La riforma della PA, svolta verso un paese più europeo: il mio intervento in aula
Sono intervenuto nella discussione generale sulla riforma della PA, un provvedimento in discussione da molti mesi e oggi prossimo alla sua approvazione. Si tratta di una vera svolta che incide sui meccanismi di fondo del processo decisionale e sui rapporti con il cittadino. Nei pochi minuti che avevo a disposizione ho cercato di evidenziare come la riforma si ispiri a principi di tipo europeo. Qui il video del mio intervento e qui di seguito la sua trascrizione
COCIANCICH (PD). Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il relatore per aver messo insieme questo provvedimento – opera che definirei titanica – ed aver guidato il processo di modifica intensa e profonda portato avanti in Commissione, ma anche il Governo per la disponibilità a collaborare con la Commissione su temi così importanti. Sono tali perché riguardano un disegno di legge che, a mio avviso, ha l’ambizione di cambiare una delle leggi fondamentali dello Stato ed una visione dello Stato che poco per volta si affranca da quell’immagine del Leviatano di Hobbes che, nata nel 1600, è arrivata fino ai giorni nostri. Oggi si passa dunque da questa visione centralista, in cui lo Stato era il fine ultimo della storia e diventava un ente totalmente sovraordinato rispetto ai cittadini, ad una nuova e moderna, in cui lo Stato ha un ruolo molto più affievolito, esiste una dimensione multinazionale europea e, di fatto, la sua funzione è quella di creare un legal framework, un contesto normativo nel quale si gioca il grande gioco delle relazioni economiche e civili tra i cittadini.
In sostanza, lo Stato fissa le condizioni di concorrenza per le imprese. Esiste in un pluralismo normativo, all’interno dell’Unione europea, in base al quale non soltanto gli Stati, ma addirittura le grandi regioni industriali – per esempio la Baviera, la Ruhr, Lione, il Nord-Est italiano o Barcellona – entrano in concorrenza fra loro, cioè diventano soggetti che fanno parte del grande gioco della concorrenza. Per questo è necessario che si costituisca una rete tra i servizi burocratici, quelli amministrativi e la capacità di risposta del tessuto imprenditoriale di ciascun Paese e di ciascuna Regione.
In un tempo in cui mancano le risorse pubbliche e la capacità dello Stato e delle Regioni di finanziare direttamente la ripresa economica, tra crisi del debito sovrano e spending review, sarà sempre più necessario avere capacità di attrarre gli investimenti privati e di sviluppare un’iniziativa congiunta pubblico-privato.
Il tema del project financing, che in Italia non è mai decollato, dimostra proprio come a fronte della disponibilità di iniziative imprenditoriali, sia mancata la capacità attrattiva dei territori di rendere effettivi i progetti che erano stati ipotizzati. Di fatto il project financing si è risolto in un finanziamento di opere sostanzialmente di natura minore o di opere che hanno richiesto necessariamente un contributo significativo da parte dello Stato. Ciò non ha prodotto, però, quel volano per lo sviluppo del Paese che ci si attendeva. Oggi lavorare sui requisiti e sulle caratteristiche della pubblica amministrazione significa proprio cercare di intervenire su questo livello e quindi superare non soltanto la farraginosità della legislazione speciale, ad esempio quella che riguarda i progetti pubblico‑privati che prima ho richiamato, ma quella complessiva, nel quale si muove l’economia e la capacità imprenditoriale del Paese. Ridare slancio e competitività al sistema nel suo insieme credo sia l’ambizione sottesa al disegno di legge che stiamo esaminando.
La burocrazia è sicuramente una grande risorsa. Alla parola «burocrazia» associamo abitualmente un connotato negativo, ma credo che sia invece una grande risorsa di intelligenza e di competenza tecnica, che ciascun Paese deve essere capace di attivare. Nel nostro Paese è probabilmente necessario rimotivare i dipendenti pubblici e le intelligenze, che sicuramente caratterizzano molti livelli della nostra amministrazione, ma che sono in qualche modo scoraggiate da meccanismi, che vanno a penalizzare non soltanto il privato, ma anche il pubblico. Mi sembra dunque necessario valutare il disegno di legge in esame, non in base alla sua conformità a modelli astratti di natura ideologica, ma rispetto alla sua capacità di incidere in modo effettivo sulla realtà del nostro Paese.