L’orrore più grande
Innumerevoli sono le immagini che giungono a documentarci l’orrore che si consuma in Siria ad opera dei fanatici dell’IS: decapitazioni, fucilazioni, lapidazioni, roghi di prigionieri messi in gabbia… Una immagine fra tutte però mi ha profondamente colpito e particolarmente disgustato: quella dell’esecuzione di oltre 20 prigionieri nel anfiteatro di Palmira ad opera di ragazzini tra i 13 e 14 anni. Qui non si tratta solo di un ennesimo barbaro assassinio di prigionieri. Qui c’è qualcosa di più angosciante e atroce: che siano stati mandati proprio dei giovani ragazzini a sparare in testa ai loro concittadini schierati sul fronte avverso equivale ad uccidere, oltre a prigionieri inermi, anche quel briciolo di umanità in erba che c’è sempre in un cuore giovane. Significa uccidere insieme vittima e carnefice. Di più: significa uccidere ogni speranza di futuro, sradicare dalle generazioni a venire il sentimento di ogni possibile pietà, negare la possibilità un giorno di riconoscersi uomini tra uomini e non solo nemici da abbattere. In quell’Anfiteatro di Palmira, perla dell’Antichità, luogo di splendore, di fronte ad un pubblico di spettatori colpevole quanto gli attori, sono stati uccisi con colpi a raffica i prigionieri, il senso di umanità di quei ragazzi, il futuro di quelle terre tormentate, la speranza per tanti anni anni di un futuro di pace.