Condivido con voi il video della conclusione nell’Aula di Montecitorio della cerimonia per il sessantesimo anniversario dell’adesione dell’Italia alle Nazioni Unite con il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sono intervenuti la Presidente della Camera Laura Boldrini, il Presidente del Senato Pietro Grasso e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
“È un voto importante, l’alternativa era restare fermi e tornare indietro». Sono le parole di Giorgio Napolitano sul voto di ieri in Senato.
Questi, in pillole, i cambiamenti previsti:
La fine del bicameralismo perfetto e la riforma del Parlamento Eliminato il rapporto di fiducia tra il Governo e il Senato: sarà la sola Camera ad accordare o revocare la fiducia al Governo.
Differenziate le funzioni delle Camere: alla Camera dei deputati è attribuita la rappresentanza della Nazione e al Senato la rappresentanza delle Istituzioni territoriali, nonché il raccordo tra lo Stato, l’Unione europea e gli enti territoriali.
Semplificato il procedimento legislativo: la partecipazione paritaria delle due Camere sarà limitata a un numero definito di leggi bicamerali (leggi costituzionali e leggi in materia di elezione del Senato, referendum popolare e ordinamento degli enti territoriali). Per tutte le altre leggi, il Senato potrà solo proporre modifiche sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva.
Introdotto nell’ambito dei regolamenti parlamentari lo Statuto delle opposizioni, a garanzia dei diritti delle minoranze.
Previsto il dovere di partecipazione dei parlamentari alle sedute dell’Assemblea e a lavori della Commissione.
Rafforzato il principio della parità di genere nell’accesso alla rappresentanza politica, con riferimento sia al parlamento nazionale che agli organi elettivi regionali.
La composizione e l’elezione del nuovo Senato Ridotto il numero complessivo dei senatori a 100 (rispetto agli attuali 315 senatori elettivi), dei quali:
– 74 consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza, in conformità alle scelte espresse dagli elettori in sede di elezione degli stessi Consigli;
– 21 sindaci eletti dai Consigli regionali, nella misura di uno per ciascuno, fra tutti i sindaci dei comuni della Regione
– 5 nominati dal Presidente della Repubblica tra i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (con mandato di sette anni non rinnovabile).
Abolite le indennità per i senatori, che conserveranno solo quelle relative alle cariche territoriali.
Il riequilibrio del sistema e degli organi costituzionali di garanzia Introdotto il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali: a rafforzamento delle prerogative del Parlamento, è riconosciuta la possibilità di rinviare alla Corte Costituzionale le leggi elettorali, su ricorso di un terzo dei senatori o di un quarto dei deputati.
Riformato il sistema di elezione del Presidente della Repubblica: in conseguenza del nuovo assetto istituzionale, per l’elezione del Presidente da parte del Parlamento in seduta comune (630 deputati+ 100 senatori) è previsto un nuovo sistema di soglie di maggioranza:
– 2/3 dell’assemblea dal primo al terzo scrutinio;
– 3/5 dell’assemblea dal quarto al sesto scrutinio;
– 3/5 dei votanti dal settimo scrutinio.
Riformato, in coerenza con la fine del bicameralismo perfetto, anche il sistema di nomina dei giudici costituzionali: dei cinque giudici di espressione parlamentare, tre saranno nominati dalla Camera e due dal Senato.
Abolito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).
Vincoli e prerogative dell’azione del Governo Ammessa la possibilità per il Governo di chiedere alle Camere la votazione prioritaria dei disegni di legge dichiarati essenziali per l’attuazione del programma di governo.
Introdotti più stringenti vincoli costituzionali alla decretazione d’urgenza: la possibilità di ricorso al decreto-legge è espressamente esclusa per le leggi in materia costituzionale ed elettorale, le deleghe al Governo, l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, l’approvazione di bilanci e il ripristino di norme che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime.
Più vincoli e responsabilità per gli amministratori locali: il nuovo titolo V prevede che le funzioni amministrative siano esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori.
In generale, introdotto in Costituzione il vincolo della trasparenza della pubblica amministrazione, alla stregua del buon andamento e dell’imparzialità della stessa.
Il rapporto tra lo Stato e i territori: la nuova riforma del Titolo V Abolite le Province quali organi costituzionali dotati di funzioni e poteri propri.
Abolita la legislazione concorrente tra Stato e Regioni, per come delineata dalla riforma del titolo V del 2001, e rivisto conseguentemente il perimetro delle materie di competenza esclusiva, rispettivamente, statale e regionale.
Ricondotte alla competenza esclusiva dello Stato alcune materie, già concorrenti, inerenti ad interessi di rilevanza nazionale, tra cui: grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; politiche sociali e dell’istruzione e formazione professionale, promozione della concorrenza.
Estese le materie ammesse a forme di federalismo differenziato: forme e condizioni particolari di autonomia potranno essere attribuite alle Regioni che abbiano i bilanci in equilibrio in alcune materie di competenza esclusiva dello Stato, tra le quali il governo del territorio, le politiche attive del lavoro, l’ordinamento scolastico, la tutela dei beni culturali, l’ambiente, il turismo, il commercio con l’estero.
Introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia statale”: ai fini della tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o dell’interesse nazionale, si è previsto che su proposta del Governo – che se ne assume pertanto la responsabilità – la legge statale possa intervenire anche in materie di competenza esclusiva delle Regioni.
Rafforzato il principio della corrispondenza tra le risorse spettanti agli enti territoriali e le funzioni pubbliche loro attribuite Il nuovo titolo V prevede che l’insieme delle risorse derivanti dall’autonomia finanziaria regionale e locale (cioè tributi ed entrate proprie, compartecipazioni al gettito di tributi erariali, ecc.) debba assicurare il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite ai rispettivi livelli di governo (comuni, città metropolitane e regioni).
Limitati gli emolumenti spettanti al Presidente della giunta e agli altri componenti degli organi regionali: l’importo delle loro indennità non potrà superare quello spettante ai sindaci dei comuni capoluogo di regione.
Abolito il finanziamento dei gruppi nei Consigli regionali.
Il rafforzamento degli strumenti della democrazia diretta Previsti tempi certi di esame e votazione finale in Parlamento per i disegni di legge d’iniziativa popolare. Di contro, è innalzato fino a 150mila (attualmente 50mila) il numero delle sottoscrizioni richieste per la loro presentazione alle Camere.
Introdotta una nuova tipologia di consultazione – il referendum propositivo e d’indirizzo – alla quale si potranno affiancare ulteriori forme di consultazione popolare, aperte alle formazioni sociali (sul modello del débat public francese).
Aggiornato l’istituto del referendum abrogativo, con l’introduzione di un doppio quorum:
• in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 500mila elettori, per la validità della consultazione sarà necessaria la partecipazione al referendum della maggioranza degli aventi diritto al voto;
• in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 800mila elettori, sarà sufficiente la partecipazione della maggioranza dei votanti all’ultima elezione della Camera dei deputati.
La settimana che si chiude è stata densa di avvenimenti, pensieri ed emozioni che sento il bisogno di condividere con le persone e gli amici che mi sono vicini. Mi sembra che dal loro insieme si possa comprendere perché intendiamo cambiare la Costituzione.
Il viaggio in Ungheria, tra i profughi, sulla frontiera tra speranza e disperazione.
Tutto è cominciato otto giorni fa con la visita che ho compiuto insieme ad una delegazione di parlamentari ed europarlamentari del PD (Silvia Costa, Nicola Danti, Flavio Zanonato, Mauro Del Barba, Laura Garavini e Sandra Zampa) sui luoghi dove giornalmente si consuma, lontano dalle telecamere e nella stanchezza dell’attenzione dell’opinione pubblica, un’immane esodo biblico. Decine di migliaia di profughi provenienti dall’Asia e da Medio Oriente si accalcano disperati alla frontiera di una fortezza che chiamiamo Europa. Il più truce dei suoi guardiani, il Presidente Ungherese Victor Orban sta costruendo un muro fatto di reti, regolamenti e filo spinato per respingere coloro che bussano alla nostra porta. Sono stato a Beremend, sul confine a Sud, tra Ungheria e Croazia dove ho toccato con mano quel filo spinato, ho visto con i miei occhi i profughi venire perquisiti da militari con il volto coperto da un passamontagna e il mitragliatore in braccio. In quel punto si compie il loro destino: dentro o fuori. In quel punto un cammino di settimane se non di mesi o anni trova la sua sorte. Se sei maschio, adulto e viaggi da solo sei fuori, se hai una famiglia con i bambini sei dentro. Non importa se sei da solo perché tutta la tua famiglia è stata sterminata in Siria da Assad o dai terroristi dell’IS; non importa se sei da solo perché essendo omosessuale sai che verresti impiccato nel tuo villaggio afgano: tornatene nel tuo inferno.
Sono stato a Heggyeshalom, sul confine a Nord, tra Ungheria e Austria, dove i rifugiati riemergono come un fiume carsico e silenzioso dopo essere stati caricati sui treni (qualcuno dice: anche treni merci, altri dicono: si ma solo una volta) e quindi spediti verso altri Paesi. L’Ungheria non li vuole. Eppure, ci ricordano alcuni esponenti di organizzazioni non governative che incontriamo a Budapest, ci furono quasi 200mila ungheresi che fuggirono e vennero accolti in Europa durante le persecuzioni prima della caduta del Muro di Berlino (tra l’altro: proprio ieri sono già passati 25 anni!). Oggi coloro che prestano aiuto a questo popolo di senza patria devono farlo clandestinamente e rischiano l’incriminazione.
Possiamo davvero accettare questi comportamenti nel nostro continente? Possiamo tollerare questo filo spinato che rappresenta una ferità nel cuore dell’Europa? Possiamo tacere di fronte a questa violazione permanente dei principi che stanno alla base di questo grande progetto di convivenza e tolleranza, di valorizzazione delle differenze che chiamiamo Unione Europea? Possiamo chiudere gli occhi di fronte alla violazione dei diritti dell’uomo che abbiamo sottoscritto in innumerevoli carte e convenzioni? Secondo Beppe Grillo che scrive in modo entusiasta di Victor Orban sul suo blog certamente si. Secondo Matteo Salvini e Roberto Maroni che minacciano di tagliare i finanziamenti ai comuni che accolgono gli immigrati certamente si. Noi diciamo NO.
Oggi tanti dicono a parole di voler salvare la Costituzione ma poi chiudono gli occhi o li troviamo a fianco di coloro che ne negano i valori fondativi. Io la trovo un’ipocrisia insopportabile.
Diritto di accesso al cibo, progetto FAME ZERO.
Al rientro dall’Ungheria ho avuto modo di meglio definire un importante progetto al quale lavoro da molto tempo insieme alla FAO e ad alcune ONG riguardanti la lotta alla povertà e alla fame, un punto qualificante dei lavori che si sono svolti proprio durante l’ultima settimana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Proprio quest’anno vengono a scadenza i famosi Obiettivi del Millennio che prevedevano lo sradicamento della fame che è tra le cause di così vaste migrazioni di popoli da un continente all’altro ed è l’effetto di guerre, carestie, devastazioni ambientali ed ingiusta distribuzione di ricchezze tra il Nord e il Sud del mondo. Per non dire degli oltre 4 milioni di persone che sono sotto la soglia di povertà nel nostro Paese e dei gravissimi problemi legati all’alimentazione malsana anche nei paesi occidentali. Oggi per problemi di sintesi non ne parlo in modo esteso ma lo farò sicuramente in una prossima newsletter. Intanto vi chiedo di appuntarvi mentalmente che questo è un tema importante sul quale chiedo l’aiuto di tutti voi.
La riforma costituzionale
E’ finalmente cominciata in aula la discussione degli emendamenti sulla riforma Costituzionale. La prima questione procedurale che si è dovuta affrontare è stata quella di che fare degli 85 milioni di emendamenti generati dal famoso algoritmo della Lega Nord. Considerate che, se anche si fosse dedicato solo un 1 minuto per l’illustrazione, la discussione e la votazione di ciascuno di essi, sarebbero stati necessari 161 anni (però senza smettere nemmeno un istante, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza neanche prendere, che ne so, un caffè…). Dunque un tempo abbondantemente superiore a quello della nostra vita. Poiché era evidentemente impossibile che fossero firmati (anche per firmarli ci sarebbero dovuti parecchi anni) qualcuno ha sollevato il dubbio sulla loro ammissibilità, Il Presidente Grasso ha però ricordato che, in base ad una prassi largamente condivisa (tutti i gruppi parlamentari fanno presentare gli emendamenti dai propri uffici legislativi, noi del PD ne abbiamo l’obbligo assoluto) non poteva essere quello l’argomento decisivo che stava semmai proprio nell’abnormità del numero che ne rendeva impossibile l’esame. Alla fine anche Calderoli ha condiviso la decisione.
Si è così passati all’esame degli emendamenti. Sugli articoli 1 e 2. L’articolo 1 è quello che parla delle funzioni del Senato (cosa dovrà fare) il 2 quella sulla composizione (e dunque sul meccanismo di elezione). E’ evidente che siamo proprio nel cuore della riforma.
Sull’articolo 1 ho presentato un emendamento che dice alcune cose molto semplici: il Senato avrà una funzione di raccordo tra istituzioni territoriali (Regioni, Comuni), Stato Centrale, Istituzioni Europee. E’ la tesi che ho sostenuto da sempre, anche l’anno scorso quando presentai analoghi emendamenti durante la prima lettura alcuni dei quali furono anche approvati. Ho inoltre proposto che il Senato si occupasse di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche ed europee (in altre parole: cosa succede dopo che le leggi sono state approvate? Le azioni che intendono dare loro attuazione sono efficaci oppure no?). Infine a scrivere con la Camera alcune leggi e ad eleggere alcune cariche (ad esempio il Presidente della Repubblica). A me sembrano cose molto semplici, la sintesi di un dibattito molto lungo. Un dibattito che ha visto protagonisti ben più importanti di me e a cui va attribuito il vero merito di questa riforma e di questa proposta: a cominciare dalla Presidente della Commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro, al Presidente Luigi Zanda, a Vannino Chiti, Doris Lo Moro e tanti altri colleghi senatori. Ma l’elenco per essere completo dovrebbe comprendere anche tanti costituzionalisti che sono venuti a portare il loro contributo di idee e di passione (. L’ho detto subito a tutti quei giornalisti che sono accorsi per domandarmi chi e era questo sconosciuto che cambiava Questo emendamento porta dunque il mio nome ma è il frutto ed il merito è quello di un grande lavoro di squadra nel quale anche il Governo (in particolare il Ministro Boschi) e i suoi tecnici hanno dato un contributo decisivo. Infatti, a meno che uno non pensi davvero che le riforme si scrivono con gli algoritmi, l’unico modo per fare delle riforme condivise è quello di parlarsi e di ascoltarsi. Poi fare delle sintesi. Pur in mezzo a mille proteste di coloro che fingono di voler discutere e che in realtà vorrebbero bloccare tutto e lasciare le cose come stanno l’emendamento è stato messo in votazione ed è passato con la maggioranza di 177 voti, la più alta in assoluto. Il fatto che fosse chiaro ed esauriente ha precluso la discussione delle altre migliaia di emendamenti e siamo potuti passare all’articolo 2. Dai messaggi che mi sono arrivati la maggioranza degli italiani è stata ben contenta che non si sia perso altro tempo a discutere di una questione ormai ben definita e sulla quale c’è largo consenso.
Tralascio ogni cenno agli insulti e alle polemiche, non perché non mi abbiano ferito ma perché vorrei che il nostro Paese andasse avanti senza attardarsi su cose di poco conto o su inutili volgarità (che pure hanno segnato il dibattito, in modo davvero inaccettabile, soprattutto quando si è offesa la dignità delle donne). Andiamo avanti, senza arroganza e tanto meno sentendoci eroi o Padri Costituenti ma orgogliosi, questo sì, di fare parte di una squadra sta realizzando ciò che aveva promesso di fare e si sta impegnando per cambiare l’Italia e renderla un Paese più moderno, più aperto, più giusto, più efficiente. Se vogliamo essere in grado di stare a testa alta in Europa, se vogliamo che l’Italia, i suoi valori, la sua gente abbia voce e sia più forte di quelli che vogliono spezzettarla, ferirla, liquidarla, se vogliamo che i principi che si sono andati formando attraverso tante lotte e tanti sacrifici abbiano cittadinanza domani, oggi, in questo mondo iper-connesso, allora è necessario uscire dalla palude dell’inconcludenza nella quale ci siamo arenati e portare a termine il grande ciclo di riforme che sta ridando credibilità al nostro Paese.
Ieri abbiamo approvato, in prima lettura, il ddl n. 1556, recante disposizioni volte a garantire la parità della rappresentanza di genere nei consigli regionali.
Il testo stabilisce che, nei casi in cui le leggi elettorali regionali prevedano l’attribuzione di preferenze nelle liste di candidati, ciascuna non può contenere più del 60% di candidati dello stesso sesso.Nei casi in cui il sistema elettorale non preveda invece l’attribuzione di preferenze, ogni lista deve alternare candidati di sesso diverso in maniera tale che i candidati di sesso uguale non eccedano il 60% del totale.
Il ddl mira ad attuare il principio sancito all’articolo 51 della Costituzione, in base al quale la Repubblica promuove con apposite norme le pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive.
Qui il testo, qui la nota breve del Servizio Studi del Senato.
La Commissione Sanità del Senato, in sede deliberante e in terza lettura, ha approvato definitivamente la legge sull’autismo.
Il disegno di legge prevede l’inserimento nei livelli essenziali di assistenza dei trattamenti per l’autismo, l’aggiornamento delle linee guida per prevenzione, diagnosi e cura, oltre alla ricerca nel campo. Le disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie prevedono l’aggiornamento triennale delle Linee di indirizzo per prevenzione e cura, estendendole non solo alla vita del bambino autistico ma anche all’adolescente e adulto. Inoltre si stabilisce l’inserimento dell’autismo nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per garantire uniformità di trattamento nelle varie Regioni. I Lea contengono misure che definiscono servizi sia in ambito domiciliare che ambulatoriale, l’individuazione precoce del disturbo, un programma terapeutico riabilitativo personalizzato, un training della famiglia, fino alla collaborazione con le scuole. Infine il nuovo provvedimento impegna il ministero della Salute a promuovere ricerca di tipo biologico e genetico, ma anche di tipo riabilitativo e sociale.
DDL PA: COCIANCICH (PD), RIFORMA CHE METTE AL CENTRO IL CITTADINO E
SMASCHERA CORRUZIONE
“La legge delega sulla Pubblica amministrazione cerca di rimettere al
centro dello Stato il cittadino e le imprese e sono numerosissime le
disposizioni all’interno del provvedimento che vanno proprio in questa
direzione. Penso alla cittadinanza digitale, a regole e tempi certi
nell’iter burocratico, pagamenti digitali e online, la riforma della
conferenza dei servizi, il silenzio assenso. Con questo disegno di legge
stiamo cercando di spostare l’attenzione dalla procedura agli obiettivi.
Fino ad oggi, seguendo puntigliosamente la procedura, si esauriva il
compito del pubblico amministratore. Oggi si cerca di portare l’attenzione
sull’obiettivo da raggiungere, perché lo snellimento è funzionale
all’ottenimento di un risultato e a una maggiore responsabilizzazione di
chi deve perseguirlo”. Lo afferma il senatore del Pd Roberto Cociancich
intervenendo con dichiarazione di voto.
“Questo provvedimento propone all’amministratore pubblico una grande sfida
culturale, chiamato a diventare compartecipe di un processo di
modernizzazione del nostro Paese. Il tema della valutazione dei dirigenti e
del personale – spiega Cociancich – vuole premiare chi è in grado di
produrre risultati aiutando il cittadino e smascherare i comportamenti di
chi si nasconde nel grigiore delle norme e dei faldoni. Perché gli
interessi oscuri e la corruzione, spesso si nascondono proprio nei faldoni.
Una procedura più semplice, l’accesso e il controllo da parte dei cittadini
sono il migliore antidoto nei confronti della corruzione. Grande importanza
anche al tema della trasparenza, più informazioni significa coinvolgere i
cittadini nel controllo, più partecipazione e democrazia. Siamo certi –
conclude il senatore del Pd – che questo ddl darà risultati positivi nel
medio tempo e nell’immediato”.