“Prendersi cura”: la lezione di Don Milani

“Prendersi cura”: la lezione di Don Milani


Devo essere davvero grato a Don Domenico Cambareri che mi ha spinto a confrontarmi con le bellissime pagine di “Lettere ad una professoressa” scritte con uno stile inimitabile (rigoroso, feroce, appassionato, commuovente…) da Don Milani, il parroco di Barbiana. una lettera che ha cambiato per sempre il modo con il quale la scuola italiana ha pensato e progettato se stessa. L’occasione è stata quella di un incontro con gli studenti delle scuole medie superiori di Castenaso, con i loro insegnanti e molti genitori. Un bellissimo momento di incontro e di dialogo, per me anche emozionante proprio nel momento in cui appariva chiaro di come anche la storia di emancipazione della mia famiglia e il lungo cammino compiuto da chi mi ha preceduto e mi ha messo in condizione di essere ciò che oggi sono possa riconoscersi nelle idee e nei principi espressi da Don Milani. Il punto è che nessuno di noi deve ( e neppure è autorizzato a pensare di essere tagliato fuori, di non avere un ruolo da giocare, di avere una chance di contribuire a rendere migliore il mondo nel quale viviamo. Per riuscirci è però necessari impegnarsi a studiare, ad aumentare le nostre conoscenze e consapevolezze, ad alzarci  e farci valere quando tutto rimangono acquattati e si rassegnano, a mettere in gioco le proprie competenze e i propri talenti per un bene non solo personale ma collettivo. E’ insieme agli altri che possiamo contribuire a migliorare la società, non certo da soli. Farlo è un’azione politica di cui Don Milani aveva una opinione altissima e che era per lui il contrario dell’avarizia. Educazione e politica non sono in antitesi ma azioni complementari anche se distinte. Ancora oggi, a qualunque età abbiamo tante occasioni per misurarci con questo impegno che si apre davanti a noi: per esempio nel lottare contro le discriminazioni e il cyberbullismo o nell’accoglienza degli immigrati, una battaglia tanta impopolare quanto necessaria per caratterizzare in modo dignitoso i tempi in cui viviamo. “I care“, mi prendo cura: non sono solo parole scritte in un libro ma sono una linea di condotta che ciascuno di noi deve cercare di seguire. Nel farlo la nostra stessa vita acquisterà un senso più nobile, meriterà di essere vissuta fino in fondo.

Insomma una giornata bellissima allietata anche dall’amicizia e dalle belle discussioni che ho avuto la possibilità di fare con Benedetta Renzi, Angelo Rispoli, Pietro Pirro e Pier Francesco Prata. Buon lavoro  e buona strada a tutti.

 

PS

Proprio in questi giorni anche Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del ruolo di Don Milani  annunciando una visita sulla sua toma per il 20 giugno prossimo. Parole bellissime quelle del Pontefice che ripropongo qui di seguito insieme al video dell’intervento.

Ecco il testo integrale:

“Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa” Così scrisse don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, il 10 ottobre 1958. Vorrei proporre questo atto di abbandono alla Misericordia di Dio e alla maternità della Chiesa come prospettiva da cui guardare la vita, le opere ed il sacerdozio di don Lorenzo Milani. Tutti abbiamo letto le tante opere di questo sacerdote toscano, morto ad appena 44 anni, e ricordiamo con particolare affetto la sua “Lettera ad una professoressa”, scritta insieme con i suoi ragazzi della scuola di Barbiana, dove egli è stato parroco. Come educatore ed insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione. Egli mantenne queste caratteristiche, acquisite in famiglia, anche dopo la conversione, avvenuta nel 1943 e nell’esercizio del suo ministero sacerdotale. Si capisce, questo ha creato qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza.

Il messaggio di Papa Francesco a “Tempo di libri” su don Lorenzo Milani

La storia si ripete sempre. Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani. Con queste parole mi rivolgevo al mondo della scuola italiana, citando proprio don Milani: “Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato ad imparare, ha imparato ad imparare, – è questo il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano che era un prete: Don Lorenzo Milani” Così mi rivolgevo all’educazione italiana, alla scuola italiana, il 10 maggio 2014. La sua inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata. La sua era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come “un ospedale da campo” per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati. Apprendere, conoscere, sapere, parlare con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che don Lorenzo coniugava quotidianamente a partire dalla lettura della Parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti, tanto che un sacerdote che lo conosceva molto bene diceva di lui che aveva fatto “indigestione di Cristo”.

Il Signore era la luce della vita di don Lorenzo, la stessa che vorrei illuminasse il nostro ricordo di lui. L’ombra della croce si è allungata spesso sulla sua vita, ma egli si sentiva sempre partecipe del Mistero Pasquale di Cristo, e della Chiesa, tanto da manifestare, al suo padre spirituale, il desiderio che i suoi cari “vedessero come muore un prete cristiano”.

La sofferenza, le ferite subite, la Croce, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù (cf Lc 10, 29-37), senza guardare al colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, all’appartenenza religiosa. Lascio la conclusione, come l’apertura, ancora a don Lorenzo, riportando le parole scritte ad uno dei suoi ragazzi, a Pipetta, il giovane comunista che gli diceva “se tutti i preti fossero come Lei, allora …”, Don Milani rispondeva: “il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, istallato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro.

Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso” (Lettera a Pipetta, 1950) Accostiamoci, allora, agli scritti di don Lorenzo Milani con l’affetto di chi guarda a lui come a un testimone di Cristo e del Vangelo, che ha sempre cercato, nella consapevolezza del suo essere peccatore perdonato, la luce e la tenerezza, la grazia e la consolazione che solo Cristo ci dona e che possiamo incontrare nella Chiesa nostra Madre”.

Papa Francesco su Don Milani