In un dibattito in Senato contrassegnato da toni aspri e a volte esagitati mi hanno colpito per la ricerca di un ragionamento pacato e sui contenuti gli interventi di alcuni senatori. Fra questi segnalo quelli del Senatori Della Zuanna e Di Giorgi che riporto qui di seguito.
DALLA ZUANNA (PD). Signora Presidente, per comprendere la necessità della legge che stiamo per discutere bisogna partire dai problemi della scuola italiana, sintetizzabili in due parole: molta disuguaglianza e trasmissione di competenze non adeguate alla necessità dei giovani. La scuola italiana finora ha fallito nella missione di realizzare il terzo comma dell’articolo 34 della Costituzione, secondo cui «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». In Italia, tra i nati negli anni Settanta, per chi aveva entrambi i genitori laureati, la probabilità di laurearsi è stata di sei volte superiore rispetto a chi aveva entrambi i genitori con la sola licenza elementare. Gramsci amaramente diceva che l’unico modo per superare le differenze di classe nella scuola era mettere tutti insieme i bambini in collegio, quando avevano dieci anni. Amplissime sono poi anche altre diseguaglianze, come dimostrano i contestati dati INVALSI, i cui risultati differiscono molto tra giovani figli di italiani e di stranieri, anche se nati in Italia, con gli stranieri in posizione di stabile retroguardia. Si osservano inoltre grandi differenze tra scuole dello stesso ordine, situate nella medesima città. Enormi sono infine le differenze territoriali, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra province e città della stessa Regione.
Quanto alla trasmissione di competenze, colpisce innanzitutto il grande mismatch tra scuola e mondo del lavoro. Troppi studenti, spesso male orientati, intraprendono carriere scolastiche, anche impegnative, che danno loro poche carte da giocare nel mondo del lavoro. Nello stesso tempo molti imprenditori lamentano di non trovare nei giovani aspiranti lavoratori la competenza necessaria. Inoltre, nelle indagini comparative internazionali sui livelli di apprendimento, gli studenti italiani si piazzano mediamente male, anche se recentemente si intravedono segnali di miglioramento. Questi gravi problemi impediscono alla scuola italiana di essere il motore della modernità e un ascensore sociale e mettono in ombra alcune caratteristiche positive, anche queste messe bene in evidenza dai dati, ossia la forte capacità di integrazione, dovuta anche all’interclassismo ancora prevalente, specialmente nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria inferiore, e il grande impegno messo in atto dai docenti, con la collaborazione di tante famiglie.
Questo disegno di legge interviene solo parzialmente sui contenuti degli insegnamenti, ma modifica profondamente l’organizzazione della scuola italiana, proprio con il duplice obiettivo di contrastare le disuguaglianze e di dare agli studenti le giuste competenze. In questo provvedimento le disuguaglianze vengono combattute dando compimento all’autonomia. Lo si fa completando il quadro già prefigurato dalla legge Berlinguer del 1996, delineando un processo di cinque fasi: il POF d’istituto, l’organico di autonomia, la scelta e la conferma del corpo docente, il premio al merito ai docenti e alle scuole più problematiche e la valutazione dei dirigenti sugli obiettivi raggiunti. È un disegno organico che certamente poteva essere meglio affinato, ma che ha il pregio di segnare un percorso chiaro, dettando regole, mettendo risorse, definendo competenze.
Si configura inoltre un percorso trasparente, con pubblicazione sul sito della scuola e sul portale del Ministero di tutti gli atti prodotti. Per inciso, questa pubblicazione andrà curata con attenzione per permettere a tutti gli stakeholder anche la comparazione fra i diversi istituti, come già accade in altri contesti, ad esempio nel Regno Unito.
Nei prossimi anni tutto il processo potrà e dovrà essere affinato e l’attuale testo prevede già la revisione fra tre anni del meccanismo di valutazione del merito dei docenti. Questo processo, molto innovativo per la scuola italiana, permetterà di adattare ogni singola scuola alle esigenze formative del territorio dove opera. Solo per fare un esempio, permetterà di inserire nel corpo docente professori specializzati nell’insegnamento agli stranieri se nel territorio c’è una forte prevalenza di giovani appena giunti dall’estero.
Il punto più controverso è la possibilità per il dirigente di non confermare il docente dopo un triennio, anche se l’eventuale non conferma è condizionata all’incoerenza rispetto al POF. Si è gridato, a tale proposito, all’attentato verso l’autonomia di insegnamento, ma in realtà nella scuola di oggi non c’è reale autonomia, perché la vera autonomia non è libertà illimitata, ma anche assunzione diretta di responsabilità. In altre parole, se fosse veramente autonomo, ogni docente dovrebbe rispondere direttamente del suo operato, con conseguenze per lui positive in caso di successo e negative in caso di insuccesso. Da preside di facoltà per me è stato frustante non poter intervenire anche in presenza di evidente inadeguatezza di qualche docente a ricoprire un incarico di insegnamento: potevo solo raccogliere lamentele e fare ramanzine. I docenti bravi o meno bravi continuavano a restare al loro posto con lo stesso stipendio e continuando a fare le stesse cose. Questo disegno di legge, subordinando la conferma alla coerenza con il POF introduce una forte spinta all’impegno personale, pur non introducendo, com’è giusto, la possibilità di licenziamento.
Peraltro al dirigente non converrà scegliere docenti amici, a discapito di docenti più adatti alla realizzazione del POF, perché le sue scelte saranno sotto gli occhi di tutti, dovranno essere giustificate da atti pubblici e anche lui verrà valutato dagli ispettori ministeriali sulla realizzazione del POF e non solo, secondo il nuovo – molto dettagliato – comma 92.
Un breve cenno a quanto questo disegno di legge fa per migliorare la trasmissione di competenze, diminuendo il gap tra scuola e mondo del lavoro, fra scuola e territorio: prevede stage per tutti gli studenti delle secondarie superiori (400 ore negli istituti tecnico-professionali e 200 ore nei licei), finanziando in modo adeguato l’organizzazione di tale attività; prevede e finanzia l’apertura pomeridiana delle scuole del territorio; prevede, sempre con adeguato finanziamento, i laboratori territoriali per l’occupabilità, da attivare insieme ai vari enti territoriali; prevede, infine, che il POF venga costruito «promuovendo i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti nel territorio».
Girando il Veneto e l’Italia da professore e da senatore, ho avuto occasione di vedere scuole fantastiche, piene di bravi docenti e di dirigenti fantasiosi ed impegnati. Ho conosciuto però anche scuole grigie, docenti che non riescono ad appassionare gli studenti, scuola difficili e prive di risorse per affrontare i loro specifici, grandi problemi. I meccanismi organizzativi previsti da questo disegno di legge e le risorse previste introdurranno un nuovo dinamismo, compiendo un nuovo tratto di percorso verso una vera e concreta autonomia. È un provvedimento che dovrà essere attentamente monitorato, osservando come i singoli istituti fanno uso della loro autonomia, specialmente nel delicato processo di valutazione, perché le scuola grigie devono riempirsi di colori diventando luogo dove i talenti di ogni giovane, cinque o uno che siano, vengano fatti davvero fruttare. (Applausi dal Gruppo PD).
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DI GIORGI (PD). Signor Presidente, colleghi, stasera voglio raccontare una storia, che inizia parlando di ragazzi, di bambini, di giovani generazioni, quindi una storia importante, forse la più importante perché si parla di ragazzi, di bambini, di futuro.
C’era una volta una Nazione, una Nazione antica, piena di monumenti, ricca di arte e cultura, con paesaggi unici al mondo (mare, montagne, città, borghi), una Nazione dove tutti volevano andare almeno una volta nella vita e questo, infatti, era sempre successo nei secoli. Ma questa Nazione aveva un grande problema: i suoi governanti per molti, molti anni non si erano occupati della scuola per i propri giovani e per i propri bambini, anche se la loro Carta costituzionale era chiara su questo punto e diceva che tra i principi fondanti di quella Repubblica vi era il diritto allo studio: era uno dei principi più importanti.
Così, per molti, molti anni succede che la scuola di quella Nazione, nonostante l’impegno dei professori, decade lentamente: non vengono messe a disposizione le risorse necessarie e, piano piano, si arriva a qualcosa di molto grave e di molto tragico. In quel Paese i ragazzi, tanti, troppi, cominciarono ad abbandonare la scuola: non ci potevano stare. Di fatto sfuggivano di mano ai loro insegnanti, che non sapevano più come fare a trattenerli.
Ecco la nostra storia. Sto parlando di noi, sto parlando dell’Italia. Il nostro è uno dei Paesi che siede tra i grandi del mondo, che sta in un’Europa civile, orientata allo sviluppo. Ebbene, in questo Paese le scuole non sono all’altezza dei nostri giovani: la nostra scuola non risponde alle loro esigenze. L’abbandono scolastico è una delle nostre piaghe più importanti: dove non c’è scuola non c’è anima, non c’è coscienza, purtroppo.
A questo dobbiamo dare soluzione. Collega, non era certamente ciò che voleva Piero Calamandrei, sono convinta di questo; non era ciò che voleva don Milani (è stato citato anche lui nel dibattito odierno). Forse, però, è necessario fare qualcosa, c’è bisogno di un cambiamento. Urge che qualcuno provi a dare un colpo d’ala; forse che si provi a volare alto; forse che si provi a dire anche qualche parola di verità rispetto a questa riforma, a questo provvedimento, di cui tutti parlano come se fosse la più grande iattura che possa essere capitata in questi ultimi anni: una iattura, una devastazione, la distruzione della scuola italiana.
Esso è, invece, il tentativo di fare qualcosa di serio, di intervenire in questa situazione, che è drammatica proprio perché i nostri ragazzi a scuola non ci stanno. Uno studente italiano su tre abbandona la scuola, questo è il tema. Di scuola dobbiamo parlare, ma parlando degli studenti, di coloro che dentro la scuola ci stanno. Qualcuno dei colleghi l’ha fatto, in particolare senatori del mio Gruppo, che ho apprezzato molto. Devo dire che i ragazzi sono stati molto lontani da questo dibattito e lo sono stati moltissimo anche da tutto il percorso che abbiamo fatto.
Ci vuole molta pazienza in Senato: ho sentito tante affermazioni che francamente sono, per certi versi, inascoltabili. Si è detto che non vi è stato dibattito. Bisogna anche documentarsi: io ho esaminato i lavori che si sono svolti tra Camera e Senato. Alla Camera ci sono state 43 ore di audizione e 39 ore di sedute plenarie nella 7a Commissione. In Senato abbiamo avuto cinque ore di Consiglio di Presidenza e 21 ore di sedute plenarie. Abbiamo fatto audizioni congiunte, ve lo ricordate? Forse voi non ci siete venuti, ma noi sì. Abbiamo fatto le sedute congiunte. Abbiamo ascoltato 90 associazioni e sindacati alla Camera, 40 li abbiamo ascoltati qui. Ma questi numeri ve li siete dimenticati tutti? Eppure, noi c’eravamo di sicuro, alcuni di voi anche, e sapete quanto abbiamo parlato e quante pagine di verbali sono state riempite.
Certo, abbiamo ascoltato moltissimo, poi però bisogna governare, bisogna decidere. Si ascolta chi la pensa in un modo e chi la pensa in un altro; sapete bene che ascoltare non significa poi prendere la decisione che quella persona, o quel gruppo (di pressione o di qualsiasi natura) o quella associazione vuole. Si tratta di prendere una posizione, che è una posizione di Governo. In questo momento, certo, stiamo governando noi, purtroppo per qualcuno forse, e quindi noi la responsabilità ce la prendiamo. Ci prendiamo la responsabilità, quindi, di portare avanti questo provvedimento molto discusso; per non parlare del fatto che è più di un anno che se ne parla. È partito ad agosto, questo lo avete detto tante volte, ma non è partito così: se ne parla dappertutto e si sono raccolte moltissime osservazioni – ed è disonesto non riconoscerlo – che sono arrivate da tutt’Italia, prima dalla popolazione, dai cittadini organizzati, poi dai cittadini che sono stati ascoltati in audizione nelle nostre sale, nei luoghi istituzionali. Dopodiché, sugli emendamenti, c’è stato l’emendamento presentato in Commissione dai relatori, che hanno esaminato una per una le proposte che erano state fatte, che poi in questo percorso parlamentare che è stato definito abbiamo comunque dovuto sostenere. Tante delle trasformazioni e delle miriadi di osservazioni che sono state fatte sono state raccolte, e se – spero lo abbiate fatto – guardate bene il testo, vedrete che ci sono.
Ero partita, però, da un’altra considerazione, Presidente. Chiedo di poter lasciare agli atti alcune integrazioni al mio intervento, qui mi interessa solo puntualizzare alcune cose.
PRESIDENTE. La Presidenza l’autorizza in tal senso.
DI GIORGI (PD). Vorrei ritornare sulla questione dei principi generali, su quello di cui non si è parlato perché l’anima, lo spirito, il cuore di questa riforma secondo me non è stato raccontato qui dentro: è stato colto da molti però. Non è vero che questa riforma non piace a nessuno; non è vero che questa nostra proposta grande, enorme, in un momento come questo, questa storia che noi vogliamo raccontare non è accolta, non è considerata e non è approvata da nessuno. Forse da quelli che urlano un po’ meno; forse ce ne sono tanti che certamente non sono d’accordo, ma tanti altri invece la condividono perché, in tutto il testo e nelle misure precise che introduciamo, riconoscono i principi generali a cui noi teniamo molto. Principi generali che stanno in questo provvedimento e che vi invito a leggere.
Sulla base di quello che ho detto all’inizio del mio intervento, noi vogliamo affermare il ruolo centrale della scuola nella società. Ci abbiamo messo i miliardi. Noi siamo quelli – lo dico ai banchi vuoti, anche di coloro che hanno governato prima di noi; non mi rivolgo a voi del Movimento 5 Stelle, evidentemente – che hanno investito moltissimi miliardi, e ce ne sono tanti sull’edilizia scolastica, non soltanto per i 100.000 professori che assumeremo, ma anche per l’edilizia, per fare scuole belle: c’è tutto.
FLORIS (FI-PdL XVII). Non è vero.
DI GIORGI (PD). Sapete bene che sull’edilizia abbiamo già investito moltissimo in questo anno. Sono fatti, non discorsi: basta andare a guardare gli atti e vedere tutti i provvedimenti fatti.
FLORIS (FI-PdL XVII). Li abbiamo visti.
DI GIORGI (PD). Basta vedere anche i tanti appalti sulle scuole che sono già stati fatti nei vari territori. I nostri principi generali sono quelli.(Richiami del Presidente). Presidente, le chiedo ancora un po’ di tempo perché sono molti mesi di lavoro in Commissione, quindi lei capisce che c’è un po’ di passione.
Noi vogliamo allora riaffermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza, innalzare i livelli di istruzione, le competenze delle studentesse e degli studenti – la senatrice Puglisi riconosce questi testi – rispettandone i tempi, gli stili di apprendimento. Vogliamo poi contrastare le diseguaglianze socioculturali e territoriali; prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione. A questo ci servono i 100.000 professori che assumiamo. A questo dovrà servire l’ulteriore assunzione di professori, di coloro che si trovano all’interno del novero dei 100.000 e degli altri 60.000, per cui faremo un concorso. Guardate un po’: c’è subito un concorso pronto, per coloro che lo dovranno fare, per altri 60.000 posti. A questo serviranno i nuovi insegnanti che immettiamo nella scuola ed è per questo che non potevamo fare lo stralcio della norma sulle assunzioni. È inutile che ci si chieda, con fare davvero molto casuale, di effettuare lo stralcio. Lo stralcio non si fa, non si può fare e non l’abbiamo voluto fare per un motivo preciso, ovvero perché quegli insegnanti servono per una nuova scuola. Questo spero che lo comprenda l’Italia, anche se in questa Assemblea forse non tutti lo comprenderanno. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).