Il mio Sì alla Riforma
Al termine di una lunga campagna referendaria che mi ha portato ad attraversare l’Italia, l’Europa e anche il Nord America offrendomi la bellezza dell’incontro diretto con tante persone e situazioni vorrei provare a sintetizzare alcune idee che sono a poco a poco cresciute dentro di me e rafforzano il mio convincimento a votare Sì domenica 4 dicembre.
- Una più vigorosa ed efficace tutela dei principi fondamentali della Costituzione.
Tutti noi amiamo e rispettiamo i principi fondamentali contenuti nella prima parte della Costituzione che negli anni hanno forgiato la nostra comunità nazionale. L’articolo 1, ad esempio, afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Il lavoro dunque non è solo una attività pratica ma è ciò che fonda la nostra cittadinanza perché è ciò che ci consente di prenderci cura di noi stessi, degli altri , di avviare progetti per creare una famiglia, avere dei figli, prenderci cura dei nostri anziani. La nostra cittadinanza fonda sulla dignità del lavoro. Ma oggi è doveroso domandarsi: questa promessa di cittadinanza e di dignità fondata sul lavoro è rispettata per tutti? Noi vediamo quali e quante differenze ci sono da Regione e Regione, più di un italiano su 10 è disoccupato più di 4 giovani su 10 lo sono, in certe zone del Paese anche 5 o 6 su 10. Lo stesso potrebbe dirsi per il diritto alla salute, all’istruzione, l’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione. Possiamo chiudere gli occhi davanti alle disparità di trattamento che i cittadini hanno a seconda di dove sono nati? Questa riforma mira, attraverso le modifiche al Titolo V (riforma del regionalismo), a ridurre le disparità tra i diversi territori e dà quindi maggiore attuazione al principio di uguaglianza che sta nel cuore della nostra costituzione. - Reperire le risorse economiche per una politica di crescita e di investimenti .
Il ritardo accumulato dal nostro Paese nei confronti dei suoi principali concorrenti è dovuto alle pessime condizioni finanziarie in cui si trova: abbiamo circa 2.250 miliardi di debito pubblico (facendo i conti con la durata settennale dei titoli di stato ciò equivale a dover reperire sui mercati un miliardo di euro al giorno), abbiamo un decremento del PIL dal 2001 ad oggi dell’8,6% (è come se si fosse staccata dall’Italia una regione come il Friuli VG), una riduzione della produzione industriale del 27% (è come se un terremoto avesse devastato tutte le fabbriche su un quarto della Penisola). Abbiamo la necessità di ridurre gli sprechi e ottimizzare la spesa pubblica regionale che in molti casi è fonte di dissanguamento delle nostre casse pubbliche. Questa riforma adotta il principio di un regionalismo flessibile in base al quale, quando le Regioni funzionano bene (cioè hanno il bilancio in pareggio) possano anche aumentare la loro autonomia legislativa (art. 116 comma 3), se invece vanno male possono vedersi revocati anche i vertici politici che hanno malgestito (art. 120 comma 2), si crea lo spazio per un intervento sostitutivo dello stato che faccia ciò che la regione non è in condizione di fare. Soprattutto vengono introdotti i principi di trasparenza (fonte di ogni vera possibilità di controllo da parte dei cittadini) di semplificazione, di efficienza e di responsabilità dei pubblici amministratori (art. 118 comma 2). Dall’altra parte viene garantito agli enti territoriali il finanziamento integrale delle funzioni loro attribuite (ti chiedo di fare qualcosa, ti metto nelle condizioni di poterlo fare art. 119 comma 3) e vengono però introdotti i costi e i fabbisogni standard (la medesima prestazione, ad esempio: una radiografia non può costare diversamente da Regione a regione). - Razionalizzazione delle competenze tra stato e regioni
Viene eliminata quell’area grigia, fonte di infiniti contenziosi, che è la “competenza concorrente” tra Stato e Regione: in pratica quell’elenco di materie che non si capiva bene se dovessero essere regolate dallo Stato o dalle Regioni. Attribuendo allo stato la competenza su alcune materie di interesse nazionale (ad esempio l’energia, le infrastrutture, il turismo) si eviterà che progetti di rilevanza nazionale possano essere bloccati per anni da interessi solo localistici con conseguente dilatazione dei tempi e dei costi. Attribuire allo Stato la competenza del “Coordinamento della finanza pubblica” comporterà ad esempio che i costi per le consulenze alla P.A. dovranno essere omogenei su tutto il territorio nazionale (oggi assistiamo alla situazione per la quale in certe regioni le spese per consulenze sono proporzionalmente il triplo di quelle di altre più rigorose). - Costituire una camera specializzata nelle questioni territoriali
Il Senato diverrà la Camera specializzata nelle questioni regionali e sarà composta proprio dai rappresentanti degli enti territoriali: 21 sindaci, 74 consiglieri regionali. Ad essi si aggiungeranno 5 semplici cittadini scelti dal Presidente della Repubblica tra coloro che meglio hanno onorato il nostro Paese. Il Senato avrà proprio il compito di dirimere le questioni tra regioni e regioni oltre che tra stato e regioni consentendo un accordo che consentirà di prevenire il continuo ricorso alla Corte costituzionale. Soprattutto sarà il Senato a dirimere la questione il livello di autonomia e ampiezza della flessibilità regionale: come ho scritto ciascuna Regione può ampliare, se ha i conti in ordine, il proprio livello di autonomia legislativa. se ha i conti in disordine può vedersela restringere. Chi decide? il Senato (insieme alla Camera) dunque gli stessi rappresentanti delle Regioni. Questo comporta un metodo inclusivo, democratico, un coinvolgimento nel processo decisionale proprio di coloro che poi saranno i destinatari della decisione finale. - Ampliare gli spazi di democrazia
Diversamente da quanto recita la propaganda del No la riforma limita fortemente i poteri del Governo: tutte le leggi bicamerali (elencate al comma 1 dell’articolo 70) sono sottratte al voto di fiducia da parte del Governo. Infatti il Senato non dà e non può essere richiesta di dare la fiducia. Si tratta di leggi importanti come quelle di modifica della costituzione, le leggi di tutela delle autonomie linguistiche, quelle concernenti lo status di senatori, i rapporti tra Stato e enti territoriali e tra l’Italia e l’Unione Europea. In pratica le regole fondamentali, le regole del gioco. in futuro, diversamente da come è adesso, saranno sottratte al predominio della maggioranza e al voto di fiducia. Un vero rafforzamento dunque della nostre garanzie democratiche. - Maggiori poteri ai cittadini, alle opposizioni, alle minoranze
Con l’introduzione di nuovi strumenti di partecipazione popolare (Referendum consultivo e propositivo), l’obbligo di esame per il Parlamento dei disegni di legge di iniziativa popolare, l’abbassamento del quorum per la validità del referendum abrogativo, l’introduzione dello statuto delle opposizioni e dei diritti delle minoranze in Parlamento si rafforzano le garanzie di una corretta dialettica politica e democratica . - Più forza del Parlamento davanti all’Europa
Attribuendo al Senato un potere di interlocuzione diretta nei confronti dell’Unione Europea, di verifica dell’impatto che la legislazione ha sul nostro territorio viene introdotto un efficace contrappeso al potere che viene esercitata dalla Terza camera (l’Europarlamento) e dalle altre istituzioni europee.
Buon voto a tutti!