2 + 2 = 5 (lettera all’Aurora che attendo)
Ciao piccola Aurora,
perdonami se questa lettera ti apparirà incerta e un po’ confusa. Mi trovo a scriverti in uno spazio ristretto con un mozzicone di matita che avevo nascosto nella scarpa destra. La carta è quella che è… un vecchio giornale ingiallito che ho trovato in parlatoio. Leggo a fatica la data sul bordo: 22 novembre 2011. Sembra passato un secolo (in realtà molto meno). A quell’epoca, ti sembrerà strano, ogni mattina ci si recava, prima di andare a lavorare, ad un’edicola, dove erano impilate colonne di giornali dalle testate più fantasiose: la Gazzetta, Il Fatto, il Foglio, il Sole, La Voce… C’era un Corriere che si chiamava “della sera” ma usciva la mattina e nessuno si domandava il perché. Quella piccola stranezza cominciava ad abituarci al fatto che non sempre ciò che leggevamo sui giornali corrispondeva alla verità. Ricordo che mi piaceva sostare davanti all’edicola, guardare di soppiatto i titoli cubitali che davano le notizie. Quando pioveva l’edicolante stendeva un foglio di plastica trasparente per proteggere i fogli. Era un gesto commuovente e pieno di tenerezza: sembrava una mamma che stende la coperta sui figli quando fanno la nanna. Mi piaceva guardare i giornali, sentire l’odore della carta, stupirmi dell’inventiva dei cronisti che sapevano presentare fatti apparentemente insulsi come novità straordinarie. A quel tempo, non ci crederai, c’era una moltitudine di partiti, di fazioni, di tifoserie. Inizialmente ciascuna promuoveva una diversa idea del futuro e della società contrapponendosi all’idea degli altri. Poi le idee sul futuro andarono svaporandosi e rimase solo la contrapposizione, la polemica, persino l’insulto. I giornali che dovevano portare le notizie divennero strumenti per canalizzare esclusivamente le opinioni. Fu quello il momento in cui cambiarono le cose: dapprima i commenti degli opinionisti servivano ad illustrare i fatti, consentivano di comprenderli nella loro giusta prospettiva. Il commento era al servizio della notizia. Poi, poco a poco, avvenne un capovolgimento: furono le notizie ad essere utilizzate a sostegno del commento. Quelle utili per dimostrare una certa tesi venivano selezionate, enfatizzate, imbellettate; quelle che utili non erano venivano scartate, nascoste, persino negate. La cosa inizialmente appariva evidente e quasi divertente: sembrava un gioco, come il nascondino: mostrare, nascondere: tutto era lecito pur di fare tana. Poi, dopo un po’, nessuno riuscì a distinguere quando si trattava di un gioco e quando no. La manipolazione dei fatti divenne una pratica consueta, abituale, sistematica. La pretesa di alcuni di sostenere che un fatto era vero e che un altro era falso venne guardata con sospetto e con crescente insofferenza. Chi erano costoro per pretendere di conoscere l’esattezza dei fatti? Con quale arroganza essi intendevano imporre la loro verità a quella degli altri?Anche i migliori tra i cittadini furono presi dal fastidio per tutto ciò che non veniva accompagnato dal dubbio, dalla sospensione del giudizio, da una prudente relativizzazione. La maggior parte però era indifferente, la verità di un principio stando sempre più nella utilità pratica che ciascuno sperava di ricavarne.
Avvenne poi che non ci furono più le parole per dirlo, perchè quelle che una volta avevano un significato poco per volta lo avevano perduto ed era stato loro attribuito uno diverso, imbastardito, a volte persino opposto. Si gridava “giustizia giusta!” ma ciò significava intimidazione, si invocava “libertà” ma si intendeva “impunità”. Si diceva “pace” ma si intendeva guerra preventiva. Il linguaggio , la parola erano traditi e così la verità che essi esprimevano.
Quando ero piccolo mi alzavo presto la mattina e andavo al mare per guardare sorgere il sole. La sua forza si sprigionava inizialmente con una lunga striscia rossa all’orizzonte che spingeva più in là la notte nel remoto universo. Ho sempre temuto l’oscurità e attendevo l’apparire del disco d’oro come la manifestazione di un salvatore. Il sole giallo sorgeva e dissolveva le mie paure. Lo contemplavo fino a quando la sua luce diveniva così forte da dover abbassare lo sguardo. Tornavo allora a casa tutto contento, fischiettando e saltando con un piede di qua e uno di là. Man mano che crescevo quel sole era stato sostituito da alcune parole maestre che avevo appreso al catechismo: “Non dire falsa testimonianza”. C’erano state poi le parole che il mio Capo Reparto ripeteva quando giocavamo a scalpo: “Lo scout è leale”. Esse guidavano e indirizzavano i miei passi. Non pretendevo di conoscere la verità così come non riuscivo a guardare il sole con gli occhi ma cercavo la sua luce.
Vedi carissima Aurora, quei giorni divennero ad un tratto lontani. Ho già detto di come ciò avvenne a poco a poco, senza che forse ce ne accorgessimo. Era come se una nebbia avesse avvolto la città. La luce del sole era persa, le figure divenute grigie e spesso indistinte. Cominciai a svegliarmi la notte di soprassalto preso da cattivi pensieri. La luce si era ammalata, la verità si era ammalata. Nessuno più credeva né all’una né all’altra. Parlavo con le persone, anche le più amate e le loro parole sembravano incerte, le frasi monche, i veri pensieri altrove. La verità delle nostre relazioni, dei nostri sentimenti mi sembrò ad un tratto dubbia, la fiducia mal riposta, ogni certezza infranta. Mi sembrava di camminare in una zona remota della città, piena di ombre minacciose, di cupe ciminiere, su enormi tapis roulant privi di sostegno, come dei sottili ponti tibetani che affondavano e rimbalzavano tra le sponde avvolte dalla nebbia. La verità si è ammalata, dicevo tra me e con essa si è ammalata l’amicizia, la speranza, la rabbia, l’amore…
Il Nuovo Governo non sembrava preoccupato anzi ebbi fin dall’inizio l’impressione che in qualche modo incentivasse questo sentimento di disorientamento. Molte iniziative vennero avviate per suggerire che la verità scientifica fosse controvertibile, quella morale opinabile, quella fisica subordinata all’imperfezione degli strumenti di misurazione, quella teologica frutto della fantasia distorta di eremiti medievali. Ovviamente per placare il sentimento di ansia collettiva che si diffuse vennero escogitati molti giochi e divertimenti. Vennero allestite discoteche sempre più grandi dove ascoltare musica sincopata e ballare fino allo sfinimento. Piccole pastiglie di extasy accompagnavano le notti insonni colorandole di immagini allucinate. L’attività sessuale era fortemente incoraggiata purché promiscua e svincolata da ogni relazione sentimentale. Dapprima essa era consentita solo ai giovani ma poi, grazie all’invenzione del Viagra, anche gli incanutiti poterono dedicarcisi dimenticando ogni diversa cura e preoccupazione. I giornali vennero poco a poco sostituiti da grandi schermi multicolori che distillavano notizie brevi, sempre più brevi, a volte anche semplici righe. Tutto doveva essere semplice, elementare. Ogni piazza, ogni strada, ogni vetrina di negozio rinviava e rimbalzava le immagini di questi schermi, a volte persino nei mezzanini delle metropolitane. L’interesse della gente veniva convogliato soprattutto su eventi che non avevano alcuna importanza per la loro vita reale: spettacoli di sport, di cinema, le previsioni del tempo… La gente veniva educata a vivere una vita di riflesso a disinteressarsi della propria esistenza e dedicarsi esclusivamente a quella di alcuni noti personaggi che in pratica vivevano al loro posto. Che poi l’esistenza di questi ultimi fosse reale non si può sicuramente dire. Come le divinità greche di un tempo essi vivevano in un Olimpo distante, passando le giornate in ozi e pettegolezzi. La loro forma estetica era perfetta, opera non certo di madre natura ma del bisturi, della liposuzione, del botulino e in qualche caso del photoshop. Divinità perfette e incorruttibili essi si affacciavano sul mondo dalle pagine dei rotocalchi e degli spot televisivi. Nessuno li ha mai incontrati dal vivo: dicono che la maggior parte di essi fosse solo un’invenzione della pubblicità e del Nuovo Governo ma questo noi non potremo mai con esattezza saperlo. Era forse tutto un sogno? Ma qual è la differenza tra la vita e il sogno, tra il reale e il virtuale? Tra il vero e il falso?
Aurora, il tempo stringe e devo giungere alla conclusione che forse già sai. La luce della luna entra stretta tra le sbarre che chiudono la finestra di questa Prigione. Ti avranno detto di come alcuni di noi si ribellarono, di come tentammo di persuadere i nostri concittadini dell’errore in cui stavano cadendo. Lessi su un libro questa frase “nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario” (la Fattoria degli animali, di George Orwell). Misi tutta la mia passione, la mia eloquenza, la mia forza d’animo per dimostrare che la realtà esiste, che la verità esiste, che la vita esiste. Ma vedi, quando la verità viene cancellata anche la menzogna è cancellata. Ciò che è falso diventa vero. Qualunque cosa può essere detta, anche la più assurda e insensata e nessuno può contestare che essa sia tanto vera (o tanto falsa – perchè ormai è lo stesso) quanto le altre cose che conosciamo. E non ci sono più cause giuste o ingiuste né tantomeno ragioni per lottare, per ribellarsi, per preparare una rivoluzione. Tutto questo il Nuovo Governo lo sapeva e lo approvava.
Fummo dapprima derisi, poi denigrati. Fummo quindi arrestati e interrogati. Vennero i dottori, gli psichiatri e altri intellettuali che non ricordo. Accesero le loro lampade frontali e ci esaminarono da vicino. Ci parlarono della realtà e dell’illusione, ci spiegarono che il bianco era nero, che la guerra è pace, che la paura è coraggio, che la vendetta è amore… La verità è liquida argomentarono, non c’è distinzione tra sogno e allucinazione. Sognate, dunque, sognate… Ci chiesero sorridendo di aderire alla nuova Consapevolezza. La maggior parte di noi si lasciò convertire, chiese perdono. Venne quindi riammessa nel consorzio dei Nuovi Cittadini previa pubblica declamazione della formula penitenziale di rito:
2 + 2 = 5.
Il Nuovo Governo si mostrò clemente e lasciò che essi circolassero liberamente sia pure sotto la sorveglianza di telecamere a circuito chiuso.
I pochi che non si piegarono vennero rinchiusi nelle segrete della Prigione. Sono trascorsi ormai molti anni e nessuno si ricorda di noi. Non saremo dunque eroi, non saremo martiri. Del nostro sacrificio nessuno verrà mai a sapere. Ad uno ad uno veniamo fatti sparire per sempre. In silenzio. Il Guardiano mi ha detto che il Nuovo Governo ha deciso il mio turno per l’alba prossima che viene. Guardo fuori dalla finestra e per l’ultima volta vedo il sole rosso che sorge. Sento i passi dei secondini che mi vengono a prendere.
Mia piccola Aurora, bambina che ancora non sei nata e che forse un giorno verrai. Figlia dei miei figli che mi hanno ormai dimenticato. Lascio a te questa lettera nascosta sotto una pietra del pavimento, come un messaggio in una bottiglia. Sperando contro ogni speranza spero che un giorno pervenga nelle tue mani.
Aurora: viene per me la morte a passi certi nel corridoio, gira la sua chiave nella serratura della mia cella. Viene per me la morte a scrivere la parola fine e non ci sarà ancora un domani. Eppure sono grato a questi uomini che mi trascinano via nelle loro divise grigie. Voi fratelli sconosciuti , volti anonimi che non conosco e che già caricate il fucile. Voi mi aiutate a ristabilire il confine: tra ciò che c’è e ciò che fra poco non sarà più. Nel sancirne la fine date realtà definitiva alla mia esistenza. Ancora per poco ma io oggi sono, sono, sono! Questa è la mia verità e non potete togliermela.
E tu piccola Aurora, desiderio di un nuovo sole che sorge, di una vita che continua, sii felice ed ogni volta che puoi sii innamorata. Non sprecare la tua vita in piccole bugie, giochetti, tradimenti. Alla fin fine tradiresti, perderesti solo te stessa. Quando puoi vai sulla riva del mare e guarda il cielo quando c’è il sole che sorge. C’è un momento preciso quando la notte si trasforma in giorno, è un momento perfetto, non ha inganno, porta il tuo nome: Aurora.
Bibliografia
Graham Green, L’ultima parola e altri racconti, Oscar Mondadori
Aldous Huxley, Il Nuovo Mondo, Oscar Mondadori
George Orwell, 1948, Oscar Mondadori
Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Oscar Mondadori
Anna Arendt, La menzogna in politica, ed. Marietti
Filmografia
Brasil, diretto da Terry Gilliam, UK, 1985, con Robert De Niro e Jonathan Pryce
I figli degli uomini, diretto da Alfonso Cuaron, UK, 2006, con Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine.