Buon compleanno William! (e anche Miguel)
Ci ha lasciato 400 anni fa ma è talmente attuale che sembra stia scrivendo dei nostri giorni. William Shakespeare, forse il più grande tra gli scrittori moderni, colui che ci ha fatto ridere con “Molto rumore per nulla”, piangere lacrime d’amore con “Romeo e Giulietta”, appassionarci alla politica con “Giulio Cesare”, inorridire per gli intrighi di Macbeth, ragionare sulla giustizia con il “Mercante di Venezia”, sentire la disperazione dell’esistenza con Ofelia e Amleto…
Voglio ricordare la grandezza di Shakespeare con le sue parole sui migranti (in un’opera sconosciuta e ritrovata solo pochi giorni fa:
«Se il Re vi bandisse dall’Inghilterra dov’è che andreste? Che sia in Francia o Fiandra, in qualsiasi provincia germa
ica, in Spagna o Portogallo, anzi, ovunque non rassomigli all’Inghilterra, orbene, vi troverete per forza a essere degli stranieri. Vi piacerebbe allora trovare una nazione d’indole cosi barbara che, in un’esplosione di violenza e di odio, non vi conceda un posto sulla terra, affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole, vi scacciasse come cani, quasi non foste figli e opera di Dio, o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere, ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste di essere trattati così? Questo è ciò che provano gli stranieri. Questa è la vostra disumanità, grande ca un posto sulla terra, affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole, vi scacciasse come cani, quasi non foste figli e opera di Dio, o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere, ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste di essere trattati così? Questo è ciò che provano gli stranieri. Questa è la vostra disumanità,
ome la montagna».
Non è un caso che il grandissimo Aldous Huxley nella rappresentazione profetica più cruda del nostro tempo (ovviamente : “Il mondo nuovo”) immagina che nel modo dis
manizzato e totalmente programmato da una sorta di grande fratello ante litteram il seme di ribellione nasca da un selvaggio, sfuggito all’indottrinamento sociale, crescendo in una grotta sul cui fondo stava miracolosamente una cassa con le opere di Shakespeare. Sono le sue parole a tenere, ancora oggi, desta in noi il desiderio e la speranza di libertà, la necessità del coraggio, la nostalgia di un mondo non totalmente anestetizzato nel quale il riso e il pianto si mescolano alle passioni più alte e nobili e si misurano con la meschinità, l’ingordigia e la paura.
Se però c’è un altro scrittore che può sfidare Shakespeare in grandezza, per la complessità dei temi che ha trattato e la visione delle passioni, delle illusioni e delle debolezze dell’uomo, quello è Miguel De Cervantes, il cui capolavoro Don Chisciotte della Mancia è giustamente considerato uno dei più grandi di tutti i tempi. Non so se i due grandi scrittori si siano mai incontrati o anche solo se avessero sentito parlare l’uno dell’altro. Certo la sorte fu all’altezza della loro genialità unendoli nella morte a poche ore l’uno dall’altro benché a distanza di migliaia di chilometri. Che terribile notte quella del 23 aprile 1616, che grande perdita ha patito l’umanità, che grandi uomini ha unito nella nostra memoria.