Perché cambiamo la Costituzione

Perché cambiamo la Costituzione

La settimana che si chiude è stata densa di avvenimenti, pensieri ed emozioni che sento il bisogno di condividere con le persone e gli amici che mi sono vicini. Mi sembra che dal loro insieme si possa comprendere perché intendiamo cambiare la Costituzione.

  1. Il viaggio in Ungheria, tra i profughi, sulla frontiera tra speranza e disperazione.

Tutto è cominciato otto giorni fa con la visita che ho compiuto insieme ad una delegazione di parlamentari ed europarlamentari del PD (Silvia Costa, Nicola Danti, Flavio Zanonato, Mauro Del Barba, Laura Garavini e Sandra Zampa) sui luoghi dove giornalmente si consuma, lontano dalle telecamere e nella stanchezza dell’attenzione dell’opinione pubblica, un’immane esodo biblico. Decine di migliaia di profughi provenienti dall’Asia e da Medio Oriente si accalcano disperati alla frontiera di una fortezza che chiamiamo Europa. Il più truce dei suoi guardiani, il Presidente Ungherese Victor Orban sta costruendo un muro fatto di reti, regolamenti e filo spinato per respingere coloro che bussano alla nostra porta. Sono stato a Beremend, sul confine a Sud, tra Ungheria e Croazia dove ho toccato con mano quel filo spinato, ho visto con i miei occhi i profughi venire perquisiti da militari con il volto coperto da un passamontagna e il mitragliatore in braccio. In quel punto si compie il loro destino: dentro o fuori. In quel punto un cammino di settimane se non di mesi o anni trova la sua sorte. Se sei maschio, adulto e viaggi da solo sei fuori, se hai una famiglia con i bambini sei dentro. Non importa se sei da solo perché tutta la tua famiglia è stata sterminata in Siria da Assad o dai terroristi dell’IS; non importa se sei da solo perché essendo omosessuale sai che verresti impiccato nel tuo villaggio afgano: tornatene nel tuo inferno.

Sono stato a Heggyeshalom, sul confine a Nord, tra Ungheria e Austria, dove i rifugiati riemergono come un fiume carsico e silenzioso dopo essere stati caricati sui treni (qualcuno dice: anche treni merci, altri dicono: si ma solo una volta) e quindi spediti verso altri Paesi. L’Ungheria non li vuole. Eppure, ci ricordano alcuni esponenti di organizzazioni non governative che incontriamo a Budapest, ci furono quasi 200mila ungheresi che fuggirono e vennero accolti in Europa durante le persecuzioni prima della caduta del Muro di Berlino (tra l’altro: proprio ieri sono già passati 25 anni!). Oggi coloro che prestano aiuto a questo popolo di senza patria devono farlo clandestinamente e rischiano l’incriminazione.

Possiamo davvero accettare questi comportamenti nel nostro continente? Possiamo tollerare questo filo spinato che rappresenta una ferità nel cuore dell’Europa? Possiamo tacere di fronte a questa violazione permanente dei principi che stanno alla base di questo grande progetto di convivenza e tolleranza, di valorizzazione delle differenze che chiamiamo Unione Europea? Possiamo chiudere gli occhi di fronte alla violazione dei diritti dell’uomo che abbiamo sottoscritto in innumerevoli carte e convenzioni? Secondo Beppe Grillo che scrive in modo entusiasta di Victor Orban sul suo blog certamente si. Secondo Matteo Salvini e Roberto Maroni che minacciano di tagliare i finanziamenti ai comuni che accolgono gli immigrati certamente si. Noi diciamo NO.

Oggi tanti dicono a parole di voler salvare la Costituzione ma poi chiudono gli occhi o li troviamo a fianco di coloro che ne negano i valori fondativi. Io la trovo un’ipocrisia insopportabile.

  1. Diritto di accesso al cibo, progetto FAME ZERO.

Al rientro dall’Ungheria ho avuto modo di meglio definire  un importante progetto al quale lavoro da molto tempo insieme alla FAO e ad alcune ONG riguardanti la lotta alla povertà e alla fame, un punto qualificante dei lavori che si sono svolti proprio durante l’ultima settimana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Proprio quest’anno vengono a scadenza i famosi Obiettivi del Millennio che prevedevano lo sradicamento della fame che è tra le cause di così vaste migrazioni di popoli da un continente all’altro ed è l’effetto di guerre, carestie, devastazioni ambientali ed ingiusta distribuzione di ricchezze tra il Nord e il Sud del mondo. Per non dire degli oltre 4 milioni di persone che sono sotto la soglia di povertà nel nostro Paese e dei gravissimi problemi legati all’alimentazione malsana anche nei paesi occidentali. Oggi per problemi di sintesi non ne parlo in modo esteso ma lo farò sicuramente in una prossima newsletter. Intanto vi chiedo di appuntarvi mentalmente che questo è un tema importante sul quale chiedo l’aiuto di tutti voi.

  1. La riforma costituzionale

E’ finalmente cominciata in aula la discussione degli emendamenti sulla riforma Costituzionale. La prima questione procedurale che si è dovuta affrontare è stata quella di che fare degli 85 milioni di emendamenti generati dal famoso algoritmo della Lega Nord. Considerate che, se anche si fosse dedicato solo un 1 minuto per l’illustrazione, la discussione e la votazione di ciascuno di essi, sarebbero stati necessari 161 anni (però senza smettere nemmeno un istante, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza neanche prendere, che ne so, un caffè…). Dunque un tempo abbondantemente superiore a quello della nostra vita. Poiché era evidentemente impossibile che fossero firmati (anche per firmarli ci sarebbero dovuti parecchi anni) qualcuno ha sollevato il dubbio sulla loro ammissibilità, Il Presidente Grasso ha però ricordato che, in base ad una prassi largamente condivisa (tutti i gruppi parlamentari fanno presentare gli emendamenti dai propri uffici legislativi, noi del PD ne abbiamo l’obbligo assoluto) non poteva essere quello l’argomento decisivo che stava semmai proprio nell’abnormità del numero che ne rendeva impossibile l’esame. Alla fine anche Calderoli ha condiviso la decisione.

Si è così passati all’esame degli emendamenti. Sugli articoli 1 e 2. L’articolo 1 è quello che parla delle funzioni del Senato (cosa dovrà fare) il 2 quella sulla composizione (e dunque sul meccanismo di elezione). E’ evidente che siamo proprio nel cuore della riforma.

Sull’articolo 1 ho presentato un emendamento che dice alcune cose molto semplici: il Senato avrà una funzione di raccordo tra istituzioni territoriali (Regioni, Comuni), Stato Centrale, Istituzioni Europee. E’ la tesi che ho sostenuto da sempre, anche l’anno scorso quando presentai analoghi emendamenti durante la prima lettura alcuni dei quali furono anche approvati. Ho inoltre proposto che il Senato si occupasse di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche ed europee (in altre parole: cosa succede dopo che le leggi sono state approvate? Le azioni che intendono dare loro attuazione sono efficaci oppure no?). Infine a scrivere con la Camera alcune leggi e ad eleggere alcune cariche (ad esempio il Presidente della Repubblica). A me sembrano cose molto semplici, la sintesi di un dibattito molto lungo. Un dibattito che ha visto protagonisti ben più importanti di me e a cui va attribuito il vero merito di questa riforma e di questa proposta: a cominciare dalla Presidente della Commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro, al Presidente Luigi Zanda, a Vannino ChitiDoris Lo Moro e tanti altri colleghi senatori. Ma l’elenco per essere completo dovrebbe comprendere anche tanti costituzionalisti che sono venuti a portare il loro contributo di idee e di passione (. L’ho detto subito a tutti quei giornalisti che sono accorsi per domandarmi chi e era questo sconosciuto che cambiava Questo emendamento porta dunque il mio nome ma è il frutto ed il merito è quello di un grande lavoro di squadra nel quale anche il Governo (in particolare il Ministro Boschi) e i suoi tecnici hanno dato un contributo decisivo. Infatti, a meno che uno non pensi davvero che le riforme si scrivono con gli algoritmi, l’unico modo per fare delle riforme condivise è quello di parlarsi e di ascoltarsi. Poi fare delle sintesi. Pur in mezzo a mille proteste di coloro che fingono di voler discutere e che in realtà vorrebbero bloccare tutto e lasciare le cose come stanno l’emendamento è stato messo in votazione ed è passato con la maggioranza di 177 voti, la più alta in assoluto. Il fatto che fosse chiaro ed esauriente ha precluso la discussione delle altre migliaia di emendamenti e siamo potuti passare all’articolo 2. Dai messaggi che mi sono arrivati la maggioranza degli italiani è stata ben contenta che non si sia perso altro tempo a discutere di una questione ormai ben definita e sulla quale c’è largo consenso.

Tralascio ogni cenno agli insulti e alle polemiche, non perché non mi abbiano ferito ma perché vorrei che il nostro Paese andasse avanti senza attardarsi su cose di poco conto o su inutili volgarità (che pure hanno segnato il dibattito, in modo davvero inaccettabile, soprattutto quando si è offesa la dignità delle donne). Andiamo avanti, senza arroganza e tanto meno sentendoci eroi o Padri Costituenti ma orgogliosi, questo sì, di fare parte di una squadra sta realizzando ciò che aveva promesso di fare e si sta impegnando per cambiare l’Italia e renderla un Paese più moderno, più aperto, più giusto, più efficiente. Se vogliamo essere in grado di stare a testa alta in Europa, se vogliamo che l’Italia, i suoi valori, la sua gente abbia voce e sia più forte di quelli che vogliono spezzettarla, ferirla, liquidarla, se vogliamo che i principi che si sono andati formando attraverso tante lotte e tanti sacrifici abbiano cittadinanza domani, oggi, in questo mondo iper-connesso, allora è necessario uscire dalla palude dell’inconcludenza nella quale ci siamo arenati e portare a termine il grande ciclo di riforme che sta ridando credibilità al nostro Paese.