Sono stato in visita stamane al carcere di San Vittore. Ho potuto apprezzare la grande professionaità e cortesia delle guardie penitenziarie che mi hanno accompagnato nei diversi raggi in cui si articola questa struttura imponente che sta nel cuore della città. Con il direttore del carcere dott. Siciliano abbiamo ampiamente discusso dei rapporti tra città e carcere, dei progetti che possono essere realizzati anche per dare effettività al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Ho visitato i laboratori di sartoria dove le detenute acquisiscono competenze professionali che potranno aiutarle in un reinserimento all’interno della società una volta espiata la pena. Abbiamo parlato di sovraffollamento, di suicidi (sono stato nel reparto “psichici” e in quello di sorveglianza a vista per chi compie atti di autolesionismo). Ho partecipato ad una messa in una piccola cappella vicino all’ottagono e ho sentito i detenuti pregare per le piccole figlie del carabiniere che ieri a Latina ha distrutto la sua famiglia; ho incontrato volontari, suore, persone che spendono una parte importante della loro vita per portare umanità, speranza in un luogo di grande sofferenza. Nel rientrare, molto meditabondo e scosso, sono passato da via Gian Giacomo Mora. I milanesi lo sanno, quella è la via della Colonna Infame, la via dove nel 1600, ai tempi della peste, abitava un uomo, GianGiacomo Mora per l’appunto, ingiustamente condannato, torturato e ucciso soprattutto a causa dell’isterismo e dell’ignoranza popolare. C’è una targa che commemora quel terribile episodio. Oggi la peste non c’è più ma quando si parla di colpa e di espiazione, mi spiace dirlo, un po’ di isterismo lo si ritrova ancora fra tutti noi.
Robert Kennedy è da sempre uno dei miei più grandi miti, un uomo che ha conquistato tutta la mia ammirazione, fonte di ispirazione continua nella vita privata come in politica.
Con lui condivido il gusto, la voglia, il desiderio del futuro. Noi Italiani dobbiamo essere orgogliosi di quello che il nostro Paese è stato, del nostro grande passato. Ma non dobbiamo temere il futuro perché se saremo in grado di lavorare assieme con lungimiranza e amicizia, se sapremo andare incontro al domani con fiducia, saremo in grado di costruire cose ancora più grandi.
Chiamo idealmente Bobby ad accompagnarmi in questo emozionante viaggio e, insieme a lui, vi dico: andiamo Avanti Insieme, Liberi dalla Paura!
Stamane, nel corso di un dibattito con altri candidati, organizzato da ActionAid Italia, siamo stati invitati ad aderire alla campagna contro la violenza alle donne “ #lasciailsegno. Quello giusto!”. L’ho fatto molto volentieri e invito anche tutti gli altri amici e candidati a fare altrettanto. Lo fate anche voi? 🤗 Il governo a guida PD ha già fatto molto (ratifica della convenzione di Istanbul, aggravanti per i reati domestici e femminicidio, irrevocabilità della querela nel reato di stalking, piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, divieto di demansionamento, licenziamento, trasferimento a seguito di denuncia di molestie e molestie sessuali, misure a tutela delle donne vittime di violenza compreso contributo per le cooperative che assumono donne vittime di violenza, borse di studio a sostegno degli orfani per crimini mi domestici). I Governi Renzi e Gentiloni sono stati composti per metà da uomini e metà donne e la legge elettorale prevede l’alternanza tra candidati uomini e donne. Eppure c’è ancora molto da fare e ritengo che questa campagna sia molto giusta e da sostenere. Il rispetto, la tutela, la valorizzazione del mondo femminile è essenziale ad una società più progredita ed avanzata e per essa ci dobbiamo impegnare.
Come ogni anno a Natale ci inchiniamo, con timore e tremore, davanti ad una culla per accogliere e celebrare il Mistero dell’avvento dell’Uomo. Ma ci sono culle, quest’anno, che sono rimaste vuote e abbandonate come questa in un territorio deserto tra l’Irak e il Kurdistan. Centinaia di migliaia di donne e di uomini sono partiti in fuga dalla guerra, dalla carestia, dalle persecuzioni. A migliaia sono morti nel Mediterraneo. Altri prima ancora di giungervi. Tutti cercano un mondo migliore dove poter vivere, lavorare, sperare e amare. Anche noi cerchiamo le medesime cose. Nessuno può salvarsi da solo. Lavoriamo insieme per rendere questo mondo migliore. Accogliamo in noi, nelle nostre menti e nei nostri cuori, l’umanità. Buon Natale!
Dopo una settimana di passione, dibattiti e votazioni siamo dunque arrivati in fondo: tutti gli emendamenti sono stati votati e martedì saremo finalmente in grado di votare la riforma della Costituzione.
Prima di entrare nel merito di questa riforma lasciatemi però commentare brevemente quello succede nella sponda Sud di questo grande lago che chiamiamo Mare Mediterraneo e che così grande influenza porta nostre coste (anche se a volte ce ne dimentichiamo o pensiamo che non ci riguardi). Ci sono alcune notizie belle altre terribili. Cominciamo da quelle che ci fanno sperare per il meglio: innanzitutto il bellissimo annuncio che il Premio Nobel per la Pace è andato al Quartetto per il dialogo Nazionale in Tunisia: un Paese che dopo gli attentati al Museo del Bardo e alla spiaggia di Sousse sembrava destinato a precipitare nel caos e nella violenza, in preda al caos politico e alla mercé dei gruppi radicali Salafiti. Abbandonato da tutti a cominciare dai turisti che ne hanno disertato le spiagge. Invece la Tunisia, grazie ad una società civile che non si arrende e di cui i quattro esponenti del Quartetto (Wided Bouchamaoui, presidente della Confindustria, Houcine Abassi, segretario dei Sindacati, Abdessattar ben Moussa, presidente della Lega per i diritti umani e Fadhel Mahmoud, presidente dell’ordine degli avvocati) sono straordinari testimoni. Mi piace pensare che questo premio vada idealmente anche al 26enne Mohamed Bouazizi, il giovane venditore ambulante che dandosi fuoco per protestare contro l’ennesimo torto della polizia, diede inizio a questa che rimane l’unica vera primavera araba.
Notizia buona numero 2: sembra che il lavoro di Bernardino Leon, incaricato ONU per la Libia, stia dando alcuni buoni frutti e che i due governi (Tobruk e Tripoli) che oggi si contendono il potere siano disposti a trovare un accordo per formare un governo di unità nazionale. Sarebbe una svolta importante che se confermata vedrebbe una stabilizzazione di quell’area con conseguenze positive sia per quanto riguarda il contrasto al Daesh (lo Stato Islamico) sia nel contenimento degli scafisti e della tratta di esseri umani che continua a causare centinaia di morti nei naufragi dei boat people che salpano disperati verso l’Europa.
Le notizie atroci sono però più numerose: ritengo che abbiamo tutti negli occhi l’orrore per la strage compiuta ieri ad Ankara dove hanno perso la vita un centinaio di giovani manifestanti. Non è il primo attentato, la Turchia si avvicina pericolosamente all’occhio del ciclone, alla vigilia delle elezioni volute da Erdogan per riconquistare la maggioranza assoluta persa pochi mesi fa. Un Paese cruciale per la stabilità dell’area che confina per larghi tratti con quei luoghi dell’infermo contemporaneo che si chiamano Irak e Siria e che non è mai riuscito a trovare una soluzione per la componente curda. Un paese che una volta appariva un baluardo dell’Occidente e che oggi gioca pericolosamente con il Daesh sembra essere risucchiato vertiginosamente verso il fondamentalismo islamico. Mi domando sempre più spesso se l’Europa non sia stata miope quando ha preso tempo di fronte alla richiesta di adesione della Turchia alla UE. Oggi quella prospettiva è sempre più lontana ma anche la prospettiva di una pace in quella parte del Medio Oriente.
Altra notizia terribile: Israele e la Palestina stanno precipitando verso una terza intifada, fatta non più da lancio di pietre ma di accoltellamenti sugli autobus e nella città vecchia. Come ha scritto efficacemente Ugo Tramballi sul Sole 24 ore di sabato una prova del livello di disperazione in cui una parte e l’altra sono precipitate e dove appare evidente che la supremazia militare non è sufficiente per garantire né la pace né la sicurezza. E’ necessaria una nuova politica che apra le porte ad un riconoscimento reciproco. Qui si è tutti finiti in un vicolo cieco.
Notizia terribile numero tre: le forze della NATO (che in definitiva siamo anche noi) hanno colpito e distrutto un ospedale a Kunduz, in Afghanistan, uccidendo 22 persone tra cui alcuni membri di Medici Senza Frontiere. Gli Stati Uniti si sono scusati per l’errore ma non si capisce perché abbiano continuato a bombardare per mezz’ora anche dopo che l’errore era stato segnalato ai comandi militari. Certo, è possibile che tra i malati si nascondessero dei talebani e che si servissero di quella struttura come di una sorta di scudo. L’orrore però resta e rafforza la convinzione che se vogliamo recuperare credibilità e dunque ottenere anche una vittoria politica oltre che qualche successo militare queste cose non possono e non debbono accadere mai più.
Ultima notizia terribile che non mi fa dormire la notte: la sorte di Ali Mohamed Al Nimr, un giovane sciita e cittadino dell’Arabia Saudita, condannato – per avere partecipato ad una manifestazione di protesta – alla decapitazione e successivamente ad essere crocefisso fino a putrefazione. Una barbarie senza paragoni che getta vergogna su un paese come l’Arabia Saudita nel momento in cui presiede la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Sarebbe ora di cominciare di denunciare con maggior forza i legami tra il fanatismo Wahabita che ispira la politica saudita e i tanti gruppi terroristici (Al Qaeda, Boko Haram, Shabaab…) che insanguinano il mondo. Prima ancora che contro l’occidente questa violenza è diretta contro gli stessi mussulmani ed innesta una spirale di odio e violenza assai poco dissimile dagli altri totalitarismi che hanno insanguinato il 20 secolo.
Veniamo ora alle questioni interne. Come dicevo siamo ormai alla vigilia del voto finale. Abbiamo la possibilità di varare una riforma che renderà il processo legislativo più semplice e rapido e dunque anche più tempestivo. Il Senato sarà espressione delle regioni e dei comuni, sono state definite con chiarezza le sue funzioni e i suoi poteri che non si sovrappongono a quelli della Camera ma li integrano. Sarà il luogo di raccordo tra enti territoriali, stato centrale e Europa. Sono state ridefinite le competenze delle regioni evitando quella conflittualità tra Stato e Regioni che aveva determinato quasi la paralisi della Corte Costituzionale , sono state poste le premesse perché si vada ad una razionalizzazione anche della taglia delle Regioni stesse. Ci saranno meno Senatori, meno costi, verrà abolito il CNEL (che non ha mai partorito un disegno di legge approvato), saranno definitivamente abolite le province. Qui non ho spazio per entrare nel merito delle singole disposizioni (lo farò magari una delle prossime volte – sul mio sito trovate diversi commenti su questioni più specifiche) ma di sicuro è una riforma che incide profondamente nel nostro sistema e rende il nostro Paese più semplice e moderno. Le opposizioni si erano ripromesse di bloccare tutto e far saltare il Governo. Non solo non ci sono riuscite ma sono state loro ad uscire sconfitte, ancor più lacerate e divise, con tanto di reciproci insulti finali. Insomma una vera debacle. Tutto questo in nome di cosa? Nessuno lo ha capito. Via via che il dibattito avanzava è stato sempre più evidente che le obiezioni erano sempre e soltanto sulle procedure e sulla forma, le accuse di attacco alla democrazia una formula sempre più retorica e vuota e che in definitiva esse erano totalmente incapaci di fare delle controproposte. Questo è il motivo ultimo (la mancanza di una proposta alternativa per il futuro dell’Italia) per il quale apparirà sempre più evidente che le opposizioni sono in questo momento inadeguate a governare il nostro Paese e che lasciarlo a loro porterebbe solo il caos. Con umiltà, pazienza e concretezza dobbiamo invece lavorare perché il nostro Paese esca in modo definitivo dalla crisi (i segnali incoraggianti si moltiplicano) e insieme agli altri paesi dell’Unione Europea sia capace di giocare un ruolo attivo per la stabilità, la pace, lo sviluppo di tutta l’area Mediterranea.