro Paese come una Nazione che merita fiducia, investimenti, scambi commerciali. C’è molta voglia di Italia nel Mondo ma anche tanti pregiudizi negativi. Per superarli dovremo lavorare molto ma qualche volta anche tenere la schiena più dritta.
Ai tanti italiani che vivono all’estero e che fanno onore al nostro Paese ho portato la nostra gratitudine per il lavoro di rappresentanza che svolgono e al tempo stesso ho ascoltato la loro frustrazione per sentirsi troppo spesso dimenticati e abbandonati. Con molti di loro sono nate delle amicizie profonde e sincere e spero che potremo continuare a rafforzare i nostri legami e la nostra collaborazione in futuro.
Avendo fatto parte delle Commissioni Esteri, Affari Costituzionali e Politiche Europee ho avuto modo di essere spesso al centro di dibattiti su temi strategici e fondamentali e soprattutto su grandi riforme: quella della PA, il Terzo settore, la cooperazione Internazionale, le leggi elettorali, il finanziamento pubblico ai partiti e ovviamente la grande riforma costituzionale. Quest’ultima è stata anche la grande sconfitta e la grande amarezza ma io, nel pieno rispetto del voto degli italiani, ancora sono convinto che fosse una riforma buona e che sia stata una grande occasione perduta per il nostro Paese. E’ stata quella anche l’occasione per constatare piroette e voltafaccia di coloro che inizialmente l’avevano sostenuta e votata salvo poi votare contro per motivi non del tutto dicibili e il coraggio di persone come Matteo Renzi e e Maria Elena Boschi che hanno provato fino in fondo, senza riuscirci, a cambiare il nostro Paese. Il tempo è galantuomo, non ne passerà molto senza che si rilegga quella pagina in modo assai diverso da come oggi viene liquidata dai principali commentatori politici.
Grazie al ruolo di capogruppo PD in commissione Politiche Europee ho avuto modo di visitare frequentemente la nostra capitale n. 2, cioè Bruxelles, di conoscere meglio i meccanismi della UE e tanti nostri funzionari in gamba che combattono quotidianamente battaglie durissime senza che la maggior parte di noi neppure se ne renda conto. Sono grato a Sandro Gozi, a Patrizia Toja e tanti parlamentari Europei per il bel lavoro anche di squadra che abbiamo fatto. Ho avuto il privilegio di essere relatore di alcuni importanti disegni di legge, alcuni molto tecnici come la Legge Europea e la legge di Delegazione Europea altri più di sistema come la Legge sull’Editoria o sulla sulla prevenzione del radicalismo Jiadista.
Nei dibattiti sulle riforme che riguardavano i diritti civili (ad esempio il biotestamento, le unioni civili..) ho cercato di mantenere una posizione che fosse legata all’attenzione delle persone e ai loro bisogni in concreto, rifuggendo da approcci ideologici di una parte o dell’altra. Ad alcuni amici questo è piaciuto ad altri no. A distanza di qualche tempo continuo ad essere d’accordo con me stesso. Ritengo di avere anche pagato il prezzo di una certa emarginazione da parte di chi non ha apprezzato, cosa che mi è dispiaciuta e mi ha fatto soffrire ma che probabilmente è inevitabile quando si discute di questioni serie.
Soprattutto al tema dei migranti, della cittadinanza e della cooperazione internazionale ho dedicato l’ultima parte di questo mandato e sono grato a chi, innanzitutto Matteo, mi ha dato la possibilità di misurarmi su temi così importanti e centrali rispetto ai quali sento un profondo coinvolgimento intellettuale ed emotivo.
Dunque? Dunque è stato bellissimo. Atroce e bellissimo. Atroce ed importante.
Ricomincerei? subito senza esitazione e con la medesima passione ed entusiasmo di prima.
Ricomincerò? Lo spero molto ma ovviamente non dipende solo da me. Sono convinto che una candidatura non debba essere solo un progetto individuale ma un progetto di squadra. I giocatori si devono allenare al meglio ma poi è il CT (e a volte anche i tifosi che ti sostengono ma che anche ti giudicano) che deve decidere quale è la squadra migliore da mettere in campo. Se mi sarà data la possibilità di giocare questo gioco bello, atroce ed importante lo farò al meglio delle mie possibilità e con un pizzico in più di esperienza che secondo me non guasta.
Altrimenti continuerò a dare un contributo al mio Paese cercando di svolgere al meglio la mia professione di avvocato e offrendo il mio punto di vista alla comunità politica che mi ha accolto cinque anni fa, quella del PD, in cui ho conosciuto tante persone straordinarie a cui resterò tutta la vita grato per avermi dato la possibilità di condividere un tratto di strada e di vivere e sperare insieme a loro.