Una bellissima serata in compagnia di Ivan Scalfarotto, Simona Flavia Malpezzi, Lisa Noja, Lia Quartapelle, Emilia De Biasi, Mattia Mor, Pietro Bussolati e tantissimi altri amici straordinari a parlare di futuro, cose fatte e fatte bene, diritti, risultati economici e un voto da dare col cuore ( e con la ragione) al PD. Moderava Francesco Costa con molta pazienza e sapienza.
L’Italia è un Paese libero, forte, ricco di valori, di tradizioni, di cultura. Non lasciamo che l’odio e l’ignoranza rendano oscure le ore della nostra vita. Quelli sono i mezzi di chi ci vuole governare con la paura.
In questo fragile tempo in cui stiamo vivendo, caratterizzato in tutto il mondo da pericolosi ritorni “nostalgici” ad un passato di dolore e sofferenza causati da intolleranza e odio, il sentimento della paura viene spesso usato subdolamente per portarci a chiuderci in noi stessi, ad odiarci gli uni gli altri, a non prendere coscienza delle cose, a privarci della gioia di vivere e della speranza nel futuro. Anche in questa campagna elettorale ne viene fatto grande uso purtroppo. Ma io voglio dirvi una cosa insieme ad un altro dei grandi personaggi a cui tento di ispirare il mio operare quotidiano, soprattutto in politica: il Presidente americano Franklin Roosevelt. Durante il suo discorso inaugurale il 4 marzo 1933, riferendosi alla Grande Depressione, Roosvelt dice agli americani: è solo la paura ciò di cui dobbiamo avere paura. E’ una grande verità!! Io mi unisco a lui in questa esortazione e lo dico a noi italiani nel 2018. Andiamo avanti insieme, con fiducia. Ne sono certo: un giorno perfetto ci attende, liberi dalla paura.
Perché Di Maio si rifiuta di confrontarsi con gli altri candidati? Perché non li ritiene alla sua altezza? Ma il confronto, il dialogo, misurarsi con l’avversario, grande o piccolo che egli sia, è anche una questione di rispetto degli elettori. Questo è stato uno dei temi della trasmissione di RadioLombardia a cui ho partecipato con piacere questo pomeriggio con Eugenio Casalino del M5S.
Sono stato in visita stamane al carcere di San Vittore. Ho potuto apprezzare la grande professionaità e cortesia delle guardie penitenziarie che mi hanno accompagnato nei diversi raggi in cui si articola questa struttura imponente che sta nel cuore della città. Con il direttore del carcere dott. Siciliano abbiamo ampiamente discusso dei rapporti tra città e carcere, dei progetti che possono essere realizzati anche per dare effettività al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Ho visitato i laboratori di sartoria dove le detenute acquisiscono competenze professionali che potranno aiutarle in un reinserimento all’interno della società una volta espiata la pena. Abbiamo parlato di sovraffollamento, di suicidi (sono stato nel reparto “psichici” e in quello di sorveglianza a vista per chi compie atti di autolesionismo). Ho partecipato ad una messa in una piccola cappella vicino all’ottagono e ho sentito i detenuti pregare per le piccole figlie del carabiniere che ieri a Latina ha distrutto la sua famiglia; ho incontrato volontari, suore, persone che spendono una parte importante della loro vita per portare umanità, speranza in un luogo di grande sofferenza. Nel rientrare, molto meditabondo e scosso, sono passato da via Gian Giacomo Mora. I milanesi lo sanno, quella è la via della Colonna Infame, la via dove nel 1600, ai tempi della peste, abitava un uomo, GianGiacomo Mora per l’appunto, ingiustamente condannato, torturato e ucciso soprattutto a causa dell’isterismo e dell’ignoranza popolare. C’è una targa che commemora quel terribile episodio. Oggi la peste non c’è più ma quando si parla di colpa e di espiazione, mi spiace dirlo, un po’ di isterismo lo si ritrova ancora fra tutti noi.