La bellezza che salva
“E’ vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza? Signori – gridò a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza… Quale bellezza salverà il mondo?”
L’idiota
Fedor Dostoevskij
Quale bellezza salverà il mondo? Una domanda che non possiamo eludere. Probabilmente non la bellezza solo esteriore, quella fatta di cosmesi ed apparenze. Una bellezza più profonda, quella che intravediamo nel cuore della persona amata. Lo splendore della primavera, l’incanto che suscita in noi un’azione coraggiosa, ben fatta, giusta. Ci sono gesti o persone che ci affascinano per la bellezza interiore che sanno esprimere esteriormente. Gli artisti hanno in questo una dote speciale perché meglio di altri sanno cogliere quella bellezza e rivelarla al mondo. Tutti noi dobbiamo, da questo punto di vista, aspirare a diventare artisti. Artisti con la nostra vita. Artisti che sanno vedere il bello nella vita degli altri. Osserva il Cardinale Martini: “Non basta deplorare e denunciare le brutture del mondo, Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giustizia, di doveri, di bene comune (…) Bisogna irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto della vita perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio”.
Tante volte la nostra vita, pur essendo ispirata a valori positivi è grigia, priva di slancio, concentrati come siamo a guardare gli aspetti negativi della realtà, i problemi, le cose che non vanno. Dobbiamo invece recuperare la capacità di interpretare e creare bellezza intorno a noi. Basta poco: un po’ di gusto, un pizzico di creatività, il senso delle cose semplici e un sorriso.
Uomini e cattedrali
Non è un caso che l’équipe de Tete, per la sua prima riunione di quest’anno abbia cercato un luogo alto, la Cattedrale di Chartres, un luogo che irradia bellezza. Qui persino le pietre, nel loro millenario silenzio parlano e raccontano di slanci, di ardore, di fede appassionata, di fantasia creatrice, di audacia e coraggio. Certo, non solo per costruire ma anche solo per immaginare una simile meraviglia sono state necessarie una forza, una immaginazione, una capacità di sognare cose nuove assolutamente straordinarie
Tali opere evidentemente non nascono dal nulla o da un solo genio individuale ma sono il portato delle aspirazioni e della cultura di intere generazioni e della loro capacità di trovare risposte a nuove condizioni ambientali, economiche, geografiche.
Attraverso tali opere la civiltà che le ha prodotte si lascia comprendere e interpretare. Ciò avviene per il Partenone di Pericle che racchiude l’esperienza di Atene, maestra di razionalità e di armonia; per il tempio di Bourroboudour che esprime, nel suo ordine caotico e nella sua ricchezza straripante l’intera India Brahminica; l’elenco potrebbe continuare a lungo e giungere fino a New York che, con i suoi mirabolanti grattacieli di acciaio e cristallo e le sue malinconiche panchine affollate da “homeless”, simboleggia in modo efficace i contrasti della nostra epoca segnata da contraddizioni e complessità non ancora risolte. Ancor oggi, in realtà, gli uomini sanno costruire cattedrali meravigliose la cui architettura nasconde e rivela segreti senza tempo: la Sagrada Familia di Barcellona, ad esempio, opera ancora non compiuta del grande Architetto Gaudì,è un luogo colmo di mistero, bellezza e incanto.
Le cattedrali gotiche, costituirono il risultato di uno sforzo straordinario di rinnovamento teologico e filosofico, di ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, di una visione dell’uomo e dei suoi rapporti fortemente integrati con il mondo e con Dio. Gli antichi edifici sacri costruiti di pietre sono in qualche modo un riferimento alle “pietre viventi” che sono i credenti e alla “Pietra Vivente” che è Cristo.
Avvicinandomi a Chartres insieme a Pere Dominique, Aude e Stefano e scorgendo, quasi all’improvviso, in fondo alla campagna, le guglie mirabolanti della Cattedrale, pensavo ai sentimenti che dovevano provare alla sua vista i contadini o i pellegrini del medio evo: anche il più umile e misero dei fedeli entrando nella cattedrale avrebbe percepito o quantomeno intuito nel recondito del suo animo che quella grandiosa costruzione diceva qualcosa di lui e del suo destino trascendente.
Non si tratta di una semplice meraviglia per i virtuosismi tecnici degli architetti ma del comprendere, sia pure in modo confuso come doveva essere per gli uomini di quella epoca (ma forse anche della nostra) che esiste dietro una tale costruzione una visione globale dell’uomo all’interno della comunità cui egli appartiene e del destino di eternità a lui riservato. Le opere di quei costruttori rivelarono però che molti di essi avevano non solo del talento ma anche del genio; essi furono architetti nel senso pieno e più nobile del termine, uomini capaci di conciliare l’economicità con la qualità, il prestigio e la bellezza.
I costruttori dei “grattacieli di Dio” (secondo l’espressione di Le Corbusier) erano dunque uomini di grande audacia e al tempo stesso di molteplici conoscenze. La passione e l’ansia di bellezza degli uomini di quel tempo non è spenta. Ancora oggi, sia pure cercando modi e forme diversi da quelle in uso nel XII° secolo, molti uomini aspirano a riunirsi in comunità viventi e creare segni che di esse lascino la traccia. I goums sono uomini e donne di questo tipo e di questa qualità.
Ciò che più di ogni altra cosa sorprende ancora oggi di quei costruttori è la loro capacità la volontà di unire in grandi e meravigliose costruzioni arti, mestieri, percorsi umani profondamente diversi. Venivano da paesi lontani e distanti fra loro. Seppero valorizzare quelle diversità mettendole al servizio di un’opera grande al cospetto di Dio e degli uomini.
Con un parallelo più vicino alla nostra esperienza potremo sostenere che essi possedevano lo stesso spirito dei pionieri, degli uomini delle “nuove frontiere” che sono i Goums: uomini e donne che amano cercare in luoghi ignoti le risposte necessarie per affrontare i nuovi problemi e le nuove sfide del loro tempo. Per questo noi li sentiamo vicini, uomini e donne di quelle nuove frontiere verso le quali anche noi vorremmo avanzare.
Oggi costruire cattedrali significa anche impegnarsi per la costruzione di una città più giusta. L’impresa non è di minor audacia e necessita, come un tempo, di architetti, come di carpentieri, di artigiani, come di artisti, di semplici operai come di attenti ingegneri.
Le cattedrali dei Goums
Nella loro ricerca di bellezza i goums partono verso il deserto. A mani nude, con fatica, ogni giorno costruiscono una piccola cattedrale. Non è una semplice incombenza pratica, un dovere da svolgere. E’ un atto di creatività, di ricerca della bellezza. Costruire l’altare significa preparare un cerchio che accoglie ogni membro della comunità, un cerchio che non si chiude in se stesso ma che si apre, come una preghiera, verso l’infinito. I canti e le preghiere si innalzano verso il cielo e restituiscono a Dio una lode di ringraziamento per le meraviglie del Creato. Ma se anche non fossimo capaci di pregare, se fossimo stonati o dalla nostra bocca non uscissero né voce né note musicali, se anche i nostri pensieri fossero chiusi al trascendente, già le pietre che portiamo sono un canto e una preghiera. Portando una pietra o anche semplicemente un fiore ciascuno di noi contribuisce innalzare con le pietre un inno a Dio. Noi sappiamo che la pietra scartata può divenire testata d’angolo. Malgrado la nostra poca fede, la nostra scarsa capacità di stare con gli altri e con Dio, nel cercare con perseveranza di compiere dei segni di bellezza, di poesia, di gratuità esprimiamo la nostra aspirazione profonda a fare della nostra vita qualcosa di meglio, a impegnarci con gli altri per rendere questo mondo più giusto e umano, a tenere accesa la lampada della speranza anche quando intorno a noi tutto sembra farsi oscurità e notte. Che la luce di questa lampada accompagni attraverso i sentieri diritti del deserto e quelli a volte più tortuosi dell’esistenza!