La mia visita alla tomba di B.-P.
E’ come se fosse stato un appuntamento, per un giorno non precisato, in qualche tempo, là nel futuro, di cui non potevo però che essere intimamente certo che ci sarei andato. Questo è stato il mio viaggio, mi verrebbe da dire il mio pellegrinaggio a Nyeri, in Kenia, sulla tomba di B.-P.
Siamo partiti presto da Nairobi, a bordo di un improbabile furgone appena riparato e ovviamente caduto nuovamente in panne a metà del nostro viaggio con il radiatore che sembrava sul punto di esplodere. Un viaggio verso Nord, attraversando la sconfinata periferia della capitale e poi attraverso una lunga pianura lussureggiante di piante esotiche, di coltivazione di banane vendute a caschi sul ciglio della strada. Piccoli villaggi allineati lungo la strada con le famiglie vestite a festa e in eccitazione mentre si recavano alla funzione religiosa domenicale: canti, danze, sermoni in una liturgia che può durare ore e che a volte sembra (auto)celebrare più la comunità che il mistero del salvatore ma che esprime anche nel sorriso dei bambini che ti fanno posto affianco a loro su malridotte sedie di plastica, il senso di un’accoglienza da noi andato perduto . Una lunga salita verso l’altipiano, il sole brillante, l’arrivo alla casa dove Baden Powell spese gli ultimi anni della sua vita insieme a sua moglie Olave e dove scrisse quel famoso messaggio che ha cambia
to la vita mia e di tanti amici: “lasciate il mondo un po’ meglio di come lo avete trovato”. Infine, il piccolo cimitero, un sentiero di ghiaia, un piccolo recinto di legno con i colori purpurei dello scautismo mondiale, una tomba molto semplice, un silenzio interrotto sole dalle foglie agitate vento. Eccomi dunque giunto qui, quasi sorpreso di trovarmi vicino ai resti mortali di un uomo che ha tanto amato la vita e che ci ha insegnato ad attraversarla a testa alta e con il sorriso sulle labbra (anche quando si vorrebbe piangere). Insieme a me Padre Jacques Gagey, assistente mondiale della CICS, un modo per testimoniare entrambi non solo il nostro grazie personale ma anche quello di tantissimi scout cattolici sparsi per il mondo che forse fino a qui non arriveranno mai ma che guardano a questo luogo alto con amicizia e riconoscenza.
Al termine della visita abbiamo avuto il tempo e il desiderio di andare a rendere omaggio al Sacrario Duca d’Aosta dei soldati italiani (e degli Ascari che avevano combattuto per l’Italia) durante la seconda Guerra Mondiale, la maggior parte dei quali morti in prigionia, uomini che hanno dato la loro vita per il nostro Paese e di cui noi troppo in fretta rischiamo di dimenticarci.
scoutanonimo
26 Aprile 2018 @ 16:46
B.P ha detto: “Once Scouts… Forever Scouts!”, tradotto: “Scouts una volta….. Scouts per sempre!”, e questo è il suo, diciamo così, testamento! Con questo, non è che uno, appena dismessa l’uniforme Scout, cessa di essere uno Scout, anzi, è proprio quando si prende la Partenza, cioè, quando si esce dal Clan, che si mette in pratica l’insegnamento di B.P.
La mia esperienza negli Scouts è stata molto positiva, in quanto ho imparato veramente quello che ha insegnato B.P.
LUNGA VITA AL MOVIMENTO SCOUT….. EVVIVA B.P. IL NOSTRO PADRE FONDATORE, EVVIVA OLAVE, LA FONDATRICE DEL MOVIMENTO SCOUT FEMMINILE!!!!!