Forse vi sembrerà strano ma a commento di questa settimana che ha visto vicende importantissime quali l’elezione, l’insediamento del Presidente della Repubblica e la nascita del nuovo Governo vorrei cominciare scrivendo di tutt’altro. Mi riferisco alla vita avventurosa e tragica di Teresa Mattei una ragazza di Firenze che ebbe un ruolo importante durante la Resistenza e nella fase Costituente della Repubblica. A chi domandasse il perché risponderò che questa è stata anche la settimana in cui si è celebrato il 25 aprile e che di Teresa Mattei è stata fatta una commemorazione ufficiale in Senato (qui i discorsi, leggeteli: alcuni sono davvero belli).
La verità però è più semplice: questa storia mi ha profondamente affascinato e nelle sue contraddizioni scorgo un segno che ci aiuta a capire il tempo che viviamo. Forse anche a scorgere una prospettiva per il nostro tormentato futuro. Teresa faceva parte di una famiglia antifascista, frequentava La Pira, Don Mazzolari, Natalia Ginzburg, Pietro Calamandrei… Suo padre la portava con sé fin da piccola in azioni temerarie. Venne arrestata al ritorno da un viaggio in Francia durante il quale aveva consegnato dei soldi in una valigia ai fratelli Rosselli. Fu torturata e violentata, riuscì a fuggire con l’aiuto di un gerarca fascista impietosito dalla sua giovane età. Suo fratello Gianfranco decise di suicidarsi nella prigione di Via Tasso per non rischiare di confessare sotto la tortura dei nazisti i nomi dei suoi compagni. A sua volta Teresa compì un atto terribile: indicò ai partigiani le informazioni necessarie per uccidere il filosofo Giovanni Gentile, suo professore all’Università, reo di essersi schierato con la Repubblica di Salò. Fu un atto barbaro, condannato dallo stesso CLN della Toscana. Così facendo prese su di sé il peso e le contraddizioni di chi è al tempo stesso vittima e carnefice, di chi porta tra le mani la giustizia e l’ingiustizia, il seme di quel conflitto tra due parti del nostro Paese (fascisti/antifascisti, comunisti/anticomunisti) che a distanza di sessant’anni non sembra essere ancora totalmente ricomposto. Le vicende convulse che hanno caratterizzato l’elezione del Capo dello Stato ne sono la conferma: alla proposta di eleggere Prodi il centrodestra ha risposto parlando di golpe e invitando tutti a fuggire all’estero; erano solo pochi giorni fa. Alla proposta di eleggere Napolitano altri hanno a loro volta evocato il golpe, il tradimento e la morte della democrazia. Sapremo mai risalire l’abisso della discordia?
Ma fermiamoci un istante: la vita di Teresa Mattei è stata anche quella di chi si è impegnata per i diritti delle donne, dei bambini e dei disabili, di chi si è battuta perché nella Costituzione venisse precisato che è compito della Repubblica rimuovere tutti quegli ostacoli che di fatto impediscono l’uguaglianza tra i cittadini (dunque che non bastano le garanzie formali ma che bisogna andare al nocciolo concreto delle questioni). Che la questione non fosse di poco conto lo sperimentò ancora una volta sulla sua pelle quando, dopo essere rimasta incinta ad opera di uno uomo sposato, venne esclusa dalla vita parlamentare. Essere ragazze madri era uno scandalo inaccettabile per Togliatti e il PCI. Di certo un trattamento del genere non sarebbe stato riservato ad un uomo. Pronta la risposta che diede a quel aun parlamentare liberale che le disse: «Signorina, lei non sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?». E lei rispose : «Lei lo sa che ci sono degli uomini che non ragionano mai per tutto il mese?».
A Teresa Mattei dobbiamo l’introduzione della Festa delle Donne l’8 marzo e il simbolo del fiore di mimosa per ricordarla.
Non mi pare dunque esagerato affermare che la vita di Teresa Mattei si intreccia con molte delle situazioni irrisolte del nostro Paese, da quelle politiche legate ad un conflitto tra due parti che non accettano di legittimarsi reciprocamente, a quello dei pregiudizi culturali, sessisti, razziali che oggi ancora ci dividono. Ne sono una prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, le dichiarazioni vergognose rese oggi da Matteo Salvini, noto esponente della Lega Nord, in merito alla nomina di Cècile Kyenge a Ministro dell’Integrazione. Di fronte all’ondata di critiche di coloro che vedevano nelle sue dichiarazioni un evidente segno di razzismo, Salvini ha sentito il bisogno di precisare che non ce l’aveva con lei perché era nera ma perché si sarebbe occupata di integrazione… A volte le rettifiche sono peggio delle dichiarazioni che si vogliono rettificare.
Eccoci dunque arrivati alla questione del nuovo Governo formato da Enrico Letta. Ci sono voluti oltre 60 giorni, infiniti contorcimenti linguistici, dirette streaming, la sostanziale decapitazione di buona parte della classe dirigente del PD, la strigliata del Presidente della Repubblica, la contestazione della piazza, la marcia su Roma di Grillo, 101 franchi (e codardi) tiratori, migliaia di e-mail che invocano alla disobbedienza, sogni indicibili di vecchi politici, veti e ricatti. Ma alla fine ci siamo arrivati. C’è un Governo, ci sono dentro anche molte belle facce, nei prossimi giorni sentiremo anche i programmi. Chi pensa che il problema dell’Italia sia di dare un futuro e un lavoro ai propri figli, di superare quelle contrapposizioni che hanno paralizzato la vita politica degli ultimi sessant’anni, di ridare fiato e speranza ad un Paese prostrato forse ha motivo di essere soddisfatto. Chi pensa che il problema sia di mandare in carcere Berlusconi per le sue malefatte probabilmente no. Per quanto mi riguarda vorrei spendere il meglio delle energie che possiedo e che possediamo per fare bello, giusto, prosperoso il nostro Paese, dargli ruolo e grandezza tra i Grandi d’Europa, promotore di dignità e giustizia tra i popoli del mondo. Lascerei invece rammarichi e rancori ai vecchi e ai protagonisti di una politica angusta che ha ormai ben poco da raccontare. Il tempo dirà se questo Governo sarà davvero capace di affrontare efficacemente i problemi che ci troviamo davanti. Io vorrei che davanti a noi si aprisse una stagione di primavera, di conquiste sociali reali che di fatto cambino il nostro Paese, di sviluppo economico, di rinnovamento culturale, di riforme istituzionali. Teresa Mattei che molto ha vissuto direbbe forse: “un tempo di coraggio e di mimose”.