Il risultato delle elezioni nei Paesi Bassi permette all’Europa di tirare un sospiro di sollievo ma ora più che mai deve cambiare e superare schemi tecnocratici che allontanano i cittadini.
Il voto degli olandesi, chesi sono recati massicciamente alle urne con l’82% degli aventi diritto, ha decretato la netta sconfitta del partito nazionalista dell’euroscettico e islamofobo Wilders e un importante risultato dei Verdi di sinistra. Un voto di cittadini europei, stanchi di quell’antipolitica urlata che diffonde odio e paura e che dicono ‘no’ a populismi ed estremismi xenofobi e ‘sì’ ad una Europa democratica e tollerante.
Una buona notizia che dovrebbe scoraggiare anche chi nel nostro Paese sostiene le ondate di nazionalismi in Europa, come Grillo e Salvini.
Questa mattina sono intervenuto in Senato per la dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico sulla relazione del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e sulle risoluzioni presentate in vista del Consiglio Europeo che si svolgerà il 9 e 10 marzo.
“Signor Presidente, vorrei ringraziare il Presidente del Consiglio e i membri del Governo. Credo che l’intervento del presidente Gentiloni sia stato ampiamente apprezzabile e condivisibile per ciò che ha espresso.
Siamo alla vigilia delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dei trattati di Roma. Tutti abbiamo riconosciuto come questo sia un momento di crisi e, come ogni momento di crisi, può rappresentare anche un’opportunità.
Condivido gli interventi di coloro che hanno richiamato l’importanza di ritrovare oggi l’orgoglio di essere europei. L’Unione europea – lo ricordo – ha vinto pochi anni fa il premio Nobel per la pace. Jeremy Rifkin l’additava come un esempio politico da imitare anche per altre realtà politiche, come gli Stati Uniti. Penso che non si debba ricordare l’Europa solo come un fattore di pace. Certo, è stato anche questo e lo testimoniano tutte le realtà di conflitto e di guerra che sono intorno all’Unione europea: Ucraina, Yemen, Iraq, Siria, Libia. Ovunque gettiamo lo sguardo troviamo realtà di conflitto, di guerra, di sofferenza. Ma l’Unione europea è qualcosa di più: è stata l’idea, il sogno di una società aperta, tollerante, plurale, laica, multiculturale, multireligiosa.
Vorrei leggere brevemente gli articoli 2 e 3 del Trattato sull’Unione europea: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». «L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».
Questi sono i valori che, tramite l’Unione europea, noi cittadini europei cerchiamo di conseguire; di questi non dobbiamo vergognarci, ma dobbiamo richiamarci a essi in questo momento di difficoltà e di crisi. Se torneremo a questi valori, l’Unione europea riprenderà slancio; se l’Unione europea rimarrà, invece, rinchiusa in una visione minimalistica, asettica, burocratica, non avremo un grande futuro.
È vero che oggi i cittadini mostrano stanchezza nei confronti di una Unione europea di questo tipo perché è una Unione in cui non si possono riconoscere.
È paradossale, Presidente, che siano proprio le forze di centro-destra che per diverse legislature hanno sostenuto le commissioni che hanno portato avanti quelle politiche – ricordo la legislatura vigente durante la Commissione Barroso e anche durante la Commissione Juncker – oggi siano le più accese nella critica all’Unione europea. Sono loro che hanno condotto in questa direzione l’Unione europea e oggi se ne lamentano. Mi pare un po’ paradossale.
È anche vero, però, che oggi questi valori sono messi in discussione da chi costruisce muri, da chi stende il filo spinato. Personalmente non posso che condividere lo sgomento espresso dal presidente Napolitano per le parole che abbiamo sentito ieri sera, per le immagini che abbiamo visto e per quello che oggi può sembrare facilmente dicibile e che una volta ci saremmo persino vergognati di pensare, non soltanto di dire a voce alta. Ci sono anche fra di noi alcuni epigoni di questi politici che in alcuni Paesi stranieri promuovono valori che, secondo me, sono contrari all’Unione europea e che anche oggi hanno espresso critiche fondate spesso su una visione piuttosto moralistica. Mi riferisco, ad esempio, alle espressioni usate dal senatore Centinaio che ha stigmatizzato – con il garbo e l’eleganza che contraddistingue sempre suoi interventi – il fatto che vi siano alcuni esponenti politici che rubano lo stipendio. Mi domando a chi si riferisse in questo momento perché abbiamo presenti alcuni esponenti anche del suo partito che sono noti per essere scarsi frequentatori delle aule del Parlamento. Mi domando se essere assenteisti permanenti al Parlamento europeo li faccia rientrare nella critica espressa dal senatore Centinaio. Ricordo, inoltre, gli esponenti di altre forze politiche che normalmente invocano l’onestà e la sobrietà e dopo si scopre che hanno favorito, con i contributi europei, i propri parenti, i fidanzati e le badanti, cosa che certamente non contribuisce alla credibilità né delle istituzioni, né del Parlamento europeo e fa ben capire che c’è una doppia moralità, una certa ipocrisia che sta dietro questo tipo di critiche.
Signor Presidente, arrivo velocemente alla conclusione perché il vero tema politico, oggi, sono le proposte di riforma che vengono presentate a livello europeo per rilanciare l’azione dell’Unione. Mi sembra che siano sostanzialmente due. La cancelliera Angela Merkel ha proposto al consiglio informale di Malta un’Europa a due velocità o a più velocità. In realtà, l’Unione europea già oggi si muove con diverse velocità. Poi ci sono le proposte del presidente Juncker contenute nel Libro bianco che illustra cinque scenari. A mio parere quelli verosimili sono soltanto lo scenario n. 3, cioè quello che consente a chi vuole avanzare, a chi vuole fare di più, di fare di più, e lo scenario n. 4 che permette di fare di meno ma in modo più efficiente.
Di certo non possiamo restare oggi così come ci troviamo perché questa situazione comporta un distacco sempre maggiore da parte dei cittadini. Dobbiamo quindi andare avanti verso una svolta. In ogni caso, credo che saranno da riprendere quelle priorità strategiche contenute nel programma della Commissione presentato a settembre che consistono nel raddoppiare la capacità finanziaria del Fondo europeo per gli investimenti strategici, cioè il FEIS, che secondo il piano di Juncker sarebbe capace di generare 500 miliardi e replicare l’esperienza del FEIS nella cooperazione internazionale tramite un piano europeo per gli investimenti esterni. Questo sarebbe molto importante perché questa sarebbe la vera risposta alle sfide dell’immigrazione: investire nei Paesi africani, consentire loro di generare un reddito che consenta livelli di vita che prevengano il fenomeno migratorio, almeno nei numeri così elevati che abbiamo oggi, e di rafforzare il pacchetto dell’economia circolare e le proposte di regolamento e di revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale. Tutte proposte volte anche a dare maggiore flessibilità alle nostre istituzioni europee.
Con queste indicazioni annuncio il voto favorevole del Gruppo del PD sulla risoluzione presentata dal senatore Zanda e da altri Senatori.“
Durante il weekend ho partecipato ad un interessante evento organizzato dal circolo Pd DemOnline Campania. Si è dibattuto dell’ alternatività del lavoro al reddito di cittadinanza, ovvero della sostanziale differenze tra la proposta politica del Partito Democratico e quella del M5S. Il contrasto tra le due posizioni fa emergere chiara e netta la differenza culturale che insiste a livello politico: da una parte si pone l’attenzione sulla necessità di produrre ricchezza, perché questa crea lavoro, dall’altra si ipotizzano algoritmi per la spartizione della povertà. Certo, è necessario che lo Stato faccia la sua parte attraverso il lavoro pubblico, investendo nel lavoro innovativo che le nuove generazioni possono offrire, capace di essere un complementare supporto anche alla crescita del privato. Se non saremo in grado di produrre lavoro, saremo schiacciati dalle ben più floride economie non solo si stanno facendo largo dal Nord Europa all’America. Questo tema ovviamente non può esaurirsi in questo mio breve intervento. Vi propongo quindi di vederci dal 10 al 12 marzo al Lingotto di Torino: assieme a Matteo Renzi e a molti altri amici parleremo di molti argomenti , tra cui anche questo. Il futuro del Partito Democratico dipende della forza del nostro sogno di rendere l’Italia un Paese più giusto più forte, più efficiente, più moderno.
Mi sono chiesto più volte se la scintilla che ha dato vita alla Europa come Comunità sia ancora viva e ardente, se sia ancora linfa capace di nutrire l’animus europeo dei propri cittadini. La crisi di immagine e di identità che l’Europa sta attraversando adesso, esige uno sforzo di creatività, di immaginazione, di speranza e di coraggio intellettuale che vada al di là di quelle che sono semplicemente forme e funzioni inglobate nei Trattati.
Oggi il tema dell’identità europea non è legato semplicemente al riconoscimento delle istituzioni e del loro funzionamento, subordinato anche a fattori contingenti, bensì proprio all’idea di Unione Europea in sé, dell’intera comunità europea. Quando si è scelto di cambiare il nome da Comunità ad Unione Europea è stato fatto un errore: non si è semplicemente cambiata una denominazione ma si è costruita la percezione di un’Europa fredda, istituzionale, distaccata dal sogno europeo che aveva l’aveva resa prima di tutto comunità nell’animo dei propri cittadini. L’Europa degli apparati, della burocrazia, l’Europa dei palazzi, non confligge con l’europeismo, ma non può da sola bastare a rinsaldare la connessione sentimentale tra i cittadini e la propria identità, non riesce a divenire prossima alla vita concreta dei suoi cittadini.
L’Europa è un grande sogno che arriva da lontano, caricandosi di pathos sulle note della 9 Sinfonia di Beethoven e dell’Inno alla Gioia di Shiller, come di una forza morale ed ideale che oggi con fatica riusciamo a ricordare. La scintilla, figlia degli Elisei, della quale parla Shiller nell’Inno alla Gioia, ha bisogno di essere riaccesa, oggi. L’Europa che ha abbattuto muri e conflitti non può oggi costruire muri tra i propri cittadini. Non possiamo lasciare che quella scintilla accenda il fuoco della discordia tra gli Stati membri.
Io credo che l’Italia sia uno dei pochi Paesi che possa e debba, adesso, adempiere al compito di realizzare il progetto dei Trattati attraverso una forte iniziativa politica e culturale sul piano dell’ideale europeo, rafforzando l’identità dello spirito europeo, dello spirito di fratellanza, di una comunione che si fa comunità per un’Europa vicina ai suoi cittadini con delle azioni concrete.
I cittadini non possono appassionarsi ad un’Europa capace solo di imporre manovre restrittive e regole che incidono sulle disponibilità finanziarie di un Paese: non dobbiamo rassegnarci all’idea di un’Europa così fredda. Abbiamo davanti un’occasione che non possiamo sprecare, la possibilità di riportare l’attenzione sullo spirito e sul sentimento europeo.
#Corridoiumanitari: Sicurezza, Accoglienza e Integrazione al tempo dei nuovi muri e dei bandi agli immigrati
Ieri mattina, con il progetto dei Corridoi umanitari, sono giunti a Fiumicino 41 profughi siriani dal Libano, sia cristiani che musulmani, un terzo minori, provengono dalle città di Aleppo, Homs e Damasco. Si tratta del sesto arrivo dal febbraio dell’anno scorso; in totale sono 540 le persone, appartenenti a famiglie in condizioni di “vulnerabilità”, giunte così nel nostro Paese.
Il progetto, promosso da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane (Fcei) e Tavola Valdese, in accordo con lo Stato Italiano , e interamente autofinanziato dai promotori, favorisce l’integrazione e garantisce la sicurezza, per chi arriva e per chi accoglie.
A pochi giorni dall’approvazione del cosiddetto decreto “immigrationban” della nuova amministrazione Trump, questa notizia porta un soffio di speranza e fiducia.
Quello dei #Corridoiumanitari è un virtuoso esempio di sinergia tra le istituzioni e la società civile e mostra come l’integrazione sia possibile, in Italia e in Europa.
Diritti umani, buona informazione e arte, questi i temi di cui parlerò oggi alle 11.30, alla Sala Caduti di Nassiriya in Senato, insieme all’ambasciatrice della Palestina in Italia, Dra Mai Alkaila, al segretario aggiunto della Federazione della stampa, Mattia Motta, all’ex sottosegretario alla Cultura Vincenzo Vita, membro di Articolo 21, e all’artista Abdul Rahman Katanani, 33enne palestinese che nonostante il successo delle sue sculture a livello internazionale, quotate e vendute anche da Christies, non ha voluto lasciare il campo profughi libanese in cui è nato e dove lavora e vive.
L’artista, a Roma per la sua prima mostra personale in Italia, è rimasto molto colpito dal terremoto dello scorso agosto nel Centro Italia e ha deciso di donare una delle sue istallazioni per la ricostruzione di Amatrice. Le sue opere sono simbolo di conflitto, sofferenza, sopravvivenza, speranza e anelito alla libertà, fisica e spirituale, la sua arte è al servizio dei diritti umani.
Un bel modo per affrontare argomenti importanti e delicati; un racconto di sofferenza e speranza assieme, fatto non solo di parole ma anche di impegno, immagini e arte.