Un anno vissuto pericolosamente
Buon compleanno (diciasettesima legislatura)! Esattamente un anno fa (15 marzo 2013) si aprivano i portoni di Camera e Senato per accogliere deputati e senatori freschi di elezione. E’ opinione di molti che, per quanto riguarda il Senato, sia stata anche l’ultima. Trovandomi a vivere in prima linea questa esperienza così straordinaria provo ad elencare i fatti più notevoli a cui ho assistito e (anche se in piccola parte) a determinare.
Innanzitutto lo shock di scoprire che le elezioni che sembravano già vinte non lo erano state per niente. In soli due mesi il PD, con una campagna grigia e senza idee, era riuscito a perdere dieci punti regalando al centro sinistra il peggior risultato della sua storia. Grazie al tanto deprecato Porcellum, al voto degli italiani all’estero e a quello dei membri della coalizione, il PD è comunque riuscito ad avere una salda maggioranza alla Camera cosa che però non gli è di grande utilità tenuto conto che al Senato gli mancano oltre cinquanta voti per essere in grado di governare senza fare alleanze con il centro destra (o con il Movimento 5 Stelle). La mancata vittoria alle elezioni, bisogna dirlo chiaramente, è stata la causa di tutti i mali che sono venuti dopo.
Il secondo shock è stata la constatazione che il Movimento di Beppe Grillo, oltre a raggiungere uno straordinario successo elettorale, era del tutto indisponibile a farsi carico della benché minima responsabilità di governare il Paese. Può essere normale che una forza di opposizione si contrapponga in modo anche viscerale alla maggioranza, ma quando si diventa sostanzialmente il partito più votato del Paese dovrebbe essere giocoforza assumere un atteggiamento di cogestione almeno a livello istituzionale . Invece il M5S ha dimostrato di essere totalmente incapace di dialogare sia all’esterno (memorabile l’incontro in streaming con Bersani), sia al proprio interno (procedendo di gran carriera a purghe ed espulsioni di tutti coloro che non sono sufficientemente ossequiosi verso il Capo) e venendo a costituire il più clamoroso esempio di autismo politico del nostro tempo. Peccato.
Siamo quindi passati alla fase delle elezioni delle massime cariche dello Stato, dapprima il Presidente Grasso al Senato (Boldrini alla Camera), gli uffici di presidenza (più tardi anche le Commissioni), quindi l’assurda candidatura di Franco Marini alla Presidenza della Repubblica, la tragica vicenda di Romano Prodi con il tradimento dei 101 (in realtà molti di più), la ri-elezione di Giorgio Napolitano. Nel mezzo le dimissioni di Bersani da Segretario PD, la elezione di Guglielmo Epifani alla medesima carica, il definitivo tracollo di tutta la vecchia dirigenza, l’impressione di essere a bordo di una grande nave priva di bussola e di direzione.
Il Governo Letta è nato all’insegna delle grandi intese, composto da rappresentanti del partito di Berlusconi, di quello di Monti e ovviamente del PD. Si era auto assegnato un orizzonte politico di 18 mesi legando il suo futuro alla realizzazione delle riforme costituzionali. Una commissione di saggi avrebbe dovuto predisporre un testo ma è nata in mezzo alle polemiche sia per la sua composizione che per il metodo usato (al di fuori della procedura costituzionale prevista dall’art. 138). Di fatto i suoi lavori sono apparsi come un fiume carsico che ad un tratto si inabissa e nessuno sa dove rispunterà.
Le vicende del Governo Letta sono state molto faticose e costellate da incidenti che hanno portato alla richiesta di dimissioni di ministri (quello dello sport Iosefa Idem, quello della salute Nunzia di Girolamo, quello dell’Interno Angelino Alfano, quello della Giustizia Maria Grazia Cancellieri). In mezzo una politica fatta di richieste di sacrifici e al tempo stesso di spese forse non molto necessarie: pensiamo al costo degli F35 e al decreto sulla Banca d’Italia. La legge di stabilità è parsa a molti come un’occasione mancata di dare slancio al Paese ed è stata criticata severamente da Bruxelles. Altri incidenti: la vicenda Stamina (prima autorizzata sotto le urla della piazza, poi rivista e praticamente bloccata), i decreti omnibus (salva-Roma, milleproroghe, le slot machines…), gli infortuni gravi dei casi Shalabayeva e dei nostri Marò in India. Il continuo downgrading del debito italiano da parte delle maggiori agenzie di rating internazionali.
Altri fatti notevoli e decisivi: la condanna definitiva di Berlusconi a inizio agosto e la conseguente sua decadenza da Senatore accertata in Aula nel corso di una drammatica, interminabile seduta. Con la conseguenza della rottura nel PDL tra falchi e colombe, la rinascita di Forza Italia e quella dell’NCD, la mini crisi del Governo Letta con le dimissioni dei ministri e sottosegretari fedeli a Berlusconi. Quasi contemporaneamente la crisi e la spaccatura tra Monti e Casini, il disfacimento di Scelta Civica. Fuori dal Parlamento: la crisi della Lega Nord, l’elezione di Salvini come nuovo segretario, l’alleanza con il Fronte Nazionale di Marina Le Pen. E ancora: l’annullamento delle elezioni in Piemonte e la caduta della Giunta del leghista Cota, le indagini sulle spese pazze di consiglieri regionali (dalla Nutella alle mutande verdi). I grillini salgono sul tetto di Montecitorio con il sacco a pelo e, una volta scesi, coprono di insulti chi non la pensa come loro, vanno all’attacco dei banchi della presidenza come nella famosa scena della corazzata Potemkin, impediscono che si riuniscano le commissioni e che si voti in aula. Beppe Grillo chiede l’impeachment del Presidente della Repubblica.
Insomma, uno straniero che si fosse affacciato sul nostro Paese lo avrebbe trovato in uno stato di confusione ancora più esasperato del solito.
In questo contesto, mi sembra debba essere riconosciuto, che l’unico elemento di chiarezza è arrivato dal Partito Democratico che ha avviato (con modalità forse anche troppo complicate) un Congresso grazie al quale è stata ringiovanita e rinnovata la quasi totalità della sua struttura organizzativa provinciale e regionale e dopo aver portato alle urne quasi tre milioni di votanti ha eletto con la stragrande maggioranza dei voti Matteo Renzi nuovo segretario del Partito. Con una decisione criticata da alcuni ma resa necessaria dall’esigenza di non essere a sua volta logorato dall’inefficacia e dalle lentezze del Governo, la direzione del PD ha indicato Matteo a prendere la guida dell’Esecutivo.
Oggi il cambio di passo è evidente, le proposte economiche raccolgono il plauso del Fondo Monetario Internazionale, l’incoraggiamento di Parigi e di Berlino, scende lo spread, crescono le aspettative di tutti quei nostri concittadini che non si rassegnano al catastrofismo, si annuncia una vera leadership coraggiosa, innovativa, forte. La strada per uscire dalla palude esiste. Per me che e per i tanti amici che hanno sempre creduto nella possibilità di avviare una nuova fase e di cambiare verso alla politica italiana è un momento di grande soddisfazione e speranza. Le difficoltà sono grandissime, le sfide enormi: da parte nostra la voglia di affrontarle con coraggio e a viso aperto.