Oggi alle 15.30 il Presidente del ConsiglioMatteo Renzi renderà in Senato le sue Comunicazioni in vista dello svolgimento del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre dedicato al tema della migrazione.
Vi propongo a tal proposito la lettura di una sintetica nota illustrativa predisposta dal Servizio Studi del Senato.
Dopo una settimana di passione, dibattiti e votazioni siamo dunque arrivati in fondo: tutti gli emendamenti sono stati votati e martedì saremo finalmente in grado di votare la riforma della Costituzione.
Prima di entrare nel merito di questa riforma lasciatemi però commentare brevemente quello succede nella sponda Sud di questo grande lago che chiamiamo Mare Mediterraneo e che così grande influenza porta nostre coste (anche se a volte ce ne dimentichiamo o pensiamo che non ci riguardi). Ci sono alcune notizie belle altre terribili. Cominciamo da quelle che ci fanno sperare per il meglio: innanzitutto il bellissimo annuncio che il Premio Nobel per la Pace è andato al Quartetto per il dialogo Nazionale in Tunisia: un Paese che dopo gli attentati al Museo del Bardo e alla spiaggia di Sousse sembrava destinato a precipitare nel caos e nella violenza, in preda al caos politico e alla mercé dei gruppi radicali Salafiti. Abbandonato da tutti a cominciare dai turisti che ne hanno disertato le spiagge. Invece la Tunisia, grazie ad una società civile che non si arrende e di cui i quattro esponenti del Quartetto (Wided Bouchamaoui, presidente della Confindustria, Houcine Abassi, segretario dei Sindacati, Abdessattar ben Moussa, presidente della Lega per i diritti umani e Fadhel Mahmoud, presidente dell’ordine degli avvocati) sono straordinari testimoni. Mi piace pensare che questo premio vada idealmente anche al 26enne Mohamed Bouazizi, il giovane venditore ambulante che dandosi fuoco per protestare contro l’ennesimo torto della polizia, diede inizio a questa che rimane l’unica vera primavera araba.
Notizia buona numero 2: sembra che il lavoro di Bernardino Leon, incaricato ONU per la Libia, stia dando alcuni buoni frutti e che i due governi (Tobruk e Tripoli) che oggi si contendono il potere siano disposti a trovare un accordo per formare un governo di unità nazionale. Sarebbe una svolta importante che se confermata vedrebbe una stabilizzazione di quell’area con conseguenze positive sia per quanto riguarda il contrasto al Daesh (lo Stato Islamico) sia nel contenimento degli scafisti e della tratta di esseri umani che continua a causare centinaia di morti nei naufragi dei boat people che salpano disperati verso l’Europa.
Le notizie atroci sono però più numerose: ritengo che abbiamo tutti negli occhi l’orrore per la strage compiuta ieri ad Ankara dove hanno perso la vita un centinaio di giovani manifestanti. Non è il primo attentato, la Turchia si avvicina pericolosamente all’occhio del ciclone, alla vigilia delle elezioni volute da Erdogan per riconquistare la maggioranza assoluta persa pochi mesi fa. Un Paese cruciale per la stabilità dell’area che confina per larghi tratti con quei luoghi dell’infermo contemporaneo che si chiamano Irak e Siria e che non è mai riuscito a trovare una soluzione per la componente curda. Un paese che una volta appariva un baluardo dell’Occidente e che oggi gioca pericolosamente con il Daesh sembra essere risucchiato vertiginosamente verso il fondamentalismo islamico. Mi domando sempre più spesso se l’Europa non sia stata miope quando ha preso tempo di fronte alla richiesta di adesione della Turchia alla UE. Oggi quella prospettiva è sempre più lontana ma anche la prospettiva di una pace in quella parte del Medio Oriente.
Altra notizia terribile: Israele e la Palestina stanno precipitando verso una terza intifada, fatta non più da lancio di pietre ma di accoltellamenti sugli autobus e nella città vecchia. Come ha scritto efficacemente Ugo Tramballi sul Sole 24 ore di sabato una prova del livello di disperazione in cui una parte e l’altra sono precipitate e dove appare evidente che la supremazia militare non è sufficiente per garantire né la pace né la sicurezza. E’ necessaria una nuova politica che apra le porte ad un riconoscimento reciproco. Qui si è tutti finiti in un vicolo cieco.
Notizia terribile numero tre: le forze della NATO (che in definitiva siamo anche noi) hanno colpito e distrutto un ospedale a Kunduz, in Afghanistan, uccidendo 22 persone tra cui alcuni membri di Medici Senza Frontiere. Gli Stati Uniti si sono scusati per l’errore ma non si capisce perché abbiano continuato a bombardare per mezz’ora anche dopo che l’errore era stato segnalato ai comandi militari. Certo, è possibile che tra i malati si nascondessero dei talebani e che si servissero di quella struttura come di una sorta di scudo. L’orrore però resta e rafforza la convinzione che se vogliamo recuperare credibilità e dunque ottenere anche una vittoria politica oltre che qualche successo militare queste cose non possono e non debbono accadere mai più.
Ultima notizia terribile che non mi fa dormire la notte: la sorte di Ali Mohamed Al Nimr, un giovane sciita e cittadino dell’Arabia Saudita, condannato – per avere partecipato ad una manifestazione di protesta – alla decapitazione e successivamente ad essere crocefisso fino a putrefazione. Una barbarie senza paragoni che getta vergogna su un paese come l’Arabia Saudita nel momento in cui presiede la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Sarebbe ora di cominciare di denunciare con maggior forza i legami tra il fanatismo Wahabita che ispira la politica saudita e i tanti gruppi terroristici (Al Qaeda, Boko Haram, Shabaab…) che insanguinano il mondo. Prima ancora che contro l’occidente questa violenza è diretta contro gli stessi mussulmani ed innesta una spirale di odio e violenza assai poco dissimile dagli altri totalitarismi che hanno insanguinato il 20 secolo.
Veniamo ora alle questioni interne. Come dicevo siamo ormai alla vigilia del voto finale. Abbiamo la possibilità di varare una riforma che renderà il processo legislativo più semplice e rapido e dunque anche più tempestivo. Il Senato sarà espressione delle regioni e dei comuni, sono state definite con chiarezza le sue funzioni e i suoi poteri che non si sovrappongono a quelli della Camera ma li integrano. Sarà il luogo di raccordo tra enti territoriali, stato centrale e Europa. Sono state ridefinite le competenze delle regioni evitando quella conflittualità tra Stato e Regioni che aveva determinato quasi la paralisi della Corte Costituzionale , sono state poste le premesse perché si vada ad una razionalizzazione anche della taglia delle Regioni stesse. Ci saranno meno Senatori, meno costi, verrà abolito il CNEL (che non ha mai partorito un disegno di legge approvato), saranno definitivamente abolite le province. Qui non ho spazio per entrare nel merito delle singole disposizioni (lo farò magari una delle prossime volte – sul mio sito trovate diversi commenti su questioni più specifiche) ma di sicuro è una riforma che incide profondamente nel nostro sistema e rende il nostro Paese più semplice e moderno. Le opposizioni si erano ripromesse di bloccare tutto e far saltare il Governo. Non solo non ci sono riuscite ma sono state loro ad uscire sconfitte, ancor più lacerate e divise, con tanto di reciproci insulti finali. Insomma una vera debacle. Tutto questo in nome di cosa? Nessuno lo ha capito. Via via che il dibattito avanzava è stato sempre più evidente che le obiezioni erano sempre e soltanto sulle procedure e sulla forma, le accuse di attacco alla democrazia una formula sempre più retorica e vuota e che in definitiva esse erano totalmente incapaci di fare delle controproposte. Questo è il motivo ultimo (la mancanza di una proposta alternativa per il futuro dell’Italia) per il quale apparirà sempre più evidente che le opposizioni sono in questo momento inadeguate a governare il nostro Paese e che lasciarlo a loro porterebbe solo il caos. Con umiltà, pazienza e concretezza dobbiamo invece lavorare perché il nostro Paese esca in modo definitivo dalla crisi (i segnali incoraggianti si moltiplicano) e insieme agli altri paesi dell’Unione Europea sia capace di giocare un ruolo attivo per la stabilità, la pace, lo sviluppo di tutta l’area Mediterranea.
E’ uscito il nuovo numero della rivista RS Servire dedicato al tema “Costruire la libertà” incentrato sulla riflessione su cosa significhi effettivamente questa parola così cara eppure così abusata. Si tratta solo della possibilità di disporre di se stessi e del proprio tempo come meglio si desidera? oppure si tratta di declinare le scelte che ci sono suggerite dalla nostra coscienza? In che modo la parola di Dio ci può condurre a scoprire il senso profondo della libertà aprendo orizzonti nuovi alla nostra azione? In quanto scout sappiamo che la libertà non si rivela in un gesto ma piuttosto in un cammino, è qualcosa che si costruisce passo dopo passo. Il numero dopo alcuni articoli introduttivi si dedica quindi ad esaminare come lo scautismo educhi alla libertà nelle diverse branche e in particolare come, paradosso dei paradossi, la legge scout sia proprio lo strumento principale di questo itinerario. Nella parte finale alcune riflessioni sul rapporto tra libertà e religione, economia e famiglia. Infine chiudono il numero alcuni ritratti di testimoni di libertà. Per chi vuole approfondire il sito della rivista (rinnovato di recente) propone ulteriori spunti, testi, recensioni. Un quaderno di grande interesse!
Ieri mattina il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione di condanna (vedi sotto) della sentenza con a quale l’Arabia Saudita a messo a morte per decapitazione e successiva crocifissione fino a putrefazione (!!!!!) del giovane Ali Mohammed al-Nimr, arrestato quando era minorenne per reati che non comportano spargimento di sangue. In realtà egli ha semplicemente partecipato ad una manifestazione di protesta contro il regime . La questione è particolarmente grave anche da un punto di vista politico se si considera che l’Arabia Saudita occupa oggi il posto di presidenza della Commissione per i Diritti Umani della Nazioni Unite. Non ci sono, da parte mia, parole adeguate per esprimere l’orrore e il disgusto per questa atrocità che viene compiuta in un clima di sostanziale disinteresse da parte delle Grandi Potenze e dell’opinione pubblica. Ritengo necessario che tutti si sensibilizzino su questo caso che non ci può vedere spettatori indifferenti e distratti.
TESTO DELLA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Saudi Arabia: al-Nimr death sentence
MEPs strongly condemn the sentencing of Ali Mohammed al-Nimr to the death penalty and support the introduction of a moratorium on the death penalty, as a step towards abolition. They express their concern at the reported rise in the number of death sentences in the Kingdom of Saudi Arabia in 2014 and the alarming rate at which court rulings have ordered the death penalty in 2015.
Parliament calls on the Saudi Arabian authorities, and in particular King Salman bin Abdulaziz Al Saud, to halt the execution of Ali Mohammed al-Nimr and grant a pardon or commute his sentence. It appeals to the European External Action Service and the member states to deploy all their diplomatic tools and make every effort to immediately stop the execution. MEPs note that Saudi Arabia has recently been appointed to chair a panel of independent experts on the UN Human Rights Council and urge the Saudi authorities to “ensure that standards of respect for human rights and fundamental freedoms in their country are consistent with such an international role”.
The non-binding resolution was adopted by a show of hands.
Ieri è stato raggiunto un accordo per la creazione di un trattato di libero scambio fra i più grandi al mondo: il nome del trattato è Trans-Pacific Partnership (TPP) e verrà firmato da 12 paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti.
L’accordo riguarda il libero commercio di moltissimi prodotti: la maggior parte delle trattative si è svolta sui prodotti derivati del latte e medicinali “biologici” (derivati da organismi viventi), in particolare sui tempi di brevetto di questi ultimi. Il trattato però include anche l’industria automobilistica, quella cinematografica, l’accesso a internet e la protezione delle specie naturali. Con la firma del TPP una serie di tasse che alcuni paesi applicano alle merci provenienti da altri saranno cancellate, mentre altre solo ridotte.
La commissaria Ue al Commercio Cecilia Malmstrom sulla conclusione dei negoziati per l’accordo di libero scambio Tpp ha dichiarato che si tratta di “una buona notizia per il commercio mondiale e anche per i negoziati tra Usa e Ue in quanto, fatto il Tpp, saremo in grado di avere un approccio ancora più concentrato per i nostri negoziati sul Ttip”.
E’ un accordo storico che ha un significativo risultato economico e politico, fortemente voluto dal presidente americano Barack Obama: rappresenta una potenziale iniezione di fiducia mentre l’economia mondiale dà segni di malessere ed è un patto strategico che argina la crescente influenza della Cina, fuori dall’intesa, premendo perché acceleri il suo cammino verso trasparenza e free market.
La settimana che si chiude è stata densa di avvenimenti, pensieri ed emozioni che sento il bisogno di condividere con le persone e gli amici che mi sono vicini. Mi sembra che dal loro insieme si possa comprendere perché intendiamo cambiare la Costituzione.
Il viaggio in Ungheria, tra i profughi, sulla frontiera tra speranza e disperazione.
Tutto è cominciato otto giorni fa con la visita che ho compiuto insieme ad una delegazione di parlamentari ed europarlamentari del PD (Silvia Costa, Nicola Danti, Flavio Zanonato, Mauro Del Barba, Laura Garavini e Sandra Zampa) sui luoghi dove giornalmente si consuma, lontano dalle telecamere e nella stanchezza dell’attenzione dell’opinione pubblica, un’immane esodo biblico. Decine di migliaia di profughi provenienti dall’Asia e da Medio Oriente si accalcano disperati alla frontiera di una fortezza che chiamiamo Europa. Il più truce dei suoi guardiani, il Presidente Ungherese Victor Orban sta costruendo un muro fatto di reti, regolamenti e filo spinato per respingere coloro che bussano alla nostra porta. Sono stato a Beremend, sul confine a Sud, tra Ungheria e Croazia dove ho toccato con mano quel filo spinato, ho visto con i miei occhi i profughi venire perquisiti da militari con il volto coperto da un passamontagna e il mitragliatore in braccio. In quel punto si compie il loro destino: dentro o fuori. In quel punto un cammino di settimane se non di mesi o anni trova la sua sorte. Se sei maschio, adulto e viaggi da solo sei fuori, se hai una famiglia con i bambini sei dentro. Non importa se sei da solo perché tutta la tua famiglia è stata sterminata in Siria da Assad o dai terroristi dell’IS; non importa se sei da solo perché essendo omosessuale sai che verresti impiccato nel tuo villaggio afgano: tornatene nel tuo inferno.
Sono stato a Heggyeshalom, sul confine a Nord, tra Ungheria e Austria, dove i rifugiati riemergono come un fiume carsico e silenzioso dopo essere stati caricati sui treni (qualcuno dice: anche treni merci, altri dicono: si ma solo una volta) e quindi spediti verso altri Paesi. L’Ungheria non li vuole. Eppure, ci ricordano alcuni esponenti di organizzazioni non governative che incontriamo a Budapest, ci furono quasi 200mila ungheresi che fuggirono e vennero accolti in Europa durante le persecuzioni prima della caduta del Muro di Berlino (tra l’altro: proprio ieri sono già passati 25 anni!). Oggi coloro che prestano aiuto a questo popolo di senza patria devono farlo clandestinamente e rischiano l’incriminazione.
Possiamo davvero accettare questi comportamenti nel nostro continente? Possiamo tollerare questo filo spinato che rappresenta una ferità nel cuore dell’Europa? Possiamo tacere di fronte a questa violazione permanente dei principi che stanno alla base di questo grande progetto di convivenza e tolleranza, di valorizzazione delle differenze che chiamiamo Unione Europea? Possiamo chiudere gli occhi di fronte alla violazione dei diritti dell’uomo che abbiamo sottoscritto in innumerevoli carte e convenzioni? Secondo Beppe Grillo che scrive in modo entusiasta di Victor Orban sul suo blog certamente si. Secondo Matteo Salvini e Roberto Maroni che minacciano di tagliare i finanziamenti ai comuni che accolgono gli immigrati certamente si. Noi diciamo NO.
Oggi tanti dicono a parole di voler salvare la Costituzione ma poi chiudono gli occhi o li troviamo a fianco di coloro che ne negano i valori fondativi. Io la trovo un’ipocrisia insopportabile.
Diritto di accesso al cibo, progetto FAME ZERO.
Al rientro dall’Ungheria ho avuto modo di meglio definire un importante progetto al quale lavoro da molto tempo insieme alla FAO e ad alcune ONG riguardanti la lotta alla povertà e alla fame, un punto qualificante dei lavori che si sono svolti proprio durante l’ultima settimana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Proprio quest’anno vengono a scadenza i famosi Obiettivi del Millennio che prevedevano lo sradicamento della fame che è tra le cause di così vaste migrazioni di popoli da un continente all’altro ed è l’effetto di guerre, carestie, devastazioni ambientali ed ingiusta distribuzione di ricchezze tra il Nord e il Sud del mondo. Per non dire degli oltre 4 milioni di persone che sono sotto la soglia di povertà nel nostro Paese e dei gravissimi problemi legati all’alimentazione malsana anche nei paesi occidentali. Oggi per problemi di sintesi non ne parlo in modo esteso ma lo farò sicuramente in una prossima newsletter. Intanto vi chiedo di appuntarvi mentalmente che questo è un tema importante sul quale chiedo l’aiuto di tutti voi.
La riforma costituzionale
E’ finalmente cominciata in aula la discussione degli emendamenti sulla riforma Costituzionale. La prima questione procedurale che si è dovuta affrontare è stata quella di che fare degli 85 milioni di emendamenti generati dal famoso algoritmo della Lega Nord. Considerate che, se anche si fosse dedicato solo un 1 minuto per l’illustrazione, la discussione e la votazione di ciascuno di essi, sarebbero stati necessari 161 anni (però senza smettere nemmeno un istante, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza neanche prendere, che ne so, un caffè…). Dunque un tempo abbondantemente superiore a quello della nostra vita. Poiché era evidentemente impossibile che fossero firmati (anche per firmarli ci sarebbero dovuti parecchi anni) qualcuno ha sollevato il dubbio sulla loro ammissibilità, Il Presidente Grasso ha però ricordato che, in base ad una prassi largamente condivisa (tutti i gruppi parlamentari fanno presentare gli emendamenti dai propri uffici legislativi, noi del PD ne abbiamo l’obbligo assoluto) non poteva essere quello l’argomento decisivo che stava semmai proprio nell’abnormità del numero che ne rendeva impossibile l’esame. Alla fine anche Calderoli ha condiviso la decisione.
Si è così passati all’esame degli emendamenti. Sugli articoli 1 e 2. L’articolo 1 è quello che parla delle funzioni del Senato (cosa dovrà fare) il 2 quella sulla composizione (e dunque sul meccanismo di elezione). E’ evidente che siamo proprio nel cuore della riforma.
Sull’articolo 1 ho presentato un emendamento che dice alcune cose molto semplici: il Senato avrà una funzione di raccordo tra istituzioni territoriali (Regioni, Comuni), Stato Centrale, Istituzioni Europee. E’ la tesi che ho sostenuto da sempre, anche l’anno scorso quando presentai analoghi emendamenti durante la prima lettura alcuni dei quali furono anche approvati. Ho inoltre proposto che il Senato si occupasse di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche ed europee (in altre parole: cosa succede dopo che le leggi sono state approvate? Le azioni che intendono dare loro attuazione sono efficaci oppure no?). Infine a scrivere con la Camera alcune leggi e ad eleggere alcune cariche (ad esempio il Presidente della Repubblica). A me sembrano cose molto semplici, la sintesi di un dibattito molto lungo. Un dibattito che ha visto protagonisti ben più importanti di me e a cui va attribuito il vero merito di questa riforma e di questa proposta: a cominciare dalla Presidente della Commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro, al Presidente Luigi Zanda, a Vannino Chiti, Doris Lo Moro e tanti altri colleghi senatori. Ma l’elenco per essere completo dovrebbe comprendere anche tanti costituzionalisti che sono venuti a portare il loro contributo di idee e di passione (. L’ho detto subito a tutti quei giornalisti che sono accorsi per domandarmi chi e era questo sconosciuto che cambiava Questo emendamento porta dunque il mio nome ma è il frutto ed il merito è quello di un grande lavoro di squadra nel quale anche il Governo (in particolare il Ministro Boschi) e i suoi tecnici hanno dato un contributo decisivo. Infatti, a meno che uno non pensi davvero che le riforme si scrivono con gli algoritmi, l’unico modo per fare delle riforme condivise è quello di parlarsi e di ascoltarsi. Poi fare delle sintesi. Pur in mezzo a mille proteste di coloro che fingono di voler discutere e che in realtà vorrebbero bloccare tutto e lasciare le cose come stanno l’emendamento è stato messo in votazione ed è passato con la maggioranza di 177 voti, la più alta in assoluto. Il fatto che fosse chiaro ed esauriente ha precluso la discussione delle altre migliaia di emendamenti e siamo potuti passare all’articolo 2. Dai messaggi che mi sono arrivati la maggioranza degli italiani è stata ben contenta che non si sia perso altro tempo a discutere di una questione ormai ben definita e sulla quale c’è largo consenso.
Tralascio ogni cenno agli insulti e alle polemiche, non perché non mi abbiano ferito ma perché vorrei che il nostro Paese andasse avanti senza attardarsi su cose di poco conto o su inutili volgarità (che pure hanno segnato il dibattito, in modo davvero inaccettabile, soprattutto quando si è offesa la dignità delle donne). Andiamo avanti, senza arroganza e tanto meno sentendoci eroi o Padri Costituenti ma orgogliosi, questo sì, di fare parte di una squadra sta realizzando ciò che aveva promesso di fare e si sta impegnando per cambiare l’Italia e renderla un Paese più moderno, più aperto, più giusto, più efficiente. Se vogliamo essere in grado di stare a testa alta in Europa, se vogliamo che l’Italia, i suoi valori, la sua gente abbia voce e sia più forte di quelli che vogliono spezzettarla, ferirla, liquidarla, se vogliamo che i principi che si sono andati formando attraverso tante lotte e tanti sacrifici abbiano cittadinanza domani, oggi, in questo mondo iper-connesso, allora è necessario uscire dalla palude dell’inconcludenza nella quale ci siamo arenati e portare a termine il grande ciclo di riforme che sta ridando credibilità al nostro Paese.