E’ quasi mezzanotte, sono solo in casa. Accendo il computer e da un cassetto remoto della memoria apro un file nascosto. Appaiono due lettere che leggo sottovoce…
Lettera a me stesso il giorno prima di prendere la Partenza
Milano, 3 giugno 2009
Caro Roberto,
approfitto degli straordinari progressi della posta elettronica per scriverti una lettera che ti raggiunga il giorno prima che tu prenda la Partenza. Una lettera a te indirizzata (potrei anche dire: a me stesso indirizzata) più o meno dove abiti ora ma che riceverai circa una trentina di anni fa. Certo, forse resterai un po’ sorpreso. Tu vivi in un tempo in cui si racconta di lettere o cartoline che giungono al destinatario con una trentina di anni di ritardo. Mai hai sentito dire di messaggi che giungono con una trentina di anni di…. anticipo! Con ogni probabilità neppure sai che cosa è la posta elettronica… Eppure, credimi, il progresso è stato tale che oggi i sistemi di comunicazione sono in grado non solo di annullare la distanza spaziale (schiacci un tasto e.. oplà, la tua lettera viene recapitata a migliaia di chilometri di distanza, che ne so: in Tasmania o nella Nuova Caledonia) ma anche di annullare la lontananza temporale (posso scrivere a chi mi legge oggi, domani oppure …..l’altro ieri). Lo so, già ti vedo scettico, ma ti prego, almeno per una volta, cerca di non essere quell’insopportabile sbruffoncello che ti riesce così bene di essere. Qui non è qualcun altro che ti parla ma sono io, cioè tu stesso. Fidati almeno di te e smettila di rivolgermi quel sorrisino ironico e saccente che tanta voglia di riempirti la faccia di sberle faceva venire a tuo padre, ai tuoi professori e anche a qualche capo scout.
Se mi prendo oggi la briga di scriverti (e detto fra di noi, avrei cose anche molto più piacevoli da fare..) non è certo per farti la morale, metterti in guardia sui pericoli dell’esistenza, darti suggerimenti pratici per cavartela nelle difficoltà che stanno per pioverti addosso. No. Queste cose so bene che non ti interessano. Faresti finta di ascoltarmi, muoveresti la testa con ampi cenni strizzando l’occhio a un vicino come per dire: ma senti un po’ che razze di storie viene a raccontarmi questo…. lo so, sai essere spietato, irriverente, persino sprezzante. Pensi di avere il mondo nelle tue mani e questo ti fa sentire un semi-Dio.
Se oggi mi rivolgo a te, non è perché ho qualcosa da insegnarti o una predica da impartirti. Oggi ti scrivo non perché tu abbia bisogno di me ma piuttosto il contrario. Perché, per quanto possa sembrare assurdo, sono io che ho bisogno di te. Di te Roberto, brutta bestiaccia; di te, giovane, insopportabile me stesso. Di te sfrontato ragazzino, che si pone qualche domanda (non troppe) sulla vita e che in qualche momento pensa forse a quello che io sono, cioè a quello che diverrai fra trent’anni.
Ho bisogno di parlarti perché a volte vorrei ritrovare il tuo entusiasmo, la tua sicurezza, la tua voglia di avventura. La capacità di stupirti davanti al mondo e di provare una gioia profonda, intima, davanti alle montagne, allo spettacolo della natura. Quel senso di riconoscenza a Dio per il mistero della vita. Quel sentimento di trovarsi all’inizio di ogni strada, al bivio primordiale, avendo davanti a sé tutte le possibilità, come se il mondo fosse stato appena creato e ci venisse chiesto soltanto di attraversarlo, felici, nell’alba di una nuova era ricca di promesse.
Domani sarà il giorno della tua Partenza, lascerai il Clan e ti avvierai per la tua strada, “senza voltarti indietro”, come hai scritto ai tuoi Capi. So che hai deciso di lasciare lo scautismo, un’esperienza che pensi ti abbia ormai dato tutto quel che poteva. Ovviamente non voglio e non posso svelarti niente di quel che ti succederà ma tieni presente (questo sì, ti prego) che a volte le cose non vanno esattamente come uno se le aspetta e che nella vita può irrompere il caso e l’inatteso e in definitiva l’esistenza prendere una piega assai diversa da come uno se l’era prefigurata. Vabbè, non voglio andare oltre, se no mi metto subito a fare quel che mi ero ripromesso di non fare e cioè il distillatore di morali e precetti di vita. Invece sono qui, con molta umiltà (e la cosa non mi è per nulla facile, specialmente davanti a te) per fare domande anziché per dare risposte.
Trent’anni sono un periodo di tempo sufficientemente lungo per dimenticare ciò che siamo stati e io sono abbastanza curioso di riscoprire il ragazzo che ero (e che tu sei), di ritrovare quel batticuore che quando sei giovane ti fa star male ma che quando diventi adulto ti manca da morire e sei tentato di ricercare in situazioni che non te lo possono più regalare. Dove trovi l’entusiasmo? Che sapore ha la vita prima di essere inquinata dalla slealtà e dal tradimento? Ricordo alcune parole di una lettera di Anna Frank, scritta nella sua soffitta, prima che la trovassero le camicie brune; sono solo un mozzicone di frase ma mi sembra dicessero: “Fino a quando puoi guardare il cielo senza timore…”. Guardare il cielo… che gioia semplice, eppure profonda … Bisogna avere occhi grandi e cuore forte per poterlo fare; direi quasi un esercizio di coraggio puro. Talvolta abbiamo paura di essere felici. Altre volte non ne siamo capaci. Anzi , aspetta, voglio cercarla meglio quella frase, perché oggi mi pare così importante… ecco diceva esattamente: “Quando guardavo fuori, immergendomi nella profondità di Dio e della natura, mi sentivo felice, assolutamente felice. Peter, finchè c’è questa felicità interiore, questo godere della natura, della salute e di tante altre cose, finchè si ha tutto questo si tornerà sempre a essere felici. Ricchezza, fama, tutto puoi perdere, ma questa felicità nell’intimo del tuo cuore può soltanto velarsi e si rinnoverà sempre finchè vivrai. Finchè puoi guardare il cielo senza timore, sappi che sei intimamente puro e che ridiverrai comunque felice”.
Questa felicità oggi io cerco ma non ricordo: tu la sentivi? Avevi paura o coraggio? Amavi la vita o ne provavi timore? Eri curioso o disattento? Non pensare che io oggi sia messo così male da vagare senza bussola nell’esistenza. Ma giunge un giorno nella vita in cui per camminare a testa alta bisogna fare appello a tutte le proprie risorse interiori, anche quelle sepolte in un passato lontano e quasi dimenticato. Ciò che sei stato a vent’anni ti aiuterà sempre o al contrario sarà per te una zavorra duratura.
Ho bisogno di sapere se l’hai mai provata.
Certe sere torno a casa stanco e insoddisfatto. Tutto appare così difficile e complicato. Ho come l’impressione che gli uomini del mio tempo abbiano perso il gusto della fraternità e che prevalga la lotta gomito a gomito, il desiderio di arricchirsi a scapito degli altri, di chiudersi nella cittadella che ci siamo costruiti intorno. Dove sono gli ideali? A volte mancano persino le idee. Le nuove tecnologie pongono domande alle quali non so più rispondere: quando inizia la vita? Quando è lecito farla cessare? Cosa vuol dire uomo, cosa vuol dire donna? Ti sembreranno domande semplici, persino banali ma ormai la genetica, la ricerca sulle cellule staminali, quella farmacologica ci costringono a rimettere in discussione tutto quello che avevamo considerato indiscutibile fino ad ora. Notizie terribili trapelano dalle pagine dei giornali: uomini che ributtano a mare carrette piene di immigrati disperati, ragazzi che si fanno saltare le budella con i chiodi e l’ esplosivo in odio al vicino, campi illegali di prigionia gestiti da superpotenze… L’umanità viene depredata, la natura violentata. Dove stiamo andando? Che società stiamo costruendo? E’ questo ciò che volevo? E’ questo ciò che desideravi? Ho davvero lottato abbastanza per la giustizia, per la fraternità fra gli abitanti della Terra? Mi domando allora se non sto cominciando a farmi cadere le braccia, a rinunciare a quel sogno che sono certo di avere avuto un giorno nel cuore. Tu forse te la ridi ma ciò che mi dà ansia non è oggi quello di restare solo ma quello di avere forse lasciato troppo soli le donne e gli uomini che ci hanno creduto per davvero e non solo a parole.
Dicono che non si può tornare indietro ma se tu mi ascolti vieni da me, portami un po’ della tua sfrontatezza, aiutami ad uscire dalle minacce degli incubi e salvami con la tua voglia di salvare il mondo.
Risposta all’uomo che non conosco
Milano, 2 giugno 1979
Ciao Rob,
vedo che te la passi male. Scusa la franchezza ma ti ho trovato un po’ patetico. Il sogno, il cielo, gli anni che passano, l’umanità depredata… magari potevi aggiungerci anche le mamme che imbiancano e la canottiera di lana e così eravamo a posto. La storia della posta che torna indietro nel tempo , poi, è a davvero fantastica. Ma per chi mi hai preso? Per uno con l’anello al naso? tanto per cominciare so benissimo cosa è la posta elettronica che noi chiamiamo BBS (Board Bulletin System) e che anche se ancora poco usata è evidente che da qui a poco si svilupperà in modo massiccio. Però l’inversione del tempo… ti prego! Non potevi inventare qualcosa di più verosimile?
E’ evidente che tu sei solo un parto della mia fantasia, un me stesso immaginario a cui do un appuntamento fra trent’anni, un Roberto a cui ho indirizzato la mia lettera di Partenza che sabato prossimo leggerò davanti a tutto il Clan. Dare un appuntamento a se stessi è un chiodo fisso del mio Capo Clan, dice che dobbiamo verificarci di tanto in tanto, capire se le scelte della Partenza le abbiamo portate avanti, che poi bisogna aggiornarle e poi bla, bla, bla…. Per farlo contento ti ho inventato. Certo che mi sei venuto fuori proprio male. Se sei depresso vai a farti un giro, dormi di più e frequenta qualche bella ragazza (sempre che tu non ti sia sposato nel qual caso te lo sconsiglio vivamente…). Ti prego, però: non scocciarmi con i problemi del tuo tempo. Tu pensi che noi non abbiamo già i nostri? Te ne cito alcuni: inflazione, disoccupazione, la guerra fredda, il terrorismo rosso, il terrorismo nero, il processo di Piazza Fontana, la guerra in Afghanistan, gli Sciti che fanno la rivoluzione in Persia… ti basta? Inoltre, scusa se parlo di me stesso, ma devo anche decidere cosa fare l’anno prossimo, se optare il servizio civile oppure lasciare tutto e andare in Africa come ha fatto Marco. Oppure se accettare quella proposta di un posto in banca come ha fatto Giulia che di certo non è una scema. Non sono dubbi semplici, te lo assicuro. E dovrei venire a farti i massaggini alle tempie in modo che tu possa ritrovare il tuo perduto benessere psicologico? Caro mio, datti una mossa e arrangiati. Ogni stagione ha le sue tempeste e io ho già abbastanza da fare a ripararmi dalle mie. Se proprio vuoi un consiglio te lo dico: cammina con la testa dritta e senza voltarti sempre indietro che se no ti viene il torcicollo e magari cadi in qualche buca. Il coraggio di vivere cercalo insieme ai tuoi amici (sempre che tu sia stato in grado di farteli e conservarteli, eh, eh) ed evita di autocompatirti. Se poi qualche volta ti troverai da solo guarda pure il cielo ma non per cercare consolazione ma la conferma che il mondo è più grande del piccolo universo individuale nel quale ti sei cacciato e che tu devi solo andargli incontro e abbracciarlo. Questo almeno ti ho scritto nella mia lettera di Partenza e mi faresti una grossa cortesia se non te lo dimenticassi. Adesso scusami ma ho da fare.
Ciao bello, buona strada, ci vediamo fra trent’anni.”