Ecco la relazione che ho svolto il 28 maggio 2014 davanti alla Commissione delle Politiche Europee sul progetto di riforma della Costituzione. Il punto centrale sono le funzioni di natura Europea che potrebbero essere affidate al futuro Senato che con un emendamento separato ho proposto venga a chiamarsi Senato dell’Europa e delle Autonomie.
In estrema sintesi ecco le idee principali:
1. attribuire al Senato una funzione di raccordo tra le autonomie regionali e locali, da una parte, e le istituzioni europee dall’altro;
2. prevedere che il Senato deleghi un proprio rappresentante a partecipare con il Ministro competente, a partecipare ai lavori del Consiglio dell’Unione (così come avviene inoltri Paesi come ad esempio la Germania)
3. Costituzionalizzare i poteri di controllo del Parlamento (previsti dal Trattato d Lisbona) sugli atti delle?Unione Europea e in particolare per quanto riguarda il rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;
4. Prevedere a livello costituzionale che il Parlamento italiano possa partecipare a forme di collaborazione interparlamentare con gli altri parlamenti Europei;
5. Prevedere che lo Stato possa sostituirsi con un un intervento suppletivo, anticipato e cedevole” alle regioni che siano inerti di fronte agli obblighi di recepimento delle norme europee. In tal modo si potrebbero evitare le sanzioni per violazione dei Trattati derivanti dalla mancata introduzione a livello regionale (oggi abbiamo il record europeo);
La relazione è stata approvata da quasi tutti i gruppi parlamentari (voto contrario solo da parte della Lega:paradossale visto che le proposte sono mirate a dare più potere alle Regioni!).
Queste proposte sonno state poi trasferite in emendamenti di cui riferirò in un altro post.
PARERE DELLA 14a COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell’Unione europea)
(Estensore: COCIANCICH)
Roma, 28 maggio 2014
Sul disegno di legge costituzionale:
(1429) Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione
La 14ª Commissione permanente, esaminato il disegno di legge costituzionale in titolo,
valutato che, nella seduta del 6 maggio 2014 della Commissione Affari costituzionali, esso è stato adottato quale testo base dell’esame in sede referente dei diversi disegni di legge di riforma del bicameralismo paritario;
valutato che il disegno di legge costituzionale in titolo trasforma il Senato per quanto concerne: la modalità di elezione; la composizione numerica; la compartecipazione alla relazione fiduciaria con il Governo; la partecipazione al procedimento legislativo;
valutato che il disegno di legge conferisce poteri procedurali al Governo nel procedimento legislativo presso la Camera dei deputati, a fini di certezza temporale della deliberazione finale, sopprime il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e incide sul titolo V della Costituzione, per i seguenti riguardi: la soppressione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni; l’attribuzione di alcune nuove materie alla legislazione esclusiva dello Stato, fermo restando che tutte le materie non statali esclusive sono regionali esclusive (salvo intervento statale per “esigenze di tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o di realizzazione di programmi o riforme economico-sociali di interesse nazionale”); la limitazione degli emolumenti ai membri degli organi regionali (e soppressione dei trasferimenti monetari ai gruppi nei Consigli regionali); la soppressione dei riferimenti nel testo costituzionale alle Province;
richiamato il disposto dell’articolo 23, comma terzo, del Regolamento, in base al quale la Commissione Politiche dell’Unione europea formula un parere sui disegni di legge all’esame del Senato anche «in merito ai rapporti delle Regioni con l’Unione europea, di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, alla partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla formazione ed all’attuazione degli atti normativi comunitari, di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, alla disciplina dei casi e delle forme in cui le Regioni possono concludere accordi con Stati o intese con enti territoriali interni ad altri Stati membri dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 117, nono comma, della Costituzione, nonché al rispetto del principio di sussidiarietà nei rapporti tra l’Unione europea e lo Stato e le Regioni, di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione»;
ricordato il ruolo particolarmente attivo del Senato nel processo di partecipazione alle procedure europee di verifica del principio di sussidiarietà e del dialogo politico, soprattutto successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Il Senato, da alcuni anni, è stabilmente la seconda Camera per attività nelle questioni europee tra le 41 Camere dell’Unione, così contribuendo a migliorare la democraticità del procedimento legislativo europeo e la consapevolezza dei parlamentari sulla dimensione necessariamente sovranazionale in cui sono inserite le deliberazioni che assumono sul piano interno;
richiamata la Risoluzione approvata dalla 14a Commissione il 23 ottobre 2013 a conclusione dell’esame dell’affare assegnato sul rafforzamento della partecipazione del Senato della Repubblica alla formazione della legislazione europea (Doc. XXIV, n. 11), in cui era stato prefigurato, de jure condendo, un ruolo e una funzione del Senato quale istituzione legislativa vocata, in via preferenziale, ad avere competenza nel raccordo tra la dimensione sovranazionale dell’Unione europea e la dimensione territoriale delle Regioni,
formula, per quanto di competenza, parere non ostativo, con le seguenti condizioni:
1) Per quanto riguarda la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni alla delegazione nazionale che rappresenta l’Italia in seno al Consiglio dell’Unione, si ricorda che una tale possibilità è già oggi prevista dall’articolo 5, comma 1, della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge “La Loggia”). La norma consente la partecipazione delle Regioni e delle Province autonome, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea. La norma precisa che, nelle materie di competenza esclusiva delle Regioni, il Capo Delegazione può essere anche un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma.
Una disciplina simile è prevista anche in Germania. L’articolo 23, paragrafo 6, della Costituzione tedesca dispone, infatti che, quando sono primariamente coinvolti i poteri legislativi esclusivi dei Länder, l’esercizio dei diritti spettanti alla Repubblica federale di Germania come Stato membro dell’Unione europea è attribuito a un rappresentante dei Länder designato dal Bundesrat, con la partecipazione e la concorrenza del Governo federale.
Si ritiene, pertanto, necessario che la Commissione di merito effettui un approfondimento – in analogia alla citata disciplina tedesca – sulla partecipazione di rappresentanti delle Regioni, che siano designati dal Senato, alla delegazione italiana in seno al Consiglio dell’Unione;
2) Il disegno di legge costituzionale in titolo non prevede la cosiddetta “clausola europea”, attraverso la quale – nelle Costituzioni nazionali – si fissa il principio della partecipazione dello Stato membro all’Unione europea. Una tale previsione è, ad esempio, prevista nella Costituzione francese (articolo 88-I) e nella Costituzione tedesca (articolo 23).
La Costituzione italiana vigente non prevede un articolo specifico che regoli la partecipazione all’Unione europea. Esiste la disposizione generale che regola la partecipazione dell’Italia alle organizzazioni internazionali (art. 11 Cost.) e l’articolo che, nel disciplinare il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, obbliga l’uno e le altre al rispetto dei vincoli derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione (art. 117 Cost.).
Entrambi questi articoli – e soprattutto l’articolo 11 – hanno costituito la base costituzionale per legittimare il processo di partecipazione dell’Italia all’Unione europea e da essi appare opportuno, in questa sede, non discostarsi;
3) Il disegno di legge costituzionale in titolo, inoltre, non prevede alcuna disposizione volta a dare rilievo costituzionale al ruolo che il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, per la prima volta nella storia dei Trattati europei, ha attribuito ai parlamenti nazionali, nell’ambito del procedimento di formazione della legislazione dell’Unione e in altri ambiti.
In particolare, secondo l’articolo 12 del Trattato sull’Unione europea, come riformulato dal Trattato di Lisbona, i parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell’Unione: a) venendo informati dalle istituzioni dell’Unione e ricevendo i progetti di atti legislativi dell’Unione in conformità del Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea; b) vigilando sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo le procedure previste dal Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità; c) partecipando, nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ai meccanismi di valutazione ai fini dell’attuazione delle politiche dell’Unione in tale settore, in conformità dell’articolo 70 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ed essendo associati al controllo politico di Europol e alla valutazione delle attività di Eurojust, in conformità degli articoli 88 e 85 di detto Trattato; d) partecipando alle procedure di revisione dei Trattati in conformità dell’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea; e) venendo informati delle domande di adesione all’Unione in conformità dell’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea; f) partecipando alla cooperazione interparlamentare tra i parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo in conformità del Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea.
Questa molteplicità di “poteri europei”, attribuiti ai parlamenti nazionali, sono dunque esercitabili dal Parlamento italiano, o congiuntamente quando nei Trattati è richiamata la dizione «parlamento nazionale» o disgiuntamente quando nei Trattati è richiamata la dizione «ciascuna Camera». Alcuni di questi compiti sono infatti attribuiti specificamente non già ai parlamenti nazionali, ma, trattandosi di parlamenti bicamerali, a ciascuna Camera di essi.
In particolare, l’articolo 8 del Protocollo (n. 1) sul ruolo dei parlamenti nazionali dispone che «quando il sistema parlamentare nazionale non è monocamerale, gli articoli da 1 a 7 si applicano alle camere che lo compongono». Questi articoli prevedono l’informativa ai parlamenti nazionali sui documenti non legislativi della Commissione europea (articolo 1), l’informativa ai parlamenti nazionali sui progetti di atti legislativi dell’Unione (articolo 2), il potere per i parlamenti nazionali di inviare «ai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione» un parere motivato sulla conformità del progetto al principio di sussidiarietà (articolo 3), l’informativa ai parlamenti nazionali sui lavori del Consiglio dell’Unione (articolo 5), l’informativa ai parlamenti nazionali sulle iniziative del Consiglio europeo finalizzate all’attivazione delle clausole passerella (articolo 6), la trasmissione ad opera della Corte dei conti europea della sua relazione annuale ai parlamenti nazionali (articolo 8).
Altri articoli dei Trattati – come per esempio quelli sulla partecipazione ai processi di revisione dei Trattati – prevedono interventi diretti dei parlamenti nazionali o delle rispettive Camere, istituendo quindi ulteriori specifici “poteri europei” dei parlamenti nazionali.
Tali poteri sono stati integralmente “recepiti” nella normativa interna con una delle principali riforme approvate nella scorsa legislatura, rappresentata dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha modificato le disposizioni ordinamentali che regolavano il processo di partecipazione dell’Italia all’Unione europea, risalenti alla legge n. 11 del 2005 (c.d. Legge Buttiglione) e prima ancora alla legge n. 86 del 1989 (c.d. Legge La Pergola). La normativa di cui alla legge n. 234 del 2012 ha avuto cura di distinguere i casi in cui l’intervento dei «parlamenti nazionali» fosse richiesto in quanto tale e i casi in cui l’intervento fosse richiesto «a ciascuna Camera».
Appare, pertanto, necessaria un’apposita previsione che codifichi a livello costituzionale l’intervento diretto del Senato e della Camera nelle procedure europee e primariamente nelle procedure di controllo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, secondo quanto previsto dal Protocollo n. 2 e in base all’interpretazione evolutiva avutasi con il cosiddetto dialogo politico;
4) L’intervento del Senato e della Camera nelle procedure europee appare meritevole di inserimento nella riscrittura della Carta fondamentale anche in riferimento alla cosiddetta cooperazione interparlamentare nell’Unione europea. Essa consiste in quei raccordi verticali e orizzontali tra le varie Camere europee che fungono da articolazione necessaria di quello che è stato definito come il sistema parlamentare euro-nazionale, decisivo per il buon funzionamento e per gli equilibri futuri della democrazia europea. Il controllo e la legittimazione democratica degli assetti europei in via di definizione richiedono una partecipazione politica forte sia del Parlamento europeo che dei parlamenti nazionali e la strada disegnata dal Trattato di Lisbona è quella della dimensione parlamentare europea.
La base giuridica di tale cooperazione è costituita dalla lettera f) dell’articolo 12 del Trattato sull’Unione europea (prima citata) e dagli articoli 9 e 10 del Protocollo n. 1 allegato ai Trattati. In base all’articolo 9, «il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali definiscono insieme l’organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare in seno all’Unione», mentre l’articolo 10 è riferito espressamente alla COSAC, a cui partecipa una delegazione della Commissione Politiche dell’Unione europea, come stabilito dall’articolo 23, comma 1, ultimo periodo, del Regolamento del Senato, secondo cui “la Commissione cura altresì, per quanto di sua competenza, i rapporti con il Parlamento europeo e con la Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari dei Parlamenti nazionali degli Stati dell’Unione”.
Un’altra base giuridica è costituita dall’articolo 13 del Trattato sul fiscal compact che, insieme con la citata previsione dell’articolo 9, è alla base della neo-istituita Conferenza sulla governance economica.
Pertanto, anche per i poteri delle Camere dei parlamenti nazionali connessi alla cooperazione interparlamentare, appare necessario prevedere un’apposita norma nel nuovo testo della Costituzione che codifichi la partecipazione del Senato e della Camera alle varie forme di cooperazione interparlamentare con il Parlamento europeo e tra i parlamenti nazionali previste dai Trattati.
In tal modo – anche se nel suo ruolo di istituzione chiave della cooperazione interparlamentare con i parlamenti nazionali – si avrebbe una menzione all’interno della Carta fondamentale, del Parlamento europeo, già richiamato espressamente nei regolamenti del Senato (articoli 23, 143 e 144-quater) e della Camera (articoli 125 e 127-ter).
5) Al fine di evidenziare in maniera più chiara gli aspetti menzionati nei due precedenti paragrafi 3 e 4, il nuovo articolo 55, comma quarto, della Costituzione, come modificato dall’articolo 1 del disegno di legge costituzionale in titolo, potrebbe essere suddiviso in due distinti commi.
Il primo potrebbe enucleare le funzioni “nazionali” del Senato, con l’aggiunta della dimensione europea nell’oggetto del “raccordo”. Conseguentemente, il Senato rappresenta le istituzioni territoriali, concorre alla funzione legislativa ed esercita la funzione di raccordo tra l’Unione europea, lo Stato e le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni. Il Senato svolge inoltre attività di verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio.
Il secondo comma potrebbe enucleare le funzioni “europee” del Senato e della Camera dei deputati, attività per le quali si riespanderebbe la tendenziale parità delle funzioni, fortemente attenuata – per le addotte ragioni di semplificazione delle procedure e rapidità delle decisioni – nella logica del disegno di legge governativo. Pertanto, il nuovo articolo 55, comma quinto, sancirebbe la partecipazione di Camera e Senato alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi dell’Unione europea, l’esercizio del controllo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, l’esercizio degli altri poteri previsti per le Camere dei parlamenti nazionali, nonché la partecipazione alle varie forme di cooperazione interparlamentare con il Parlamento europeo e gli altri parlamenti nazionali;
Inoltre tale estensione del procedimento legislativo bicamerale deve riguardare non solo le “leggi ordinamentali”, concernenti la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, come è tipicamente la legge n. 234 del 2012, ma anche la legge di delegazione europea e alla legge europea, anch’esse “leggi ordinamentali” che assicurano il periodico adeguamento dell’ordinamento interno all’ordinamento europeo e l’attuazione dei vincoli che da esso ne derivano.
La partecipazione paritaria al procedimento legislativo si rende necessaria anche per la visione “unificante” delle posizioni dei territori attribuita dalla filosofia di fondo dell’articolato in esame al Senato. Si ricorda invero che, ai sensi dell’articolo 117, comma quinto, della Costituzione (non modificato dalla riforma in esame), le Regioni e le Province autonome provvedono all’attuazione degli atti dell’Unione europea, fatto salvo l’esercizio del potere sostitutivo per i casi di inadempienza disciplinato in base a «norme di procedura stabilite da legge dello Stato». Tale potere sostitutivo è stato codificato da tempo nella normativa interna ed è ora previsto dall’articolo 41 della legge n. 234 del 2012. Il contenuto essenziale di tale disciplina consiste nell’attribuzione allo Stato di un potere di intervento suppletivo, anticipato e cedevole, in caso di inadempimento delle Regioni e delle Province autonome all’obbligo di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.
L’attribuzione di un potere legislativo bicamerale assicurerebbe quindi quella funzione “unificante” e di “raccordo” delle esigenze delle Regioni che costituisce il tratto tipico della configurazione del Senato come risultante dalla filosofia di fondo della riforma prefigurata nel provvedimento in titolo.
Conseguentemente, l’articolo 70 della Costituzione andrebbe integrato prevedendo che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente per le leggi ordinamentali che riguardano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa dell’Unione europea e per le leggi ordinamentali che regolano il processo di attuazione di vincoli derivanti dall’ordinamento europeo, che, a legislazione vigente, sarebbero costituite dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea.
Roberto Cociancich