L’Italia che non c’era, il libro di Monica Cirinnà
Sono stato ieri alla presentazione del libro di Monica Cirinnà “L’Italia che non c’era” presso la libreria Feltrinelli di Milano. Monica era intervistata da Sergio Rizzo davanti ad una vasta platea di lettori e di attivisti LGBT che in una certa misura sono stati anche partecipi delle vicende raccontate nel libro, cioè l’iter di approvazione della legge sulle unioni civili. Personalmente ho seguito da vicino le fatiche di Monica, non solo in quanto parlamentare molto interessato alla riforma, ma anche perchè essendo il suo compagno di banco in Senato ho potuto vedere con i miei occhi la sua agenda fitta di appuntamenti, incontri, viaggi, fatiche, le lettere piene di insulti e a volte le minacce che ha ricevuto. Ho visto il suo entusiasmo nei giorni grigi di lavoro e anche il suo sconforto e forse la sua disperazione di fronte al tradimento politico del M5S in cui aveva riposto grande fiducia. Monica si è dimostrata una grande combattente piena di determinazione e coraggio. In questo suo impegnarsi senza risparmiarsi ritengo abbia conquistato il rispetto di alleati ed avversari. Anche io ho imparato molto da lei e ritengo che sia nata una bella amicizia. Grazie Monica!
Ciò non mi ha impedito di vederne anche le intemperanze, diciamo il suo caratteraccio, di ascoltare sconcertato i suoi strali che, soprattutto quando rivolti a persone che stimo, mi sono parsi ingiusti. Su questo ritornerò alla fine di questo post.
Non sono mancate nei vari interventi di ieri sera le stoccate anche polemiche nei confronti del PD, dei “catto dem” e dei cattolici in generale, del fatto che alla fine la legge sia stata approvata con un voto di fiducia posto dal Governo Renzi. Io ritengo che in definitiva nessuno possa negare che il PD abbia votato compatto senza defezione alcuna questa legge ( compresi cattolici e cattodem) e che lo si sia fatto mettendoci nome, cognome e la propria faccia. Questo è infatti il meccanismo della fiducia quando ciascuno di noi viene chiamato nominalmente e deve dire a voce alta si o no. Il voto segreto è più comodo perché ciascuno vota come gli pare senza doverne rendere conto a nessuno. Certo, a volte ci sono questioni gravi di coscienza che lo giustificano altre volte però è il terreno delle imboscate banditesche. Io ritengo che dopo un dibattito così lungo e intenso in cui ciascuno ha avuto modo di esprimere il proprio pensiero fosse giunto il momento della assunzione di responsabilità pubblica. Mi piacerebbe che venissero riconosciute a tutti i senatori e le senatrici del PD questa lealtà e coraggio ( ebbene sì: anche ai cattodem!) tanto più apprezzabili in quanto giunto alla conclusione di un dibattito per molti davvero travagliato e tormentato. La discussione è stata vera, ciascuno è stato alla fine capace di fare un passo in avanti verso l’accettazione delle posizioni degli altri. Credo che un grande partito, una grande comunità politica debba essere capace di fare proprio questo. Ciò aiuta tutta la società a fare un passo in avanti e crescere. Tutto il resto è opportunismo politico o propaganda.
Per quanto riguarda la mia posizione è quella di chi cerca, di chi si sforza di guardare agli altri senza mettere etichette, pregiudizi, stereotipi. Per me ogni donna, ogni uomo, ogni persona racchiude in se un mistero, una specialità, una frontiera. Spesso uno scrigno di sofferenze e di speranze, un sogno custodito sotto un cumulo di disillusioni, un’allegria che arde nel cuore di una solitudine, una voce che si fa strada tra le grida di una folla. Ogni persona è per me una meta. Appiccicare delle etichette (gay, lesbica, frocio, cattolico, laico….) è facile, a volte aiuta mettere in ridicolo l’avversario ma alla fine dice poco della verità delle persone. È comodo ma non ci aiuta. Anzi ci allontana. Io ritengo che dovremmo cercare di rispettarci di più, di ascoltarci di più, di parlarci di più ( e di insultarci di meno, anzi di non farlo affatto). Ciò non toglie che io non mi sottraggo affatto a mettermi una etichetta, quella cioè che sia cattolico, o meglio che io mi sforzi di esserlo, ben consapevole di tutti i miei limiti che purtroppo con gli anni anziché ridursi aumentano. Sforzandomi dunque di essere cattolico cerco alcune risposte ai dilemmi morali nel Vangelo e trovo soprattutto scritto che l’amore è il comandamento più grande. Forse è un pensiero troppo semplice ma trovo anche scritto che i semplici saranno beati. Cioè felici. Mi pare bello che la vita sia un’avventura alla caccia di un tesoro nascosto che si chiama felicità. E allora concludo: perché mai la felicità degli altri dovrebbe essere una minaccia per la mia felicità? Perché l’amore, il progetto di vita, l’unione degli altri ( siano essi etero o omosessuali) dovrebbe costituire un problema per me, per il mio progetto di vita? Non dovremmo tutti cercare di aiutarci gli uni gli altri ad essere felici? Cosa possiamo fare di meglio nella vita?
Ho visto le lacrime di emozione e di commozione di molti partecipanti alla presentazione di ieri sera, persone discriminate da una vita, persone costrette a nascondersi e a dissimulare i sentimenti che provavano verso chi amavano. Costrette dai nostri, dai miei pregiudizi. Persone talmente emozionate da non trovare il coraggio di prendere la parola. Col loro silenzio emozionato e commosso testimoniavano una gratitudine verso chi ha combattuto la battaglia di cui Monica è stata paladina che vale più di mille parole. Allora ben venga anche il caratteraccio di Monica perché è stato anche grazie ad esso che è stato possibile superare tante difficoltà e farci fare tutti un passo in avanti verso una società più giusta.